![]() Da "Umanità Nova" n.15 del 23 aprile 2000 Venti di guerra in Serbia
Sta arrivando la primavera e noi abbiamo sempre più paura. Abbiamo
passato questi ultimi anni a domandarci quando sarebbe cominciata la prossima
guerra. I periodi di "pace" o di "dopo pace" sono per noi talmente corti da
rappresentare solo una preparazione ad una nuova guerra. Abbiamo imparato a
capire i segnali che annunciano una nuova guerra, li sentiamo da tempo, li
conosciamo bene... Ma non osiamo neppure pronunciare il termine "guerra".
Mobilitazione militare in Serbia È sempre la primavera che annuncia la guerra nei Balcani. Ci si mobilita. Se ne parla. I giornali l'annunciano. Come l'anno passato si è cominciato mobilitando il sud-est della Serbia. Questa regione si trova alla frontiera con il Kosovo, vicino alla KFOR. Al centro di questa regione, a Nis, città diretta dall'opposizione, si parla di mobilitazione da almeno 10 giorni. Sono gli impiegati delle poste, dei civili, che portano agli uomini i loro certificati di incorporazione. Non dei militari o dei poliziotti. E questa volta non c'è bisogno di firmare per ricevuta la notificazione. È la stessa procedura usata per tutte le altre guerre. "Prima si riceve la chiamata alla mobilitazione per posta, poi la polizia militare ne porta una seconda e infine la polizia vi viene a cercare di persona" racconta un giovane di Nis. La mobilitazione è cominciata a Leskovac e in tutto il distretto di Jablanika. La scorsa primavera 4mila uomini furono inviati nel Kosovo. Neppure il nord della regione, nei pressi di Subotica, è risparmiato. Con qualche eccezione la situazione è simile in tutta la Serbia. Attualmente sembra che la maggior parte delle mobilitazioni riguardino le zone operative del Terzo corpo d'armata. Proprio come nella primavera 1999. In Montenegro la tensione aveva cominciato a crescere in febbraio, quando erano stati arrestati alcuni disertori benché il parlamento montenegrino avesse votato una legge di amnistia nel novembre 1999. Secondo alcune testimonianze e le informazioni pubblicate dai giornali nessuna mobilitazione sarebbe stata lanciata in Montenegro. È probabile che l'esercito abbia previsto che nessun montenegrino avrebbe obbedito visto che da tempo i giovani montenegrini non ritengono di dover provare il loro patriottismo accettando la chiamata dell'esercito federale serbo e che le diserzioni sono un fatto ormai accettato dalla società montenegrina. Solo i partiti pro-serbi dissentono da questo atteggiamento generale.
La repressione contro l'opposizione alla guerra Come sempre - almeno fino all'intervento della NATO in Kosovo e contro la Serbia - il regime serbo sostiene che il paese non è in guerra e che le mobilitazioni sono dei normali momenti di "addestramento militare". Non si tratterebbe quindi di una vera mobilitazione ma solo di una ordinario richiamo di riservisti finalizzato a qualche manovra militare. Un tale cinismo non può che essere preso con le molle, come hanno fatto le autorità civili di Nis che hanno messo sull'avviso i cittadini sulle future mobilitazioni. Il generale Lazarevic, comandante della Terza armata, ha dichiarato il 3 marzo che "la Terza armata denuncerà tutti coloro che fanno circolare delle menzogne destinate a intimorire la popolazione. Provvedimenti saranno presi contro gli individui, i giornalisti e le pubblicazioni che diffondono questo tipo di informazioni. Lo ripeto: non c'è alcuna mobilitazione." Nonostante le intimidazioni qualche voce si leva contro la mobilitazione. Nenad Canak, presidente della Lega socialdemocratica, conosciuto dal 1991 per le sue lotte contro la guerra e il nazionalismo, ha incoraggiato i giovani serbi mobilitati a non presentarsi. Dall'inizio di marzo circa 60 militanti della Lega socialdemocratica sono stati arrestati dalla polizia di Novi Sad durante delle manifestazioni di protesta. In Jugoslavia tutti hanno atteso con ansia che passasse il 24 marzo, anniversario dei primi bombardamenti NATO sulla Serbia. Ma la preoccupazione rimane forte perché il regime ha una affinità patologica con la provocazione dei conflitti al fine della conservazione del potere. Sfortunatamente alcuni recenti episodi sembrano preludere ad un prossimo conflitto:
- assassinio enigmatico di un personaggio pubblico e alto ufficiale
dell'esercito (Pavle Bulatovic, ministro delle difesa, morto in gennaio);
Imporre la pace Alla fine di febbraio le "donne in nero" di Belgrado hanno organizzato insieme alle donne di Sandjak e del sud della Serbia un convegno a Novi Pazar. Il tema era la cooperazione multiculturale e interculturale. Noi militanti pacifisti, siamo stufi di dover medicare le ferite della guerra. Vogliamo lavorare alla prevenzione dei conflitti. Non vogliamo più dover attenuare i loro effetti. Stasa Zarevic, "Donne in nero" di Belgrado (liberamente tradotto da Le monde libertarie, 29 marzo, traduzione di Denis)
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