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Da "Umanità Nova" n.14 del 16 aprile 2000

Verso lo sciopero generale
Ben venga maggio

Come è d'uso nel periodo che precede le elezioni viene posta la sordina sulle questioni sociali più rilevanti per dare spazio a rappresentazioni di vario genere e qualità ad opera delle diverse formazioni parlamentari.
Questa regola, se si esclude la campagna della detra sulla questione immigrazione, è stata rispettata anche nelle passate settimane.

A maggior ragione dobbiamo porre l'attenzione sui nodi sociali e politici reali che ci troveremo ad affrontare a breve e, contestualmente, sulle forme di lotta che potranno svilupparsi.

Lo sciopero della scuola del 17 febbraio e quelli delle ferrovie che lo hanno preceduto e seguito sono stati segnali importanti per quel che riguarda la resistenza di settori importanti della working class al degrado delle loro condizioni di vita e di lavoro.
A questa ripresa di iniziativa è seguita, con efficienza, degna di miglior causa, un'accelerazione della pressione governativa e padronale per eliminare gran parte di quel che resta del diritto di sciopero.

La solita campagna di stampa contro i lavoratori dei servizi è stata scatenata, i dirigenti dei sindacati di stato hanno spiegato al buon popolo in molteplici interviste che gli scioperi nei servizi pubblici sono intollerabili e che, nel caso, solo loro hanno il diritto di indirli, la legislazione antisciopero ha subito l'ennesima modificazione in peggio.
Sul versante del diritto del lavoro, i referendum radicali spianano la strada alla distruzione dei diritti previsti dallo statuto dei lavoratori.

Un altro elemento del compromesso sociale definitosi negli anni '70 è sottoposto ad un attacco radicale. Non è necessaria molta fantasia sociologica per comprendere cosa comporterebbe nelle aziende la possibilità di licenziare qualsiasi dipendente pagando qualche mensilità. Nei fatti, le aziende potranno liberarsi sia degli dipendenti politicamente e sindacalmente scomodi che dei lavoratori meno produttivi per ragioni di età e di salute.

Come è noto CGIL-CISL-UIL hanno costituito i Comitati per il NO ai referendum radicali nel mentre firmano accordi che vanno nella direzione indicata dai radicali e sono disponibili o, almeno, lo sono i partiti parlamentari ai quali fanno riferimento a modificare la legislazione del lavoro nella direzione della "flessibilità in entrata ed in uscita".

Dopo le elezioni, infine, ci si attende una "riforma" della previdenza che comporterà il taglio del trattamento di fine rapporto (TFR). Come è noto, infatti, la disponibilità dei salariati a consegnare alla previdenza privata integrativa quote consistenti della propria retribuzione è limitata sia dal fatto che le retribuzioni sono modeste che dal ragionevole sospetto che i fondi pensione privati non danno garanzie sufficienti.
Un ulteriore taglio delle pensioni e pressioni per costringere i salariati a rinunciare al TFR sono assolutamente prevedibili.

In questo quadro è necessario riprendere l'iniziativa. La totale inefficacia dell'azione parlamentare è sotto gli occhi di tutti. Il programma economico della destra e della sinistra, infatti, si differenziano solo nei dettagli. La sinistra di governo risponde delle proprie scelte solo agli interessi del capitale nazionale ed internazionale esattamente come fa la destra che può, al massimo, condire il proprio programma con demgagiche promesse di riduzione della pressione fiscale.

La sinistra parlamentare di opposizione è costretta dalla sua stessa natura di soggetto istituzionale a cercare una qualche mediazione con la sinistra di governo. Il fatto che settori del PRC vivano questa scelta con atroci mal di pancia è reale ma è anche reale che se ha un senso il parlamentarismo, per un verso, e l'antiparlamentarismo, per l'altro, non ha alcuna prospettiva il "parlamentarismo rivoluzionario". In altri termini, le scelte del gruppo dirigente del PRC non sono il prodotto di un tradimento rispetto ad una prospettiva rivoluzionaria mai rivendicata ma la coerente applicazione delle regole della politica istituzionale che si propone come primo e necessario obiettivo la sopravvivenza dell'apparato del partito.

In un contesto del genere, appare assolutamente necessaria la ripresa dell'iniziativa diretta dei lavoratori sull'assieme dei temi indicati.
La CUB, lo SLAI Cobas e l'USI hanno stabilito di indire uno sciopero intercategoriale per il 10 maggio, i Cobas Scuola ne hanno indetto uno sulle questioni categoriali per il 12 maggio.
Sembra evidente che è opportuno unificare la data dello sciopero, legando le rivendicazioni di categoria a quelle più generali e sarà necessario lavorare in questa direzione.
Nel frattempo, la campagna contro i referendum radicali e per l'astensione deve svilupparsi come momento di preparazione dello sciopero.
Su questi temi si tratta di lavorare e di trovare i necessari momenti di collaborazione e di confronto.

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