unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.15 del 23 aprile 2000

Cina
Scioperi e repressione

La Cina vi è stata una delle più dure "rivolte"delle sue aree industriali da molti anni a questa parte, in una cittadina mineraria del nord est più di 20 000 cittadini hanno frantumato finestre, bloccato il traffico, bruciato auto, combattuto con la polizia per molti giorni. .

La rivolta, che è stata domata dall'intervento dell'esercito verso la fine di febbraio, ma che è stata tenuta segreta fino ad oggi, dimostra i problemi che Pechino deve affrontare appena tenta di accelerare la chiusura dell'industria al tramonto e delle aziende inefficienti prima che il paese entri nel W.T.O. (Organizzazione del Commercio mondiale) previsto per quest'anno.

La rabbia della gente è iniziata in seguito all'annuncio che una miniera di molibdeno a Yangjiazhanzi, vicino a Huludao sulla costa, che una volta forniva il 35% della produzione cinese, doveva dichiarare bancarotta.

Ma il risentimento è diventato furia quando a 20 000 lavoratori della miniera è stata offerta una liquidazione calcolata su 560 yuan (68 dollari) per ogni anno di anzianità.

La liquidazione, avrebbe in qualsiasi caso sostituito ogni trattamento di disoccupazione eventualmente dovuto.

"Era veramente troppo poco. Ci era stato anche detto che su quella cifra avremmo dovuto pagare i contributi della pensione", ha dichiarato uno dei cittadini, qualche giorno fa. I 560 yuan sono l'equivalente di un modesto salario mensile per un lavoratore industriale in Cina e significa che un minatore che aveva lavorato per 20 anni si sarebbe trovato in gravi difficoltà economiche dopo aver nutrito la sua famiglia per un paio d'anni. Poiché l'economia di Yangjiazhanzi, è legata quasi interamente alla miniera, i residenti hanno pochissime speranze di trovare qualche altro lavoro nella zona. Dopo l'inizio della rivolta, all'interno della comunità hanno cominciato a circolare voci sull'esistenza di un documento governativo che dichiarava che ai lavoratori spettava di diritto una somma di 2 000 yuan per anno di lavoro. Le autorità non hanno confermato questa voce, rifiutandosi di fare qualsiasi commento. Secondo i cittadini ai 20 000 lavoratori in lotta si erano aggiunti migliaia di familiari per bloccare il traffico nella strada principale di Yangjiazhanzi.

La Polizia ha risposto con un lancio di lacrimogeni sulla folla dando inizio alla rivolta che ha portato ai danneggiamenti, all'incendio delle auto del governo e a scontri tra minatori e le forze dell'ordine. Quando la polizia si è resa conto di non poter riportare all'ordine la situazione, alcune centinaia di militari dell'Esercito Popolare hanno raggiunto la città, portati dalle caserme delle città vicine. I soldati hanno riguadagnato il controllo della città sparando in aria vicino ai dimostranti e presidiando la zona fino alla fine di marzo.

La domenica successiva i veicoli della polizia hanno ricominciato un pattugliamento regolare intorno agli edifici municipali tutti gravemente danneggiati. Su tutti i muri della città sono apparsi comunicati ufficiali che minacciavano la cittadinanza di considerare atti criminali punibili con tutta la severità della legge qualsiasi ripetersi di violenze o di dimostrazioni.

Un cittadino dichiara che molte persone identificate come leader della rivolta sono già state arrestate e che la polizia sta continuando le indagini.

Le notizie di incidenti nelle zone industriali sono aumentate negli ultimi anni in coincidenza con la decisione del governo di Zhu Rongji, primo ministro, di accelerare la ristrutturazione delle aziende di proprietà dello stato. Da tutto il nord est del paese arrivano notizie di manifestazioni di lavoratori in pensione che non riescono a riscuotere le loro pensioni e di disoccupati che protestano per la mancanza di assistenza.

Zhang Zuoji, il ministro del lavoro e della sicurezza sociale, ha riconosciuto nel mese scorso che le proteste hanno due principali sorgenti; i 500.000/600.000 pensionati che non hanno ricevuto nell'ultimo anno le pensioni regolarmente e i 600.000/700.000 lavoratori in esubero che non hanno ricevuto le loro indennità.

Ma comunque, il governo di Zhu mostra scarsi segni di voler modificare la sua politica di riforme industriali anche a fronte dell'incombente confronto di Pechino con la crescita della competizione estera che avverrà con l'ingresso nel WTO.

Migliaia di acciaierie, centinaia di aziende di lavorazione dei metalli, moltissimi cementifici, aziende tessili e miniere di carbone sono in procinto di chiudere entro quest'anno.

I dirigenti industriali dichiarano che il settore delle materie prime in Cina sarà messo al vaglio nei prossimi anni, così come le miniere obsolete che saranno chiuse in corrispondenza della crescita della concorrenza: man mano che il numero delle chiusure aumenterà, la necessità dei governi locali di dare assistenza diventerà più forte, causando probabilmente una richiesta sia di più tasse da lasciare a livello locale, sia di trasferimento di risorse dal centro alla periferia. Questo potrebbe portare ad ulteriori difficoltà per un deficit che aveva già raggiunto livelli record nel 1999 confermati dalle previsioni per il 2000.

La Banca Mondiale ha pubblicato una stima che sui 140 milioni di lavoratori alle dipendenze delle aziende statali o collettivizzate, più del 35% dovrà essere licenziata, con tutte le conseguenze potenziali sui costi sociali e del welfare.

Da A-Infos mail di Lucien van der Walt, traduzione di Rosaria



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org