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Da "Umanità Nova" n.20 del 4 giugno 2000
Roma: manifestazione dei ferrovieri
Vagoni di rabbia
Solo pochi ed ostinati cultori della controinformazione sanno come
stanno le cose oggi nelle Ferrovie. Dal Perù alla Malesia, passando per
il Vecchio Continente, tutti i Governi, di qualsiasi colore politico, seguono
le direttive del Neoliberismo col suo lussureggiante carro di Organismi
internazionali (F.M.I., W.T.O., etc. etc.) che impone a tutte le
attività produttive pesanti ristrutturazioni allo scopo di soddisfare
pochi e grandi pescicani pronti ad impadronirsi di molte e piccole
società con lavoratori indeboliti da intimidazioni di ogni genere,
inasprimento degli orari e delle condizioni lavorative e divisi dai continui
spezzettamenti societari. Il concetto di servizio pubblico, alle orecchie dei
predicatori dell'Economia Globale, suona come una nostalgia anacronistica,
buona magari per imporre, tra il plauso generale, leggi contro il diritto di
sciopero, mai troppo severe per gli zelanti organi di informazione che le
annunciano trionfanti.
L'Italia, Paese che notoriamente ama l'esagerazione, non poteva essere da meno.
Così, accanto ad una gestione delle Ferrovie intenzionata ad una
divisionalizzazione anche più spinta rispetto a quella che viene portata
avanti in altri paesi europei, si procede con un attacco arrogante e rozzo ad
opera, appunto, della stampa confindustriale e governativa contro la categoria
dei Ferrovieri, colpevole, grazie alle lotte di molti lavoratori in un passato
più che mai attuale, di riuscire a mantenere unità contrattuale,
combattività e senso della dignità.
Tutto questo hanno voluto gridare in piazza a Roma i circa mille Ferrovieri dei
Sindacati di base e del Coordinamento dei delegati R.S.U. che venerdì 26
maggio si sono dati appuntamento alla Stazione Termini per dare vita ad un
corteo fino a Piazza della Croce Rossa, sede del Ministero dei Trasporti.
Un po' da tutte le parti d'Italia, da Novara, Genova e Trieste, a Bari, Napoli
e Palermo, con le bandiere arancioni dell'O.R.S.A., quelle gialle e rosse della
Federazione Lavoratori Trasporti Uniti, tanti macchinisti, capi treno, operai,
dirigenti di movimento, capigestione, ma anche pensionati F.S., tutti quelli
che un tempo erano chiamati "lavoratori del moto", hanno lasciato quei binari
sui quali lavorano 365 giorni all'anno 24 ore su 24 e hanno percorso le strade
della Capitale incipriata per il Giubileo. Niente invenzioni fantasiose.
Bastava lo strepito dei fischietti. Quello che contava era parlare, parlare in
mezzo alla gente con il megafono, esporre tanti cartelli, farli leggere, per
spiegare la situazione, per dire finalmente quello che la televisione e i
giornali tacciono.
"Diminuiscono i Ferrovieri, aumentano i Dirigenti (e i loro stipendi)",
"Ferrovieri e viaggiatori uniti nella lotta per un trasporto pubblico ed
efficiente": queste alcune delle molte parole d'ordine della manifestazione. Ed
era un sollievo, una liberazione, poterle gridare davanti alla grigia e
silenziosa sede del Ministero dei Trasporti, per spiegare a tutti che i
Ferrovieri sono lavoratori come tutti, che con il loro lavoro garantiscono ogni
giorno dell'anno, ogni ora del giorno, un servizio pubblico che una Dirigenza
incompetente e avida vuole smantellare servendosi anche della calunnia, facendo
passare da privilegiato chi lavora secondo turni sempre meno umani e per un
compenso sempre meno sicuro, al pari di quello di ogni altro lavoratore,
soggetto alla lotta di classe "globale" condotta da pochi veri e occulti
privilegiati.
Dai gradini a ridosso della cancellata chiusa del Ministero, sotto un sole poco
meno caldo dell'entusiasmo e della determinazione dei partecipanti, si sono
susseguiti gli interventi di tanti lavoratori ed esponenti dei Sindacati di
base. Non è mancata la solidarietà degli Autoferrotranvieri del
C.N.L.-Trasporti.
Accanto alla rabbia per la svendita di un mondo, quello della rotaia, costruito
dall'impegno e dalle lotte ormai secolari di tanti lavoratori conosciuti e
sconosciuti (diceva uno striscione: "Ridateci la nostra ferrovia") e ora in
mano a Dirigenti in gran parte ex-sindacalisti confederati che hanno fatto
carriera alle spalle dei Ferrovieri cui ora, ostentando un'austerità che
per loro stessi non vale mai, impongono di aumentare i ritmi di lavoro
riducendo la paga e gli organici, traspariva però anche il coraggio di
non arrendersi, il gusto di raccogliere una sfida decisiva, la gioia di sapere
che chi ti sta accanto è un compagno di lavoro e di lotta, insieme al
quale la tua voce può passare quelle mura e farsi sentire da chi
pretende di avere il potere di farti tacere.
Questo il tenore degli interventi, non solo di contenuto sindacale, ma anche
testimonianze personali di lavoratori più anziani, cronache di una
ferrovia modesta e dignitosa spazzata via dallo squallido livellamento del
profitto di un capitalismo sempre più asettico e insensato che cerca di
imporsi come se fosse una necessità naturale.
Ad un certo punto, un boato di esultanza ha salutato una bandiera dell'O.R.S.A.
che qualcuno, chissà come, è riuscito ad issare sul tetto del
Ministero.
Verso le 11, 30 è giunta la notizia che una delegazione dell' O.R.S.A.,
della F.L.T.U. e del Coordinamento Delegati R.S.U. sarebbe stata ricevuta dal
Sottosegretario ai Trasporti. "Si sono mangiati tutto, speriamo che non si
mangino anche loro!" è stato il commento dei manifestanti.
Non se li sono mangiati. I succhi gastrici del padronato sono potenti, ma i
Ferrovieri, dopo più di un secolo di battaglie, hanno imparato ad essere
indigesti. E stanno imparando che è ora che loro stessi insieme a tutti
i lavoratori sappiano organizzarsi nel Sindacalismo di base per lottare non
solo contro ogni sfruttamento ed ingiustizia, ma anche, ed è altrettanto
importante, contro il silenzio e la rassegnazione, l'arma più
formidabile dei potenti.
MB 2
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