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Da "Umanità Nova" n.14 del 16 aprile 2000
Microsoft
Il purgatorio può attendere
La sentenza del giudice Jackson sulla violazione della legge antitrust da parte
della più grande società software del mondo ha scatenato un
poderoso movimento al ribasso di tutti i titoli tecnologici quotati. La
Microsoft è stata ritenuta colpevole di 23 su 26 capi d'accusa
presentati dall'autorità antitrust e da 19 stati americani, violando in
almeno quattro modi la legge americana contro i monopoli, il famoso Sherman
Act del 1890.
La prima violazione consiste nell'aver eretto barriere all'entrata nel mercato
dei sistemi operativi per i PC, limitando la produzione di software compatibili
con altri sistemi operativi; la seconda violazione nell'aver legato a Windows
il proprio sistema di navigazione in Internet (il "browser" Explorer), nel
tentativo di schiacciare il principale concorrente (Netscape, che offre
Navigator); la terza è quella di aver creato accordi in esclusiva con
altri attori del mercato; l'ultima violazione è quella di aver tentato
di monopolizzare il mercato dei browser (i browser sono sistemi per la
navigazione Internet, NdR), attraverso "condotte predatorie", tra cui
quella di offrire il programma gratis. In sostanza l'entrata di Microsoft sul
mercato dei browser nel 1995 avrebbe costituito l'inizio di una guerra senza
esclusione di colpi con la concorrente Netscape (attualmente controllata da
America on Line), con il tentativo prima di convincere la rivale a sospendere
la ricerca su questo settore e poi con pratiche commerciale sleali, tese a
ricattare i rivenditori e vendere un intero pacchetto di prodotti insieme a
Windows. In questo modo l'effetto-traino di Windows (il sistema operativo usato
nel 90% dei computer), avrebbe fatto salire Microsoft al 60% anche nel mercato
dei browser, danneggiando tutti i concorrenti.
Questo comportamento era stato considerato incompatibile con la legge ed il
procedimento legale era iniziato già nel marzo 1998, terminando nel
giugno 1999; a novembre `99 il giudice aveva emesso il primo giudizio di
condanna, incaricando un altro giudice di tentare una mediazione per conto del
governo federale in modo da arrivare ad un accordo con la società. Il
rifiuto di Bill Gates di aderire alla proposta di mediazione del giudice
Posner, sabato 1deg. aprile, ha aperto la diga del tracollo azionario di
Microsoft, che si è ben presto esteso a tutto il comparto Nasdaq della
borsa americana e poi ai titoli tecnologici di tutto il mondo. Quotata nel 1986
a 21 dollari per azione, Microsoft aveva raggiunto un massimo di 120 dollari ai
primi di marzo. Dopo la sentenza, la società ha perso immediatamente il
14%, per poi scendere ancora nei giorni successivi fino a 85 dollari. Il Nasdaq
ha vissuto due sedute altamente drammatiche: -7,6% lunedì 3 aprile e poi
un crollo verticale fino a - 13,7% martedì 4 aprile, in un incredibile
avvitamento al ribasso, bloccato un paio d'ore prima della chiusura dallo
scattare dei programmi d'acquisto automatizzato. Bill Gates, l'uomo forse
più ricco e antipatico del mondo, ha visto la sua ricchezza immediata
decurtata in poche ore di circa 9,3 miliardi di dollari (circa 20.000 miliardi
di lire), mentre la capitalizzazione totale di Microsoft ha perso circa 70
miliardi di dollari (qualcosa come 150.000 miliardi di lire), cedendo la prima
posizione nella graduatoria mondiale, scavalcata da Cisco Systems e General
Electric.
Eppure la sentenza non prevede provvedimenti immediati di sanzione dei
comportamenti di Microsoft, che verranno precisati soltanto alla fine di
maggio.
Probabilmente le conseguenze potrebbero essere di tre tipi: 1) spaccatura della
società in tre società distinte, con rispettivi ambiti di
produzione (Internet, sistemi operativi, ecc.); 2) risarcimento economico a
consumatori e concorrenti; 3) diffusione del codice sorgente di Windows. La
guerra scatenata da Gates implica comunque una strategia di lungo periodo: ha
già annunciato che farà ricorso contro questi provvedimenti alla
Corte Suprema, in modo da prendere tempo (almeno altri 12 mesi) e nel frattempo
rafforzare al massimo la società, auspicando peraltro un cambio alla
Casa Bianca ed un atteggiamento più morbido da parte di un eventuale
nuovo inquilino (Bush Jr. potrebbe essere più sensibile alle ragioni di
Wall Street e della finanza).
Comunque vadano le cose, Microsoft sarà una cosa alquanto diversa da
com'era prima della sentenza, cioè una società con 60 filiali nel
mondo, 30.000 dipendenti (età media 34 anni), fatturato annuo 1999 di
19,75 miliardi di dollari (+15% rispetto al 1998), utile netto di 7,79 miliardi
di dollari, una capitalizzazione di borsa pari a 454 miliardi di dollari ed un
peso sull'indice Nasdaq del 7,063%.
Gli esempi storici precedenti dimostrano che la costellazione di società
nate da uno smembramento antitrust sono in grado di crescere comunque.
Così è stato nel 1912, quando dalla Standard Oil nacquero Mobil,
Chevron, Exxon, e via dicendo. Così è stato anche nel 1983,
quando in base allo Sherman Act venne smembrata la At&t fu divisa in varie
società a copertura regionale. Così sarà probabilmente
anche per Microsoft, qualora si arrivasse al suo smembramento.
Quello che è sicuro è che Microsoft riceverà attacchi da
almeno cinque fronti diversi, per non parlare dei settori nuovi in cui la sua
penetrazione produttiva e commerciale è più recente. La rottura
della Microsoft sarebbe, secondo alcuni, l'apertura di un vaso di Pandora: non
a caso si dice che in parecchie sedi operative concorrenti sia corso lo
champagne come poche volte in passato. Sul fronte dei browser si schiudono
nuovi orizzonti per Netscape; Red Hat e Linux Software e la stessa Apple
potrebbero ritornare vincenti sui sistemi operativi; Oracle, Commerce One e
Ariba pregustano nuove chance sul commercio elettronico; Lotus pensa di poter
recuperare posizioni sui sistemi di scrittura; inoltre nella sua crescita
predatoria Microsoft ha invaso settori come la tv interattiva, l'e-commerce, i
mutui casa, la tv, l'elettronica di consumo. Tutti settori dove i suoi nemici
sono molti e agguerriti, e decisi a prendersi la rivincita.
Le sorti della società sono dunque circondate oggi da un'alea di
incertezza: aumenterà la pressione competitiva da parte di almeno una
quarantina di competitor e non sarà più possibile utilizzare il
marketing aggressivo degli anni scorsi. Tuttavia le case d'investimento non
esitano a lanciare raccomandazioni di acquisto sul titolo Microsoft, con la
fiducia che nel medio lungo periodo la crescita dei profitti continuerà,
pur a una velocità meno travolgente rispetto al passato.
Resta la cornice del quadro: la vicenda utilizzata per il primo serio storno di
borsa per i titoli tecnologici, cresciuti a ritmi mirabolanti negli ultimi
mesi. Rispetto ai massimi del 10 marzo (oltre i 5.000 punti) il Nasdaq è
arrivato a perdere, in alcuni momenti, oltre il 30%, facendo venire i brividi a
molti fanatici del trading on line e facendo gridare alla crisi catastrofica
della new economy. La volatilità di questo particolare settore del
mercato è indubbiamente il segnale più inquietante di una bolla
speculativa cresciuta su se stessa, senza alcun rapporto con l'economia reale.
Non ci sono dubbi sul fatto che questa bolla scoppierà: nessuno
però sa dire quando, come e con quali conseguenze. Il suo gonfiarsi
potrebbe durare ancora per anni, oppure esplodere nel giro di poche settimane.
L'unica cosa certa è che saranno in molti a farsi male.
Renato Strumia
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