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Da "Umanità Nova" n.18 del 21 maggio 2000

Venezia: un convegno su anarchici ed ebrei
Storia di un incontro

L'auditorium di Campo Santa Margherita di Venezia è stato il suggestivo luogo nel quale dal 5 al 7 maggio si sono svolti i lavori del Convegno Internazionale di studi "Anarchici ed ebrei. Storia di un incontro". Esso è stato promosso e organizzato dal "Centro Studi Libertari. Archivio G. Pinelli" di Milano in collaborazione col "Centre International de Recherche sur l'Anarchisme" di Losanna, nell'intento di colmare almeno parzialmente la scarsità di ricerche e di dibattiti su un fenomeno di notevole interesse storiografico. Due culture a un primo e superficiale sguardo estranee, rivelano infatti punti di contatto e intrecci profondi, che gli interventi dei relatori hanno evidenziato, sia soffermandosi sui temi che il pensiero anarchico e quello ebraico condividono, sia centrando l'attenzione sui pensatori e i militanti che afferirono a entrambi. Spiccano così, da un lato, gli elementi comuni alle due culture: l'utopia, il messianesimo e il radicalismo a esso collegato; il comunitarismo, che in particolare rese l'ebraismo permeabile alle tematiche, veicolate da pensatori anarchici, dell'associazionismo mutualistico e del federalismo; infine un'etica della liberazione, legata alla prefigurazione di un avvenire radicalmente nuovo. Da un altro lato, affiorano i nomi di coloro che incarnarono nel pensiero e nell'azione le due culture, pur con differenze e specificità: da Emma Goldman a Gustav Landauer, da Martin Buber a Erich Mühsam a Bernard Lazare.

Nella prima sessione del convegno, coordinata da Gianpietro Berti, Chaim Seeligmann, già studioso presso le università di Gerusalemme e di Tel Aviv e oggi membro dello Yad Tabenkin Center di Tel Aviv, ha messo in luce il legame tra utopismo, messianesimo e anarchismo, sottolineando che il messianesimo moderno, laico e con contenuti sociali, è precipuamente anarchico.

Furio Biagini ha parlato del legame tra utopia sociale e spiritualità ebraica, sostenendo che in alcuni aspetti della civiltà ebraica sono chiaramente riscontrabili elementi dell'anarchismo: in epoca moderna le due culture si incontrano nell'utopismo rivoluzionario, nel quale risalta la tensione etica di un progetto per un mondo più giusto. È toccato a Enrico Ferri dell'Università di Roma Tre affrontare il dibattito svoltosi nella sinistra hegeliana sulla "questione ebraica". Egli ha ricostruito la posizione di Marx, Feuerbach, Bauer e in special modo di Stirner, del quale ha evidenziato la concezione esaltante la liberazione dell'individuo da tutto quanto gli si opponga quale soggetto unico, concezione che affonda le radici nella pur criticata tradizione ebraico-cristiana. Eric Jacobson, della Freie Universität di Berlino, ha svolto il tema dell'anarchismo di tradizione ebraica concentrandosi sulle prime elaborazioni teologico-politiche di Walter Benjamin e Gershom Scholem. Lo studioso ha ravvisato nell'anarchismo ebraico l'idea di rivoluzione quale liberazione dal dominio e dalla gerarchia. Nella stessa direzione, concludendo la prima giornata, Jacob Goren ha tentato di rintracciare elementi anarchici nel primo giudaismo, soffermandosi sul concetto di comunità, che vi si configura quale società senza Stato.

Nella seconda sessione del convegno, intorno all'intervento di Michael Löwy, hanno apportato contributi interessanti altri importanti studiosi. Rudolf De Jong, dell'Istituto Internazionale di Storia Sociale di Amsterdam, ha trattato il tema "Anarchismo, sionismo e antisemitismo" e ha messo in evidenza come la maggior parte degli anarchici rifiutassero l'antisemitismo, seppur con qualche eccezione (Proudhon e Bakunin, per esempio) sulle quali pesa una generale disattenzione. Daniel Grinberg, dell'Università di Bialystok, ha poi proposto una relazione sul radicalismo ebraico in Polonia e Sylvain Boulouque, dell'Università di Reims, con attenzione specifica per Bernard Lazare, ha affrontato il problema dell'ebraismo libertario. Infine, ha fatto pervenire una relazione scritta sulla Lega Razionalista Ebraica e l'anarchismo in Argentina, Gregorio Rawin, della Biblioteca José Ingenieros di Buenos Aires. Attraverso la figura di Kafka, Löwy ha svolto una relazione su anarchismo ed ebraismo nella Mitteleuropa. Sin dalla fine del 1800 apparve nell'Europa centrale una corrente all'interno della cultura ebraica attratta dall'utopia libertaria: da un lato, legati alla componente religiosa dell'ebraismo, spiccano i nomi di Martin Buber, G. Scholem, Leo Löwenthal; da un altro lato, non religiosi, compaiono Gustav Landauer, Ernst Bloch, Erich Fromm. In Kafka, secondo Löwy, permangono sia elementi del messianesimo ebraico sia l'utopia libertaria: nella sua opera, l'antiautoritarismo e la critica dello Stato in ogni sua forma convergono non per dar vita a una dottrina politica, bensì a uno "stato d'animo", a una sensibilità critica, a una rivolta spirituale.

La terza sessione è stata aperta da una comunicazione di Siegbert Wolf dell'Università di Francoforte sulla relazione intellettuale tra Landauer e Buber. I due anarchici tedeschi furono legati da una solida amicizia, interrotta solo dalla morte di Landauer, ucciso nel 1919 durante la repressione della Repubblica dei Consigli in Baviera. Buber, editore di parte delle opere dell'amico, portò avanti nel movimento dei kibbutz le comuni idee: il ruolo della comunità quale motore della rivoluzione; l'attenzione posta sull'educazione; un'etica di emancipazione che non separa la crescita dell'individuo dallo sviluppo sociale. Mina Grau dell'Università Ebraica di Gerusalemme ha poi proposto alcune riflessioni sulla questione nazionale nel sionismo e nell'anarchismo, facendo affiorare le posizioni critiche di Kropotkin, secondo il quale il sionismo avrebbe distolto l'attenzione dalla rivoluzione sociale, e di Landauer, di cui la relatrice ha proposto la distinzione tra Stato, definito un "artificio casuale", e nazione, considerata invece un'esperienza di popolo. Hanno concluso la giornata tre interventi su esperienze più circoscritte: Yaacov Oved, dell'Università di Tel Aviv, ha parlato sul movimento dei kibbutz e l'anarchismo; Birgit Seemann, dell'Università di Francoforte, ha svolto una relazione sull'anarco-femminismo e il giudaismo; infine Francis Shor, della Wayne State University di Detroit ha affrontato il nesso tra anarchismo ebraico e comunitarismo negli Usa, attraverso l'esperienza di due comunità: Stelton e Sunrise.

Il convegno si è concluso con una tavola rotonda. Con gli interventi di militanti ed esponenti del mondo della cultura caratterizzati dalla duplice identità, il dibattito si è svolto partendo dalla considerazione che il moderatore, Pietro Adamo, del Centro Studi Libertari, ha illustrato con chiarezza: l'intreccio tra anarchismo ed ebraismo pone il problema di una "identità doppia". Gli interventi di Audrey Goodfriend, Jean-Marc Izrine, Judith Malina, Hanon Reznikov e Arturo Schwarz hanno portato il contributo parziale ma fondamentale della loro esperienza, senza la pretesa di risolvere la questione, ma con la consapevolezza che solo riannodando i molteplici fili che il presente trova spesso abbandonati e dispersi sarà forse possibile ricostruire una prospettiva di emancipazione umana.

Gianfranco Ragona



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