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Da "Umanità Nova" n.17 del 14 maggio 2000

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Palermo immigrato tenta il suicidio in questura

Lunedì 17 aprile si è verificato a Palermo un fatto gravissimo che ripropone ancora una volta la situazione di estrema precarietà in cui versano gli immigrati.

Justini Mhina, 42 anni, tanzaniano da vent'anni in Italia, si è lanciato nel vuoto dalla finestra del commissariato di S. Lorenzo a Palermo per sfuggire all'inevitabile trasporto al CPT "Serraino Vulpitta" di Trapani. Per fortuna una siepe nel cortile del commissariato ha attutito l'impatto col terreno, e Justini è ora ricoverato al Centro traumatologico con l'omero fratturato e traumi al torace e al cranio. "Ho conosciuto il carcere, ai centri di detenzione preferisco la morte. Voglio morire in questo paese, visto che non mi permettono di viverci".

Justini era stato scarcerato quella mattina dopo aver scontato un anno e mezzo di carcere per detenzione di stupefacenti ("ma io non c'entravo niente", mi dice). Alla richiesta del passaporto, Justini è stato in grado di esibire solo un foglio dell'ambasciata che ai signori poliziotti, evidentemente, non è bastato. All'idea di dover essere rinchiuso ancora una volta per poi essere espulso, Justini ha perso il controllo e ha tentato il suicidio. Questo episodio si aggiunge al pestaggio subito una settimana prima da Leontine Koadjo, cittadina immigrata ad opera di un solerte tutore dell'ordine all'interno dell'ufficio stranieri della questura.

Questi fatti evidenziano il clima generale di intolleranza che sta crescendo attorno agli immigrati, anche a seguito delle strumentali campagne elettorali sulla "sicurezza" promosse da quanti vorrebbero ripetere in Italia l'effetto Haider sfruttando i più biechi istinti xenofobi.

Dobbiamo tenere alta la guardia e contrastare attivamente questo fascismo istituzionale in difesa delle comunità immigrate per chiudere i CPT, aprire le frontiere e ottenere giustizia.

Alberto La Via

Mestre: un corteo per l'autorganizzazione interetnica

Sabato 22 aprile si è tenuta a Mestre l'annunciata manifestazione promossa dalla Rete Antirazzista dopo lo sgombero dello spazio occupato "Banchina Multietnica".

Nonostante l'esodo pasquale, al corteo - multietnico anche nella musica - hanno partecipato diverse centinaia di persone, in gran parte immigrati e rom (300 secondo "Il Gazzettino", 700 per "La Nuova Venezia"), e le realtà che hanno sostenuto la breve occupazione della ex-Saplo ed il progetto di crearvi uno spazio socio-abitativo per i tanti lavoratori immigrati senza-casa; tra queste vanno in particolare menzionati l'Associazione per la pace di Venezia, l'Associazione Immigrati e il circolo Marghera, con una visibile presenza di bandiere rosse e nere.

A queste strutture si sono aggiunti alcuni militanti di vari gruppi (S.R., Rivoluzione, OCI) e in fondo al corteo si è vista una modesta rappresentanza del centro sociale Rivolta che, senza aderire alla manifestazione, ha diffuso un volantino ritenuto alquanto discutibile da tutti i manifestanti.

Da parte sua Rifondazione Comunista che aveva formalmente aderito all'iniziativa è risultata invece del tutto assente, così come i "rosso-verdi" di bettin, evidentemente troppo impegnati nella campagna elettorale, per accorgersi che la crescente autorganizzazione non aveva bisogno di conoscere il nome del prossimo sindaco, per esprimere solidarietà agli "invisibili" del territorio veneziano e promettere opposizione sociale.

Info FAI Venezia

Il movimento milanese alla sbarra

Il 3 maggio è iniziato l'appello del maxi processo contro 73 compagne e compagni dei centri sociali e del movimento milanese. In primo grado ci furono condanne per un totale di quasi 100 anni di carcere e qualche decina di milioni di multa.

Il procedimento era iniziato nel '95, ed i fatti cui si riferisce sono avvenuti nel 1993 (anno dello sgombero del C.S.Leoncavallo dalla sua prima sede) e nel 1994. Le pene comminate in primo grado vanno da un minimo di 4 mesi ad un massimo di 5 anni. Molti rischiano il carcere perché le condanne sono superiori a tre anni ed alcuni hanno condanne precedenti. L'indagine era stata iniziata dal PM Ferdinando Pomarici che aveva poi lasciato il posto a Stefano Dambruoso. Nella sua requisitoria questi aveva definito i compagni "violenti", "ingiustificabili," "meritevoli di dure condanne". Le manifestazioni al centro del processo sono quelle per il diritto alla casa, per l'appoggio alla lotta zapatista in Chiapas, per la strage di P.zza Fontana: cortei, presidi e sit. in.

Le accuse sono di rapina (di un prosciutto ed un macchina fotografica), adunata sediziosa, blocco stradale ed oltraggio.

Nel periodo cui i fatti si riferiscono Milano vide migliaia e migliaia di compagne e compagni battersi per gli stessi obiettivi in luoghi e momenti diversi.

Il processo ha voluto e vuole essere un atto "punitivo" esemplare che, riunendo fatti e protagonisti diversi, vuole processare tutto il movimento antagonista ed arrivare ad una sentenza che sia di monito per le future mobilitazioni.

Infatti esso segue un periodo di militarizzazione del territorio e di restrizione degli spazi di libertà portato avanti dalla giunta milanese da anni. Cade in un periodo di relativa "pacificazione" degli spazi sociali (il Leoncavallo non preoccupa certo più la giunta...), ma nonostante ciò viene sbandierato come una lotta al movimento "violento". Il processo è stato preceduto da mesi di "bollettini di guerra" sull'allarme scioperi. Ogni sciopero o manifestazione veniva descritta dalla stampa come un attacco al diritto di qualcun altro. Il giorno prima dell'inizio dell'appello sono state arrestate 6 persone con l'accusa di far parte delle nuove BR ed uno di essi è anche imputato in questo processo... Tutto ciò è solo un caso o si vuole ancora una volta criminalizzare la lotta svolta alla luce del sole e sostenuta da un vasto movimento, accomunandola con episodi totalmente differenti?

Sabato 5 maggio si è tenuta una manifestazione cui hanno partecipato, nonostante la pioggia incessante, oltre 1500 persone che hanno voluto ribadire la loro battaglia contro una Milano sempre più caserma, e sempre meno città.

La manifestazione era organizzata da centri sociali, anarchici, gruppi antagonisti, sindacalismo di base. Il Leoncavallo non aveva aderito.

I prossimi appuntamenti sono per le udienze del 9 ed 11 maggio.

R.P.

Le esternazioni di Greespan

Nella ridda di illazioni che hanno seguito la caduta degli indici della Borsa di Nuova York, venerdì 14 aprile, una notizia è passata quasi inosservata.

Alan Greenspan, il potente capo della Banca centrale degli Stati Uniti, in un'intervista rilasciata poco dopo l'apertura del mercato di Wall Street, ha messo in guardia le banche USA dai rischi connessi all'espansione dei finanziamenti.

Il governatore della Federal Riserve ha invitato i gestori dei rischi nelle banche e nelle altre istituzioni finanziarie ad "impostare i loro modelli dinamici tenendo presente uno scenario alternativo a quello ottimale. E questo processo dovrebbe suggerire di accantonare risorse di contingenza, capitali o riserve".

Dopo la diffusione di quest'intervista, i mercati si sono avvitati in una caduta senza precedenti negli ultimi mesi.

Che cosa voleva dire Greenspan nella sua intervista e che legame esiste con l'andamento dei mercati finanziari?

Il governatore non è nuovo ad usare i media per lanciare messaggi ai mercati, allo scopo di evitare interventi formali, sfruttando appieno l'effetto-annuncio, che nel caso di misure formali viene spesso accuratamente evitato. Lo scenario delineato nell'intervista prevede che le banche e le altre istituzioni finanziarie costituiscano riserve aggiuntive a fronte dei finanziamenti erogati, soprattutto a fronte di operazioni sui mercati finanziari.

In concreto, se la riserva "normale" è di 25 centesimi per ogni dollaro di investimento, essa dovrebbe essere portata a 30 o 35 centesimi. Se prima per ogni dollaro depositato nelle istituzioni finanziarie potevano essere investiti 80 centesimi, al termine della correzione ne potrebbero essere disponibili solo 75.

Se la situazione dei mercati finanziari rendesse necessario alla Fed adottare le misure consigliate da Greenspan nell'intervista, esse avrebbero un immediato effetto sui mercati stessi.

Anche se la Fed non dispone dei mezzi delle istituzioni omologhe europee, la sua "autorità morale" è tale che un'istituzione finanziaria che non si adeguasse ai suggerimenti espressi nell'intervista, perderebbe la sua credibilità.

L'effetto sui mercati finanziari sarebbe un'improvvisa e brusca perdita di liquidità, con l'avvio di un periodo ribassista, fino al punto in cui non si raggiunga un nuovo equilibrio fra domanda e offerta.

Ecco che venerdì, una volta diffusa l'intervista di Greenspan, chi si sentiva più esposto a i rischi di una carenza di liquidità si è mosso in anticipo, monetizzando i guadagni ottenuti e vendendo anche in perdita pur di mantenere una certa liquidità.

Ora, è mai possibile che un esperto come Greenspan non prevedesse che i suoi continui interventi, questo è il quarto in cinque giorni, avessero un inevitabile impatto sui corsi azionari? E ancora, perché Greenspan ha atteso la vigilia della riunione del G7 e del Fondo Montetario Internazionale per scatenare la caduta di Wall Street?

Da anni ormai il Fmi cerca di accreditarsi come controllore dei flussi finanziari internazionali. Le continue crisi di fiducia nei confronti degli Stati grandi debitori rendono necessario un controllo di tali flussi che permetta ai grandi debitori di attingere con continuità al risparmio mondiale, senza dover dare troppe spiegazioni su come vengono utilizzati i finanziamenti ottenuti. Il caso della Russia è esemplare in questo senso, ed esemplare è il coinvolgimento in questo affaire del Fondo Monetario.

La sceneggiata orchestrata da Greenspan, oltre a rispondere a inderogabili esigenze dei mercati USA, va certamente nel senso di convincere l'opinione pubblica della necessità di un controllo statale e delle organizzazioni internazionali fra Stati del risparmio, a cui istituzioni sempre più in bolletta possano attingere senza controllo.

Ancora una volta, la volontà di accrescere il potere dei governi porta scompiglio e miseria. La cosa, finché si limita agli speculatori di Wall Street, potrebbe anche lasciarci indifferenti, purtroppo a pagare il conto saranno chiamati, ancora una volta, i proletari.

Tiziano Antonelli



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