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Da "Umanità Nova" n.15 del 23 aprile 2000

La "santa" alleanza Berlusconi-Bossi
Destra profonda

Le ragioni contingenti dell'alleanza per le elezioni regionali fra Polo e Lega Nord sono sufficientemente note:

- la fuoriuscita dalla Lega Nord, dopo le elezioni europee, dei settori apertamente filoberlusconiani ha reso necessario per il gruppo dirigente leghista bruciare i "traditori" assumendone le proposte tattiche al fine di consegnare alla spazzatura della storia o, almeno, della politica parlamentare i vari Comencini, Comino e Gnutti;

- il cattivo risultato alle stesse elezioni ha posto la Lega Nord di fronte alla scelta fra l'accettare la marginalità politica e il rischiare un'alleanza con il Polo che la porterà, probabilmente, al governo di diverse ed importanti regioni. La scommessa del gruppo dirigente della Lega, consistente nel mantenere un'identità visibile all'interno di un'alleanza così poco omogenea, è rischiosa ma, probabilmente, inevitabile visto che la Lega Nord tutto è tranne che un partito disponibile ad una pratica extraistituzionale;

- l'alleanza con la Lega Nord, infine, è funzionale al tentativo dell'azionista di maggioranza del Polo, Forza Italia, di porre ai margini Alleanza Nazionale e di giocare su di un arco di apparentamenti più elastico.

L'effetto più evidente di questo accordo è il fatto che la Lega Nord ha messo la sordina ai discorsi secessionisti, ha abbandonato gli attacchi al "mafioso di Arcore" e diretto il tiro contro la sinistra.

Sino a questo punto, nulla di straordinario. Siamo di fronte all'ennesima prova del degrado profondo della politica parlamentare sulla destra come sulla sinistra degli schieramenti in campo.

La fine, provvisoria, della campagna secessionista ha spinto la Lega a concentrare la propria campagna elettorale sulla questione dell'immigrazione ed a costruire questa campagna sulla base di un'esplicita alleanza con Forza Italia, in particolare, e con il Polo, in generale, su questi temi.

L'immigrazione è diventata l'elemento più caratterizzante della campagna elettorale della destra con il lancio di una "Proposta di legge di iniziativa popolare in materia di immigrazione" per la quale la Lega Nord sta raccogliendo le firme nei sin troppo noti gazebo. Si ha, per la verità, la sensazione che, sebbene la proposta di legge sia stata firmata sia da Berlusconi che da Bossi, chi l'ha assunto sino in fondo siano i bossiani. Resta il fatto che Berlusconi ha firmato e che siamo, di conseguenza, di fronte ad una presa di posizione che coinvolge l'assieme della destra.

Non mi interessa in questa sede, un'analisi della proposta di legge dal punto di vita tecnico, e porrò l'accento su alcune affermazioni contenute nel testo che l'accompagna perché mi sembra significativo di un mutamento di clima politico di notevole rilievo.

Se, infatti, prescindiamo dalle ragioni di bassa cucina elettorale che spiegano il documento emerge una novità significativa e cioè l'esplicita assunzione da parte della destra tradizionale di temi che caratterizzano la destra radicale.

Basta, infatti, leggere alcuni brani di questo documento per cogliere caratteri del discorso della destra decisamente diversi dal passato. In altri termini, le derive organiciste, nazionaliste e, per certi versi, razziste che caratterizzano altre aree europee non risparmiano né la destra italiana né settori che di destra non si dichiarano o ritengono.

Se è vero, infatti, che il governo di centro sinistra non ha problemi nel praticare politiche di esclusione nei confronti degli immigrati e che non si differenzia molto dalle tradizionali posizioni del centro destra è anche vero che, a fronte di crescenti tensioni sociali, possono affermarsi posizioni decisamente più radicali e che è bene ragionare nel merito.

A questo punto è bene dare la parola al duo Bossi - Berlusconi. Il documento comincia con una dichiarazione impegnativa:

"All'alba del terzo millennio, si presentano e si confrontano, in Europa, due opposti modelli di società:

a) il modello 'neo-giacobino' della società universale multirazziale, standardizzata dal 'mercato', attore politico dominante che utilizza gli Stati (quel che resta degli Stati) come cinghie di trasmissione;

b) il modello "cristiano", di una società equilibrata tra presente, futuro e passato, tra locale e globale, tra 'in' e 'out', tra forze nuove che premono dall'esterno e valori storici radicati nella tradizione."

Possiamo immaginare che né Bossi né Berlusconi abbiano un interesse straordinario per il cristianesimo e per il giacobinismo. Può essere interessante il modo di definire questi concetti:

"Il primo modello sociale si basa prima sulla scissione fra Stato e nazione e poi sull'idea del primato dello Stato sulla 'nazione' (sulle 'nazioni')... Si assume infatti che lo Stato esista a prescindere dalla 'nazione' (dalle 'nazioni') e che, per questo possa vivere (sopravvivere) producendo ed attribuendo titoli 'statali' di cittadinanza, che prescindono dalla appartenenza alla 'nazione' (alle 'nazioni')...lo Stato è la macchina politica giacobina per definizione ('ubi patria, ibi bene', alla Rousseau)"

Insomma, neogiacobini sarebbero tutti i fautori dello stato liberale classico visto che la società "neogiacobina" sarebbe quella caratterizzata dalla centralità del mercato, dall'indifferenza per le origini e le identità nazionali dei cittadini, dalla separazione fra cittadinanza ed etnia. Siamo, insomma, di fronte ad uno stravolgimento del significato delle parole visto che proprio nel giacobinismo sono alcune robuste radici del moderno nazionalismo (come dimostra, fra l'altro, la citazione di Rousseau riportata proprio nel documento). D'altro canto, il ricorso da parte del duo Berlusconi - Bossi al concetto di "nazione" accanto a quello di "nazioni" riferiti allo stesso stato nazionale è necessario a tenere assieme, in qualche modo, nazionalismo italiano e nazionalismo padano ma riprende l'antica polemica dei fautori dell'ancien regime contro il nazionalismo borghese e giacobino.

Un'affermazione centrale dell'attacco ai "neogiacobini" è la seguente:

"L'immigrazione è conseguentemente utilizzata come un grimaldello (i) per rompere l'ordine sociale (aumentando conseguentemente il potere di arbitraggio tra le forte sociali destrutturate) e così (ii) per mettere le mani sul bottino elettorale (costituito da un nuovo "lumpen proletariat", fatto da una massa di immigrati che speculativamente si ipotizza disposta a varare per la sinistra)... Gli immigrati devono venire in Italia, e su vastissima scala, ma a liberarci dallo sforzo demografico, a fare i lavori più faticosi, a pagarci le pensioni."

L'immigrazione, insomma, non sarebbe il prodotto del modo di produzione capitalistico, della crescente differenza di condizioni fra aree sviluppate ed aree degradate del pianeta, della fisiologica ricerca da parte delle imprese di forza lavoro a basso costo ma l'effetto di un complotto neogiacobino per destrutturare la nazione e per sottoporla al controllo di chi gestisce l'immigrazione stessa.

La stessa destra che attacca lo statalismo in nome del mercato si scopre ostile agli effetti dell'economia mercantile che andrebbe limitata dall'intervento statale ad opera, ovviamente, di uno stato "cristiano". I riferimenti alla dinamica demografica sono illuminanti. La diminuzione della natalità che è tipica delle società capitalistiche sviluppate sarebbe anch'essa il prodotto di un complotto contro la nazione.

In estrema sintesi, il documento Bossi - Berlusconi sull'immigrazione riprende esplicitamente temi classici della polemica reazionaria e tradizionalista contro il mercato ed il carattere "strumentale" delle relazioni sociali capitalistiche e del governo burocratico della società.

Veniamo ora al modello "cristiano":

"Il secondo modello sociale si basa invece, ed all'opposto, sul primato della "nazione" (delle "nazioni" intesa tanto in senso "romantico", come nucleo e fondo di valori e di religione, di cultura e di lingua, di costumi e di tradizioni, quanto in senso "democratico", come "plebiscito di ogni giorno".

Nell'economia politica di questo modello, la crisi dello "Stato - nazione" non porta con se la crisi della "nazione" (delle "nazioni").

All'opposto, la crisi dello "Stato nazione" riporta la "nazione" (le "nazioni") alla sua vitalità originaria e piena, non soffocata dallo Stato.

La memoria sta infatti all'individuo come la storia sta alla "nazione" (alle "nazioni").

Individuo e memoria, storia e "nazione" ("nazioni") sono, infatti, tutti insieme, parti inscindibili dl un'unica struttura sociale che, nella nuova geopolitica del mondo, è l'unico possibile antidoto al caos.

Per questo, la nostra visione politica è radicalmente diversa da quella della sinistra. Perché è una politica di difesa della "nazione" (delle "nazioni") Intesa la "nazione" (le "nazioni") come baluardo della civiltà europea."

Alcuni concetti sono illuminanti:

- la vitalità originaria e piena della nazione che non viene percepita come prodotto della storia e, in particolare, dell'azione degli stati ma come un carattere naturale dei popoli;

- il carattere di antidoto al caos, derivante dall'integrazione mondiale dell'economia capitalistica, che la nazione avrebbe;

- il fatto che l'identità nazionale non coincide con la cittadinanza ma con l'esplicita assunzione di un nucleo di valori comuni;

- il carattere di baluardo della "civiltà europea" che la nazione svolgerebbe.

Si tratta di una visione della nazione tipica della tradizione reazionaria, la nazione come comunità organica collocata nella più ampia "civiltà europea".

Le conseguenze pratiche di un impianto politico del genere sono logiche;

"Nell'economia politica del nostro modello di società, il "quantum" di immigrazione non è dunque funzione della conservazione dello Stato, come macchina politica assoluta.

Ma è un "quantum" che va calcolato essenzialmente in rapporto alla sopravvivenza della "nazione" (delle "nazioni").

E, per questa ragione, è un "quantum" che va calcolato in misura proporzionale alla oggettiva e naturale capacità di assorbimento dell'immigrazione all'interno della (delle) comunità nazionale."

Per concludere:

- ritengo evidente che non vi è alcuna coerenza fra il documento che abbiamo citato e le trasmissioni delle reti televisive dell'onorevole Berlusconi che sono un'aperta espressione dell'integrazione mondiale dello spettacolo capitalistico;

- ritengo altrettanto evidente che le politiche neoliberali sostenute dal Polo e dalla lega Nord non possono che accelerare la distruzione, in atto da molti decenni, della società tradizionale basata sulla famiglia e su stili di vita comunitari;

- d'altro canto, il recupero di temi nazionalisti, etnicisti ed organicisti ad opera della destra neoliberale se è logicamente incoerente rispetto al progetto politico delle destre non lo è storicamente e politicamente;

- proprio la dissoluzione delle forme sociali tradizionali ad opera del mercato crea un bisogno di identità, d'ordine, di senso che da spazio ad una destra parzialmente diversa da quella liberale;

- il discorso leghista è, da questo punto di vista, paradigmatico: il recupero delle culture locali, del radicamento territoriale, l'idea che vi sia un complotto contro la tradizione sono una variante di quel populismo che si va affermando in diversi paesi europei;

- l'immigrazione viene percepita, in questo schema, come uno strumento di qualcuno (i "poteri forti", lo stato neogiacobino ecc.) per attaccare la comunità nazionale. Va rilevato che non si parla ancora di complotto ebraico ma, vista la recente radicalizzazione di settori della destra sociale, non è da escludersi che rispunti anche una punta di antisemitismo;

- se anche l'assunzione di tesi del genere da parte di Forza Italia è strumentale il fatto che non abbiano creato sostanziali problemi qualcosa vuol dire sia nel senso del degrado della politica e dell'indifferenza ai contenuti che l'accompagna che in quello della caduta di attenzione e di tensione nei confronti di discorsi esplicitamente reazionari.

Da parte nostra, ritengo sia evidente non si tratta di difendere lo stato liberaldemocratico dai suoi avversari populisti ma di cogliere il legame forte che c'è fra degrado delle condizioni delle classi subalterne, debolezza del movimento dei lavoratori, mancanza di prospettive di rottura dell'ordine sociale e affermarsi del populismo. Su questo terreno, di conseguenza, va collocata l'iniziativa.

Cosimo Scarinzi



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