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Da "Umanità Nova" n.18 del 21 maggio 2000

No pasaran!
Bologna 13 maggio: manifestazione antifascista

L'antifascismo militante ha preso nuovamente la parola e l'iniziativa.

10 mila, forse 15 mila, persone sono scese in piazza il 13 maggio scorso, a Bologna, contro la destra neonazista che tramite Forza Nuova voleva manifestare la propria presenza politica. Certo, la manifestazione, da sola, non fermerà i rigurgiti dell'estrema destra nazionale ed europea. Ma la giornata del 13 maggio é stata una giornata di svolta, densa di significati.

Prima la cronaca.

Forza Nuova aveva indetto a Bologna una manifestazione europea. Come già commentato la scorsa settimana sulle colonne di questo giornale dall'"Archivio Antifascista", F.N. é una riedizione dell'estremismo nazifascista che gode di notevoli mezzi e appoggi politici e statali. Il programma della manifestazione fascista prevedeva un convegno alla mattina presso un grande albergo bolognese, un corteo che fosse partito dall'albergo e avesse raggiunto piazza Galvani (adiacente a piazza Maggiore) e un comizio che si sarebbe svolto in questa piazza. Erano previsti oltre ai gruppi estremisti nazionali (in prima fila il fronte naziskin veneto), gruppi di picchiatori nazisti inglesi, tedeschi, francesi e austriaci, oltre che delegazioni politiche dell'estrema destra da quasi tutti i paesi europei.

La giunta bolognese ed in particolare il suo vicesindaco (il cattolicissimo Salizzoni) si era impegnata per garantire l'agibilità politica ai neonazisti. Le proteste delle associazioni partigiane, prima, della sinistra istituzionale poi, di CGIL-CISL-UIL infine non avevano prodotto grandi risultati. L'indizione di una manifestazione nazionale antifascista aveva posto i primi problemi al "comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico" che aveva, a questo punto, vietato il corteo previsto dalla manifestazione. Tale manifestazione era stata lanciata da un gruppo di antifascisti di Bologna e della regione, quando la sinistra politica ed istituzionale sembrava attestarsi sul classico presidio antifascista con piena delega alla polizia di stato di controllare la manifestazione dei fascisti che, dunque, veniva contestata solo a parole.

Mano a mano che cresceva l'adesione a questa proposta di azione antifascista, i tutori dell'ordine facevano dietrofront sulla possibilità di garantire la piazza ai fascisti. Già dopo il 7 maggio veniva revocata l'autorizzazione al corteo per le vie cittadine. Nei giorni successivi veniva revocata l'autorizzazione al comizio in piazza Galvani. I fascisti avrebbero potuto riunirsi in piazza del Baraccano. Tale piazza é a poche centinaia di metri da porta S. Stefano dove hanno sede il circolo anarchico "Berneri" e il centro sociale "Atlantide". Immediatamente era stato indetto un presidio antifascista a Porta S. Stefano. Sabato mattina l'albergo dove doveva svolgersi il convegno fascista aveva rifiutato la prenotazione ed il "comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico" (conferenza di prefetto, questore e sindaco), nonostante le capriole del vicesindaco Salizzoni il quale rivolgeva "l'invito", imponeva ai nazifascisti di organizzare la loro manifestazione nella periferia bolognese.

Si giungeva così al pomeriggio. Già nelle prime ore circa 150 antifascisti presidiavano porta S. Stefano. Via S. Stefano era chiusa al traffico da cordoni di polizia. Polizia e carabinieri avevano militarizzato la zona dei viali di circonvallazione antistanti i giardini Margherita per proteggere un centinaio di nazisti che andavano radunandosi al Baraccano. Questi erano gruppi che venivano da fuori Bologna e che (forse) non erano stati avvisati delle variazioni al loro programma intervenute nelle ultime ore. Alle 15 oltre 1.500 persone erano già concentrate in piazza Nettuno e prendeva forma l'indicazione di un corteo che si dirigesse sul Baraccano per spazzare via i fascisti. A questo punto la polizia ha cominciato a trasferire i fascisti con appositi pullman per sottrarli all'azione antifascista. Verso le 15 e 30 il corteo ha preso le mosse da piazza Nettuno e piazza Maggiore (che intanto continuava a vedere il massiccio confluire di compagni da tutte le parti d'Italia). Quando la testa del corteo era in piazza Cavour é iniziata una violenta carica della polizia. Per circa mezz'ora si sono svolti scontri fra compagni e polizia che sono terminati solo dopo che il corteo é riuscito a ricompattarsi in piazza Maggiore. Durante gli scontri sono saltate le vetrine del bar Zanarini, ritrovo dell'alta borghesia bolognese e noto covo di destra.

Dopo le 16, avendo verificato che lo sgombero dei fascisti era terminato, i compagni che presidiavano porta S. Stefano sono andati in corteo verso piazza Maggiore. Intanto, le notizie diffuse dalle radio locali, degli scontri in centro, avevano richiamato in piazza migliaia di persone (tantissimi giovani). Verso le 17 veniva riorganizzato un corteo. Qui inizia la parte della giornata più contraddittoria.

È da segnalare che l'ex PCI-PDS era completamente assente dalla piazza. A parte qualche centinaio di persone delle associazioni partigiane che sostavano di fronte al sacrario dei caduti nella resistenza antifascista i movimenti politici presenti in piazza erano Rifondazione Comunista, i Verdi, l'area delle tute bianche (nord-est, Leoncavallo e centri sociali vari), l'autonomia di classe e gli anarchici. Molti i militanti del sindacalismo di base anche se le rispettive organizzazioni sindacali non erano presenti in modo organizzato. In buona sostanza la vecchia sinistra di "movimento" degli anni '70. Il corteo prendeva forma e raggruppava oltre 10 mila persone. Obiettivo del corteo era raggiungere porta S. Stefano, obiettivo che le cariche della polizia di 2 ore prima avevano impedito. D'altra parte i fascisti erano già stati allontanati dalla polizia. Alla testa del corteo si ponevano Rifondazione Comunista e i centri sociali del nord-est che forti del sound-system prendevano la parola a nome del corteo. Questa parte politica si arrogava il diritto di rappresentare l'intero movimento che si era espresso in questa giornata di antifascismo militante, concordando con la polizia modalità e termini della manifestazione e volendo imporre alla manifestazione di "svestirsi" della sua carica determinata e autodifesa. Dopo un lungo fronteggiamento sotto le Due Torri dove erano schierati alcuni reparti celeri della PS, di fronte alla determinazione del corteo ad andare avanti, i reparti della celere si ritiravano lasciando un provocatorio presidio su via Zamboni e sotto la sede di Alleanza Nazionale in via Castiglione. Al passare del corteo questi presidi sono stati oggetto di lancio di oggetti e sotto la sede di AN c'è stata un'ulteriore scaramuccia con un agente che ha sparato anche un candelotto lacrimogeno. I segni del passaggio erano ben visibili sulle fiancate del blindato. Il corteo si é poi sciolto una volta raggiunta porta S. Stefano.

Dicevamo di una giornata di svolta, densa di significati. Erano diversi anni che a Bologna non si vedeva una manifestazione così numerosa. L'antifascismo militante sembrava essere un rudere del passato tanto che il solo evocarlo produceva la censura dei novisti dell'ultima ora. Questo tema era il cavallo di battaglia dell'ex PCI-PDS attraverso il quale questo partito teneva i legami con la sinistra politica e sociale in città. La giunta comunale ha pagato un alto prezzo politico sia nei confronti della destra alla quale non é riuscita a garantire l'agibilità di piazza sia nei confronti della città stessa alla quale, per le sue contraddizioni interne, non ha garantito l'ordine pubblico. Il Resto del Carlino (organo ufficiale del centro-destra bolognese) evocava gli "anni di piombo" per descrivere la giornata antifascista con un titolo a tutta pagina che denunciava "il centro in mano agli estremisti". Prefetto e Questore dovranno rendere conto ai commercianti bolognesi le "decine di milioni di danni" e la chiusura dei negozi il sabato pomeriggio che viene settimanalmente santificato dallo shopping in centro.

Tutta una serie di fattori che permettono di interpretare sotto nuova luce le mobilitazioni che abbiamo da tempo annunciato contro il vertice dell'OCSE che si terrà a Bologna dal 12 al 15 giugno prossimi e che, é nostra intenzione, dovrà essere sabotato "per ragioni di ordine pubblico".

redb



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