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Da "Umanità Nova" n.18 del 21 maggio 2000

Referendum antisociali

Lo scontro fra i differenti segmenti del ceto politico sui referendum del 21 maggio rischia, come di norma, di oscurare la rilevanza sociale di quello sui diritti dei lavoratori.

Verifichiamo, ancora una volta, come, dal punto di vista dei media la condizione di vita e di lavoro di milioni di donne e di uomini sia meno rilevante della sorte degli schieramenti parlamentari, delle possibilità della nascita di un "terzo polo" centrista guidato dal sempre verde D'Antoni, degli strepiti dei cespugli del centro destra e del centro sinistra.

Lo stesso astensionismo viene, in una qualche misura, banalizzato dall'uso strumentale che ne fanno le forze politiche che puntano sulla rinascita del sistema elettorale proporzionale. Dopo decenni di prediche sulla sacralità del voto, scopriamo che l'astensione è una legittima scelta democratica quando è benedetta da forze politiche rispettabili.

Poco male, non diventeremo elettoralisti e parlamentaristi per far dispetto ai postdemocristiani e agli italoforzuti. Le ragioni del nostro astensionismo, infatti, non sono strumentali e legate alle singole contingenze e possiamo sopportare anche compagnie nauseanti anche perché sappiamo bene come costoro saranno pronti, in occasioni diverse, a reindossare i panni degli apologeti della "democrazia referendaria" mantenendo, ovviamente, quelli dei fautori del parlamentarismo.

Sul terreno nostro, quello che abbiamo scelto, quello che era possibile fare è stato fatto. La campagna contro i referendum antisociali e per l'astensione ci ha visto operare in collaborazione con le forze politiche, sociali e sindacali disponibili con campagne di informazione, assemblee, manifestazioni. Mentiremmo se dicessimo che la mobilitazione è stata adeguata alle necessità ma sbaglieremmo se sottovalutassimo quanto è stato fatto. Settori diversi dell'opposizione sociale hanno assunto la parola d'ordine dell'astensione, sulla base di ragioni autonomamente maturate che hanno, fra l'altro, dato modo di rilanciare la critica libertaria delle logiche plebiscitarie.

Altri settori dell'opposizione sociale si sono schierati per il NO al referendum sui licenziamenti, una scelta che riteniamo sbagliata e che abbiamo criticato con chiarezza ma anche nel rispetto delle ragioni di coloro che hanno fatto questa scelta non per opportunismo ma per il timore di favorire la destra sociale.

Quello che, infatti, ci interessava, e ci interessa, è la mobilitazione diretta, la lotta per la conquista di spazi di libertà politica, culturale, sindacale e sappiamo che questa lotta implica il rifiuto delle logiche parlamentari e plebiscitarie ma soprattutto la mobilitazione di settori di classe non marginali.

Lo sciopero dei sindacati di base del 10 maggio che ha visto una discreta presenza di piazza da apprezzarsi soprattutto se si considera che era uno sciopero politico e che ha goduto della solita censura da parte dei media, è stato una risposta.

Il successo straordinario dello sciopero del 12 maggio dei lavoratori dei trasporti milanesi, sciopero che poneva al centro, fra gli altri obiettivi, la difesa della libertà sindacale, è una riprova del fatto che lo scontro sociale può liberare risorse che vanno al di là delle nostre stesse aspettative.

Il 30 maggio vi sarà, poi, uno sciopero della scuola e diverse altre mobilitazioni si sono date e si daranno, basta pensare a quella dei Lavoratori Socialmente Utili del 5 maggio.

Per tutte queste ragioni, la mostra scelta di un'opposizione netta e forte ai referendum antisociali dei radicali ed alle logiche plebiscitarie sono pienamente confermate e l'impegno per l'astensione al 21 maggio mantiene il suo rilievo.

Si tratterà, comunque, vada il referendum di sviluppare l'iniziativa per la difesa delle libertà sui posti di lavoro, perché coloro che lavorano nelle piccole imprese, nelle cooperative, nel settore nero dell'economia possano ottenere i diritti che sono oggi loro negati.

Su questo terreno, fra gli altri, verificheremo la tenuta, l'efficacia, la capacità di rapportarsi al corpo sociale della nostra proposta.

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