unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.20 del 4 giugno 2000

Il fascino discreto della tuta bianca

Una delle caratteristiche dominanti nel mercato della politica di questi anni è sicuramente stato il cosiddetto "nuovismo" ossia il tentativo di rivendere come nuovi e quindi come "alternativi al vecchio" personaggi, partiti, ideologie o formule di governo tutt'altro che inediti; se Berlusconi e il governo Amato, con la sua compagine di post-craxiani, rappresentano i casi più eclatanti di tale riciclaggio, non meno inquietanti sono i risultati di questa operazione a sinistra, in cui dopo aver nichilisticamente sacrificato sull'altare della presunta morte delle ideologie il comunismo, la rivoluzione, l'antagonismo di classe, la lotta armata partigiana, etc. si è avviata una "revisione" che in realtà non ha fatto altro che recuperare - e in peggio - quello che la sinistra proletaria aveva rifiutato alla sua nascita, ossia l'idea di poter riformare gradualmente lo "stato borghese" dal suo interno, usando gli strumenti della partecipazione democratica e la mobilitazione popolare a sostegno delle sue rappresentanze politiche.

Questa visione della società e del modo di cambiarla, con tutte le sue possibili varianti da quelle filo-liberali a quelle riformiste più avanzate, è stata storicamente definita come "socialdemocrazia" ed in quanto tale il sig. Lenin ebbe a definirla come un rinnegamento degli ideali rivoluzionari di emancipazione della classe operaia, anche se in verità proprio in seno alla socialdemocrazia europea vi furono alcune tendenze di critica molto radicale come quelle espresse da Rosa Luxemburg.

Purtroppo però, l'attuale recupero della tradizione socialdemocratica, non vede come punto di riferimento la rossa Rosa, ma categorie molto più ambigue, registrando tra l'altro una sostanziale convergenza tra l'intellighenzia d'ispirazione veltroniana e i più dinamici settori di quella post-autonomia, ultima figlia più o meno legittima del professor Negri.

Per entrambe queste aree "di pensiero" il comunismo - come peraltro l'anarchismo e lo stesso operaismo - appartiene ormai alla bottega dell'antiquario, ma per superarlo attingono a piene mani dal rigattiere della storia, proprio come quelle ragazzine che credono di essere all'ultima moda indossando gli abiti delle loro nonne ex-figlie dei fiori.

Così questa frazione di quel partito-movimento che un tempo era Autonomia Operaia (ma anche i vetero-leninisti di Voce Operaia non hanno a riguardo opinioni molto diverse), siccome è difficile, problematico e inquietante analizzare le dinamiche della working class nell'era postfordista, si preferisce dire che non esiste più o che non ha più alcuna valenza rivoluzionaria, scegliendo quindi come "nuovi" soggetti un'indefinita "società civile" o i "lavoratori immateriali" del terzo settore. Conseguentemente, sul piano dell'agire, le lotte autonome, l'autorganizzazione sociale e persino il conflitto servono solo a rivendicare "nuovi diritti" che soltanto la "rappresentanza politica" può portare avanti sul piano istituzionale, magari barattandoli con un pugno di voti raccolti dentro i centri sociali "non estremisti" e "dialoganti", ormai ben noti per aver adottato la tuta bianca come propria uniforme.

Come prevedibile però, anche per chi ritiene "superata" l'ideologia e ha scelto di abbandonare "i cocci e i frammenti delle tradizioni rivoluzionarie che hanno attraversato la storia del XX secolo", rimane aperto il problema dell'identità e quindi torna senza pudore a quella "bottega dell'antiquario" per trovarvi qualcosa di non troppo screditato da indossare (vedi il sindacalismo rivoluzionario, il federalismo libertario o la critica foucaultiana...), oppure si ricorre a nuovi miti, comunque ben lontani dalla realtà contingente, quali il neo-zapatismo o l'opposizione anti-globalizzazione di Seattle, tali da far credere di non volere conquistare il potere né riconoscerlo, ma evitando di metterlo radicalmente in discussione e continuando a legittimarlo ad ogni scadenza elettorale, sino a rendersi come componente riconosciuta dei verdi sostenitori e complici del governo.

Ma se questo è il "nuovo" modo di fare politica, forse è preferibile ripartire dall'arco con le frecce

Kas.


Perle Verdi

"Il movimento di Seattle non c'entra nulla con il terrorismo (...). A Davos, assieme a José Bové, il leader degli agricoltori francesi, abbiamo preso il megafono e invitato a isolare quelli che spaccavano le vetrine. Ci siamo riusciti, con l'aiuto dei giovani del Centro sociale di Mestre (...) Io ho incontrato i ragazzi dei centri sociali di Mestre e Padova che erano stati tesserati da Manconi. Ho parlato con loro, gli ho detto che al primo atto violento sarebbero stati espulsi; poi ho ascoltato le loro ragioni. E infatti a Davos sono stati dalla nostra parte, non con chi tirava le molotov."

Grazia Francescato, parlamentare e leader dei Verdi
Intervista sul Corriere della Sera, 20 5 2000



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