unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.15 del 23 aprile 2000

Nostra patria è il mondo

Nonostante la cortina di silenzio che circonda la situazione nei Balcani , rotta unicamente in qualche caso eccezionale; nonostante la rimozione collettiva di una guerra che, come tutte le guerre, non ha risolto nulla, ma ha solo aggravato i problemi esiAnarchici oggi: la necessità dell'internazionalismo

Nonostante la cortina di silenzio che circonda la situazione nei Balcani, rotta unicamente in qualche caso eccezionale; nonostante la rimozione collettiva di una guerra che, come tutte le guerre, non ha risolto nulla, ma ha solo aggravato i problemi esistenti, il conflitto del Kosovo continua a condizionare la vita sociale e politica dell'Europa. La 'pax' americana, imposta tramite la NATO, a coronamento dell'ipocrita retorica dell'interventismo umanitario, ha di fatto installato una base permanente dell'alleanza nella zona, in continuo rafforzamento, con il pretesto delle incursioni albanesi sul territorio di confine serbo e delle tensioni tra Serbia e Montenegro. I rapporti tra Unione europea ed USA si sono di fatto modificati quanto quelli tra Russia , Unione europea ed USA. Lo sfoggio di potenza americano tende ad egemonizzare l'Europa, condizionandone la politica, e se è vero che tale ruolo è stato assunto con il consenso europeo è anche vero che tornare indietro - cioè ad un suo ridimensionamento - sarà molto difficile.

Di fatto gli USA hanno in mano le chiavi del rapporto tra Est ed Ovest.

In un quadro complessivo di debolezza russa gli USA continuano la loro azione di erosione della sua area di influenza, allargando la NATO nell'est europeo e sostenendo l'azione del governo turco nei confronti delle repubbliche asiatiche già appartenenti all'URSS. La gestione della fase finale della presidenza Eltsin, scossa dalla fuga di notizie provenienti dagli USA sulla corruzione della famiglia presidenziale, l'atteggiamento di sostanziale condiscendenza nei confronti del massacro dei ceceni, amplificato da Putin, che su tale bagno di sangue ha costruito il suo momentaneo successo, ma nel contempo ha messo le basi per un'altra, prossima, crisi sociale della Russia (il richiamo alle vicende del dopo Afganistan è, a questo punto, d'obbligo), evidenziano come tale erosione si accompagna ad una politica dei tempi lunghi che gioca sul suo sfaldamento e la sua destabilizzazione. A ben vedere anche il bombardamento dell'ambasciata cinese di Belgrado - fatta passare in un primo tempo come errore, ma in realtà compiuto per punirli dell'assistenza di protezione aerea, fornita dal sistema antimissilistico cinese - rientra in una dimensione strategica dai tempi lunghi, e che ha come obiettivo quello di evitare ad ogni costo il consolidamento di un accordo tra Russia e Cina, assai pericoloso per la penetrazione economica americana nel continente asiatico.

Intanto prosegue l'emarginazione del ruolo dell'ONU e di quello dell'OCSE mentre il protagonismo della NATO si fa beffe delle identità e degli interessi nazionali, come le vicende legate alla strage di Ustica hanno ben dimostrato. Sul piano mondiale la continua aggressione all'Iraq, la crescita dell'impegno militare in Colombia (questo paese è al terzo posto nel 'godimento' degli aiuti militari USA, dopo Turchia ed Israele), le guerre africane, continuano a tenere banco. In Africa, in particolare, si sta scatenando un'offensiva dagli effetti disastrosi. La legge proposta da Clinton e propiziata dalle maggiori multinazionali (Texaco, Mobil, Amoco, General Electric, ecc.) denominata 'legge per la crescita e l'opportunità dell'Africa' o 'Nafta for Africa' , prevede che gli Stati africani si sottomettano ai dettami politici ed economici del Fondo Monetario Internazionale. Inoltre ogni stato aderente deve ottenere la certificazione USA prima di ogni investimento e per fruire dei 'benefici' derivanti dal commercio con gli USA stessi; ma per ottenere la certificazione ogni governo deve ridurre drasticamente le tasse sulle società straniere e nazionali, privatizzare immediatamente i patrimoni ed i servizi pubblici, dare via libera all'economia di mercato cioè all'apertura alle holdings straniere, consentire l'accesso illimitato alle risorse naturali da parte delle compagnie straniere, intraprendere politiche agricole che sostituiscano la produzione locale di cibo con colture estensive destinate al mercato estero. Insomma una tragedia colossale, ben peggio del MAI (Accordo Multilaterale sugli Investimenti), che sprofonderà l'Africa in una situazione neo-coloniale; e l'impoverimento africano non potrà che rovesciarsi sull'Europa con tutte le conseguenze del caso. In America Latina un processo analogo è in corso da tempo con conseguenze di più lungo periodo, stante la situazione maggiormente sviluppata del continente sudamericano. Ma anche lì l'apertura del mercato alle multinazionali a condizione di favore, la destatalizzazione delle industrie nazionali, la privatizzazione a quattro soldi delle industrie strategiche, la rottamazione dei servizi pubblici di base, l'elevazione dei tassi d'interesse hanno comportato la concentrazione della ricchezza in poche mani, l'aumento della povertà, la marginalizzazione dell'agricoltura, la rovina delle piccole e medie imprese. La situazione messicana, la crisi brasiliana ed argentina, le convulsioni venezuelana e peruviana, il conflitto colombiano, la guerra civile latente in Ecuador, sono i principali effetti di queste politiche di aggressione economica e di rapina sociale.

Se la relazione tra accumulazione del capitale ed opzione militare deve essere oggetto di un'analisi più puntuale, non c'è dubbio che lo scenario che si profila in questa fase è quello che vede una profonda correlazione tra l'affermarsi di una politica di smantellamento degli istituti del 'welfare' o, per meglio dire, di un attacco al livello di vita, di reddito, di salute, ecc. delle classi popolari e la promozione di una politica di attivismo militare, molto evidente nelle pratiche socialdemocratiche inglesi e tedesche.

L'alternativa 'burro o cannoni' tende a privilegiare il secondo elemento in un quadro particolarmente fosco dovuto alla presenza al governo (nella gran parte degli stati europei) della socialdemocrazia e degli ex-comunisti , ancora in grado di mantenere una presa sul mondo del lavoro e sulle sue organizzazioni.

Inoltre le politiche di aggressione si muovono in un contesto a loro favorevole (conflitti regionali, etnici, religiosi, ecc.) con una società civile che fa da spettatrice, manipolata dalle retoriche falsamente umanitarie, disposta ad accettare limitazioni alle proprie libertà e ai propri diritti. La scarsa risposta di massa al conflitto balcanico, il coinvolgimento delle sinistre in queste politiche ci mettono di fronte ad un compito di enorme responsabilità.

Se siamo stati tra i pochi a sostenere con forza un'opposizione frontale ad un sistema che genera guerra in nome della pace e non ci siamo limitati alla richiesta del 'cessate il fuoco', dobbiamo purtroppo convenire che le forze antimilitariste ed anticapitaliste odierne non sono sufficienti alle urgenze che il momento impone. Il problema della costruzione dell'alternativa si pone con una forza ed un'urgenza prima sconosciute.

Il crollo inevitabile della concezione autoritaria e statalista del socialismo ha aperto tra il 'popolo di sinistra' la ricerca di soluzioni alla drammaticità crescente della questione sociale Alcuni si rivolgono a destra, ripescando nelle ricette di un liberalismo umanitario ormai datato qualche possibilità d'uscita, altri cercano di rilanciare, nella 'rifondazione' di una pratica che non ha voluto fare i conti fino in fondo con la teoria, il ruolo dello stato nazionale a garanzia di un rinnovato patto tra capitale e lavoro. Ma la centralizzazione dei processi decisionali, la circolazione di masse imponenti di capitali, lo scardinamento delle economie nazionali, la riduzione dei poteri dei singoli stati, non rende credibili queste opzioni. Non a caso è nei contenuti dell'anarchismo maturo che oggi la parte più viva, più critica della 'sinistra' va ricercando, consapevolmente o inconsapevolmente, materiali per costruire il futuro possibile.

Autogestione, municipalismo, federalismo, libertarismo, rispetto delle libertà individuali, non sono più contenuti di un patrimonio esclusivo di un movimento residuale ma temi di riflessione per un'azione politica possibile. Ovviamente la 'sinistra' di potere utilizzerà i risultati di questa riflessione ai propri fini, in una dimensione di mantenimento delle gerarchie sociali, aprendo nel contempo contraddizioni nel suo stesso corpo di riferimento. All'interno di questo processo non possiamo e non potremo essere i custodi della fiaccola sotto il moggio, ma dovremo essere parte viva, agenti di una battaglia culturale, politica e sociale, in grado di misurarsi con i problemi sul tappeto per elaborare soluzioni praticabili in grado di aprire nuovi spazi di libertà e nuovi condizioni di eguaglianza.

In questa direzione il movimento anarchico internazionale sta dando segnali importanti di ripresa di attività e di incisività, praticamente in ogni parte del mondo. Sono ancora al centro del dibattito gli effetti della mobilitazione di Seattle, che ha visto una partecipazione anarchica determinata ed efficace, segno della ripresa libertaria negli USA. In Russia la criminalizzazione e la repressione non impedisce agli anarchici di impegnarsi a fondo contro la guerra di Cecenia (a questo riguardo in questi giorni ben 10.000 manifesti sono stati affissi a Mosca). In America Latina è all'ordine del giorno la costituzione di un coordinamento continentale di supporto alle sempre più numerose iniziative sviluppate su scala nazionale. In Europa, pur nella complessità e nel frastagliamento del movimento, anarchico ed anarcosindacalista, si sono avute più occasioni che gli hanno dato una significativa visibilità di piazza (come a Lione o ad Amsterdam, a Rimini come a Roma). E altri segnali provengono dalla Nigeria, ove si sta organizzando una radio libera locale, dal Sudafrica , dall'Australia, dall'Indonesia.

A questo punto diventa sempre più indilazionabile acquisire una dimensione internazionalista nelle pratiche locali, una dimensione che l'Internazionale di Federazioni Anarchiche cerca di promuovere nel rafforzamento dei legami tra organizzazioni aderenti e nella sollecitazione ad un'iniziativa congiunta con l'insieme del movimento anarchico.

I tempi sono maturi per un salto di qualità che tenga conto delle ricchezze e delle particolarità di ogni singola realtà e che sia in grado di mettere a confronto, nel riconoscimento reciproco, percorsi ed opzioni che hanno radici ed finalità comuni.

per il Segretariato dell'Internazionale di Federazioni Anarchiche

Massimo Varengo



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org