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Da "Umanità Nova" n.16 del 7 maggio 2000

Il XXIII Congresso della FAI
Mozioni e documenti

Commissione stampa e propaganda

Vista la necessità, da parte della FAI, di ampliare la visibilità della Federazione nel campo della comunicazione politica sui campi di intervento che le sono propri, si propone la costituzione di una commissione stampa e propaganda.

Scopo di tale commissione sarà quello di:

- Ricevere, eventualmente far propri, e reveicolare i materiali prodotti da singoli, dai gruppi e dalle Commissioni FAI.

- Produrre in proprio materiali "poveri" di propaganda di vario genere (volantini A3, adesivi, materiale internet).

- Coordinare ove necessario tale lavoro con tutte le commissioni della FAI e, in particolare, con la CdC, la redazione di UN ed il Collettivo editoriale Zero in Condotta.

- Individua referenti locali che supportino il lavoro della Commissione Stampa e propaganda.


Mozione sulla questione internazionale

Il processo di globalizzazione segna la nostra epoca. Esso coincide con l'egemonia del capitale transnazionale, con l'accumulazione crescente della ricchezza, con l'oligopolio delle multinazionali della comunicazione mediatica, con il rafforzamento delle gerarchie sociali e politiche, con la riduzione delle libertà individuali e collettive.

Un'enorme rete sta imbrigliando milioni di individui, ogni volta più schiavizzati e impoveriti dalle leggi anonime ed impersonali del mercato e dalla ideologia politica della globalizzazione: quella della sedicente difesa dei cosiddetti diritti umani universali che nasconde la volontà delle superpotenze di uniformare e di sottomettere al loro controllo aree sempre più vaste del pianeta con varie conseguenze dirette ed immediate: crescente miseria di enormi masse di popolazioni, povertà e denutrizione, degrado sociale, migrazioni di massa, collasso ecologico in sempre più aree, crescente ricorso alla guerra come strumento di regolazione dei conflitti sociali, mascherati sotto le tensioni etniche, religiose, razziali, etc.

Le manifestazioni contro le guerre in Iraq e nel Kosovo, le mobilitazioni contro i padroni del mondo (WTO, G7, FMI) che hanno avuto gli esempi più evidenti nei fatti di Seattle e di Washington, testimoniano che settori del corpo sociale non sono disponibili ad accettare passivamente questa situazione.

La lotta nelle città del dominio si salda con la lotta delle periferie oppresse e colonizzate. Dal Chiapas all'Ecuador, alla Bolivia, all'Indonesia, alla Corea, alla stessa situazione dell'Africa Australe crescono le occasioni di conflitto e le possibilità di emancipazione. Parallelamente cresce l'impegno dello stato italiano e quello degli altri stati dell'Unione Europea sia nell'accaparramento delle risorse del globo, sia nel protezionismo economico e nella limitazione alla libera circolazione degli individui provenienti dai paesi più colpiti da queste politiche, sia infine nell'intervento militare diretto, teso a garantire forme di governabilità funzionali alle logiche capitalistiche. Esemplare a questo proposito la presenza di una ditta italiana nella privatizzazione di un bene naturale collettivo come l'acqua in Bolivia e la presenza di truppe italiane, sotto diverse bandiere dall'Angola a Timor, dal Kosovo al Libano, etc. Mentre a livello europeo si sta studiando un possibile intervento militare nello Zimbabwe.

In questo contesto l'azione della FAI deve concretizzarsi in termini di solidarietà, alle popolazioni e ai proletari in lotta, contro qualsiasi forma di intervento militare.

In particolare:

- Solidarietà agli attivisti perseguitati per la loro partecipazione alle mobilitazioni contro la mondializzazione.

- Controinformazione sull'imperialismo economico italiano e coinvolgimento dei lavoratori interessati in forme di solidarietà e di lotta.

- Promozione e partecipazione diretta dei gruppi e dei militanti della Federazione alle mobilitazioni in atto contro la mondializzazione (in particolare a quelle di Ancona, di Bologna e di Genova).

- Raccolta di informazioni sulle situazioni di crisi, soprattutto su quelle dove è possibile prevedere un intervento diretto militare italiano come ad esempio lo Zimbabwe.

Sul piano dei rapporti con il movimento anarchico internazionale la FAI si impegna a:

- Mantenere e rafforzare e rapporti con l'Internazionale di Federazioni Anarchiche (IFA) adempiendo agli impegni presi.

- Promuovere un confronto sui temi della mondializzazione.

- Proporre mobilitazioni congiunte rispetto a scadenze a carattere continentale (come ad esempio quella prossima di Praga nell'autunno).

- Promuovere un confronto con le varie realtà anarchiche operanti sul territorio dell'Unione Europea.

Per poter perseguire questi obiettivi il Congresso della FAI propone la costituzione di una commissione di relazioni internazionali.


Mozione sull'immigrazione

Il XXIII Congresso della FAI individua nelle tematiche inerenti i flussi migratori e le politiche razziste e xenofobe dei vari governi uno dei nodi centrali intorno ai quali si vanno dispiegando strategie di controllo che coinvolgono non solo i lavoratori immigrati ma finiscono con l'investire l'intero corpo sociale.

Aldilà della scandaloso sistema dei campi di detenzione, con la loro struttura evocante quella dei lager nazisti, e delle specifiche misure legislative attraverso cui, all'interno del Trattato di Schengen, gli Stati europei intendono governare, limitare e controllare le presenze e i flussi dell'immigrazione, appare ormai evidente che attorno al più generale fenomeno dell'immigrazione si stanno giocando partite importanti e forse decisive per l'intera società.

Attorno a questa questione si formano infatti consensi elettorali, si decidono politiche economiche, si ridefiniscono assetti sociali e si contrappongono culture, sempre e comunque sulla pelle di persone, di lavoratori e di profughi provenienti da altri paesi "extracomunitari".

Di fronte a tali crescenti flussi migratori, storicamente inarrestabili e motivati da un complesso drammatico di condizioni economiche, disastri ambientali e situazioni di guerra, quello che più colpisce è la strenua difesa del "Bunker Europa" dentro i propri confini, sia geografici che mentali.

Tali scelte "militari", assorbono sostanziose quote dei bilanci statali destinati alla Difesa interna ed esterna.

È evidente che basterebbe destinare anche solo una parte dei fondi destinati ai pattugliamenti aeronavali dell'Adriatico, nella costruzione e nel mantenimento di strutture detentive, nell'aumento degli organici delle forze repressive, negli apparati di vigilanza e controllo delle frontiere, nei rimpatri forzati degli indesiderabili (72 mila durante l'ultimo anno), nella burocrazia incaricata di autorizzare il soggiorno degli stranieri per permettere un più decente e sicuro ingresso ed assicurare delle condizioni umane per tutti coloro che approdano nella ricca Europa.

Il vero prodotto di queste strategie di intervento sull'immigrazione è la voluta creazione della figura del "clandestino" e nei forti ed articolati interessi ad esso legati, a conferma di come il potere legale stesso produca l'illegalità che sostiene di voler combattere.

Esattamente come per il proibizionismo, le leggi anti-immigrazione servono solo a favorire l'ingresso illegale, il soggiorno clandestino e ogni forma di lavoro irregolare, con grande gioia di scafisti, mafie ed organizzazioni criminali la cui attività vede dirette complicità nell'apparato statale, mentre nell'ambito del lavoro l'esistenza della "clandestinità" permette a padroni e padroncini di ricattare i lavoratori extracomunitari "regolari", disposti a tutto pur di non ripiombare in seguito ad un licenziamento nell'anticamera dell'espulsione.

Superfluo dire che a loro volta, sia nella realtà industriale che in quella agricola, la manodopera extracomunitaria -sia regolare che irregolare- si rivela del tutto funzionale a riproporre analoghi ricatti e divisioni nei confronti dei lavoratori comunitari, imponendo loro tutte le flessibilità possibili ed immaginabili.

Tragicamente tale logica comporta tra l'altro che anche chi appartiene ai settori sociali più sfruttati e precari, dimenticando la propria identità di classe e riconoscendosi come bianco-padano-italiano-cattolico-europeo può illudersi di non essere all'ultimo scalino della società e quindi il suo razzismo, la sua complicità con chi detiene il potere, il suo asservimento verso il padrone si rafforzano, tanto da credere che l'unica emancipazione possibile sia il poter esercitare la funzione di "kapò" ai danni di qualcuno che il sistema capitalista e statale hanno posto al gradino inferiore.

Le politiche di dominio e di controllo si vanno ridefinendo a partire proprio dall'immigrazione ma allo stesso tempo tornano ad aprirsi spazi per l'opposizione sociale; nella storia più recente non sarebbe peraltro la prima volta che le lotte degli immigrati, intersecandosi con l'autorganizzazione e la solidarietà di classe, accendono la rivolta.

Di fronte a questo scenario diviene sempre più importante che la FAI assuma tra i propri impegni prioritari l'intervento organizzato nei movimenti di opposizione alle politiche razziste dello stato, promuovendo allo stesso tempo momenti di confronto sui temi in questione.

Il Congresso perciò propone un convegno sul tema da tenersi in autunno e la formazione di una commissione antirazzista da costituire in una sessione straordinaria del Congresso da tenersi nello stesso giorno del convegno.


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(l'indirizzo sarà comunicato in seguito)
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Commissione questione sociale
l'indirizzo sarà comunicato in seguito

Commissione Stampa e propaganda
c/o OACN - FAI, vico Lazzi 5, 80143, Napoli;
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