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Da "Umanità Nova" n.21 del 11 giugno 2000
Contro i padroni del mondo
Internazionalismo libertario
La proposta dello scudo satellitare di difesa avanzata ultimamente da Clinton
ai partner europei e le sue recentissime dichiarazioni in merito alla
'devolution' e alle autonomie locali, non fanno che confermare la continua
ingerenza nord americana negli affari europei, soprattutto per mantenere nelle
proprie mani le chiavi del rapporto tra Est ed Ovest.
In un quadro complessivo di debolezza russa gli USA, infatti, continuano la
loro azione di erosione della sua area di influenza, allargando la NATO
nell'est europeo e sostenendo l'azione del governo turco nei confronti delle
repubbliche asiatiche già appartenenti all'URSS. L'atteggiamento di
sostanziale condiscendenza nei confronti del massacro dei ceceni, amplificato
da Putin, che su tale bagno di sangue ha costruito il suo momentaneo successo,
ma nel contempo ha messo le basi per un'altra, prossima, crisi sociale della
Russia (il richiamo alle vicende del dopo Afganistan è, a questo punto,
d'obbligo), evidenziano come tale erosione si accompagna ad una politica dei
tempi lunghi che gioca sul suo sfaldamento e la sua destabilizzazione.
Sul piano mondiale la continua aggressione all'Iraq, la crescita dell'impegno
militare in Colombia (questo paese è al terzo posto nel 'godimento'
degli aiuti militari USA, dopo Turchia ed Israele), le guerre africane,
continuano a tenere banco. In Africa, in particolare, si sta scatenando
un'offensiva dagli effetti disastrosi. La legge proposta da Clinton e
propiziata dalle maggiori multinazionali (Texaco, Mobil, Amoco, General
Electric, ecc.) denominata 'legge per la crescita e l'opportunità
dell'Africa' o 'Nafta for Africa', prevede che gli Stati africani si
sottomettano ai dettami politici ed economici del Fondo Monetario
Internazionale, per poter accedere a rapporti commerciali 'privilegiati'. Ogni
stato aderente dovrà ottenere la certificazione USA prima di ogni
investimento e per fruire dei 'benefici' derivanti dal commercio con gli USA
stessi; ma per ottenere la certificazione ogni governo dovrà ridurre
drasticamente le tasse sulle società straniere e nazionali, privatizzare
immediatamente i patrimoni ed i servizi pubblici, dare via libera all'economia
di mercato cioè all'apertura alle holdings straniere, consentire
l'accesso illimitato alle risorse naturali da parte delle compagnie straniere,
intraprendere politiche agricole che sostituiscano la produzione locale di cibo
con colture estensive destinate al mercato estero. Insomma una tragedia
colossale, ben peggio del MAI (Accordo Multilaterale sugli Investimenti), che
sprofonderà l'Africa in una situazione addirittura peggiore di quella
del periodo coloniale; e l'impoverimento africano non potrà che
rovesciarsi sull'Europa con tutte le conseguenze del caso. In America Latina un
processo analogo è in corso da tempo con conseguenze di più lungo
periodo, stante la situazione maggiormente sviluppata del continente
sudamericano. Ma anche lì l'apertura del mercato alle multinazionali a
condizione di favore, la privatizzazione a quattro soldi delle industrie
strategiche, la rottamazione dei servizi pubblici di base, l'elevazione dei
tassi d'interesse hanno comportato la concentrazione della ricchezza in poche
mani, l'aumento della povertà, la marginalizzazione dell'agricoltura, la
rovina delle piccole e medie imprese. La situazione messicana, la crisi
brasiliana ed argentina, le convulsioni venezuelana e peruviana, il conflitto
colombiano, la guerra civile latente in Ecuador e Paraguay, sono i principali
effetti di queste politiche di aggressione economica e di rapina sociale.
Se la relazione tra accumulazione del capitale ed opzione militare deve essere
oggetto di un'analisi più puntuale, non c'è dubbio che lo
scenario che si profila in questa fase è quello che vede una profonda
correlazione tra l'affermarsi di una politica di smantellamento degli istituti
del 'welfare' o, per meglio dire, di un attacco al livello di vita, di reddito,
di salute, ecc. delle classi popolari e la promozione di una politica di
attivismo militare, centrata sulla ristrutturazione complessiva delle forze
armate (esercito europeo, corpi d'intervento rapido, professionalizzazione,
ecc.), tesa a garantire che i processi di globalizzazione in corso non trovino
ostacoli, in un quadro particolarmente fosco dovuto alla presenza al governo
(nella gran parte degli stati europei) della socialdemocrazia e degli
ex-comunisti , ancora in grado di mantenere una presa sul mondo del lavoro e
sulle sue organizzazioni e di offrirsi come garanti credibili e particolarmente
servili.
Inoltre le politiche di aggressione si muovono in un contesto a loro favorevole
(conflitti regionali, etnici, religiosi, ecc.) con una società civile
che fa da spettatrice, manipolata dalle retoriche falsamente umanitarie e dal
potere mediatico, disposta ad accettare limitazioni alle proprie
libertà e ai propri diritti, per mantenere (o illudersi di farlo) gli
odierni livelli di consumo.
Il problema della costruzione dell'alternativa si pone, oggi, con
un'intensità non più eludibile.
Il fallimento della concezione statalista del socialismo, nelle sue versioni
autoritarie e riformiste, ha aperto tra il 'popolo di sinistra' la ricerca di
soluzioni alla drammaticità crescente della questione sociale, intesa in
senso planetario. Alcuni si rivolgono a destra, ripescando nelle ricette di un
liberalismo umanitario ormai datato qualche possibilità d'uscita, altri
cercano di rilanciare, nella 'rifondazione' di una pratica che non ha voluto
fare i conti fino in fondo con la teoria, il ruolo dello stato nazionale a
garanzia di un rinnovato patto tra capitale e lavoro. Ma la centralizzazione
dei processi decisionali, la circolazione di masse imponenti di capitali, lo
scardinamento delle economie nazionali, la riduzione dei poteri dei singoli
stati, non rende credibili queste opzioni. Non a caso è nei contenuti
dell'anarchismo maturo che oggi la parte più viva, più critica
della 'sinistra', in Italia come altrove, va ricercando, consapevolmente o
inconsapevolmente, materiali per costruire il futuro possibile.
Autogestione, municipalismo, federalismo, libertarismo, rispetto delle
libertà individuali come condizione fondamentale per lo sviluppo delle
libertà collettive, non sono più contenuti di un patrimonio
esclusivo di un movimento giudicato per troppo tempo residuale ma temi di
riflessione per un'azione politica possibile. All'interno di questa riflessione
sarebbe un errore ridursi al ruolo di custodi dell'ortodossia; dovremo invece
saper essere parte viva, agenti di una battaglia culturale, politica e sociale,
in grado di misurarsi con i problemi sul tappeto per elaborare soluzioni
praticabili in grado di aprire nuovi spazi di libertà e nuovi condizioni
di eguaglianza, sconfiggendo le tendenze neosocialdemocratiche ed
opportunistiche presenti nei movimenti d'opposizione.
In questa direzione il movimento anarchico internazionale sta dando segnali
importanti di ripresa di attività e di incisività, praticamente
in ogni parte del mondo. Sono ancora al centro del dibattito gli effetti della
mobilitazione di Seattle, che ha visto una partecipazione anarchica determinata
ed efficace, segno della ripresa libertaria negli USA. In Russia la
criminalizzazione e la repressione non impediscono agli anarchici di impegnarsi
a fondo contro la guerra di Cecenia e contro un regime definito apertamente
fascista. In America Latina è un continuo fiorire di gruppi, giornali,
mobilitazioni, che stanno mettendo all'ordine del giorno il problema del
coordinamento delle sempre più numerose iniziative sviluppate su scala
nazionale. In Europa , pur nella complessità e nel frastagliamento del
movimento, anarchico ed anarcosindacalista, si sono avute più occasioni
che gli hanno dato una significativa visibilità di piazza (a Lione come
ad Amsterdam, a Genova come a Roma, a Parigi come a Londra, a Praga come ad
Atene). E altri segnali provengono dalla Nigeria, ove si sta organizzando una
radio libera locale, dal Sudafrica , dal Libano, dall'Australia.
A questo punto diventa sempre più indilazionabile acquisire una
dimensione internazionalista nelle pratiche locali, una dimensione che
l'Internazionale di Federazioni Anarchiche cerca di promuovere nel
rafforzamento dei legami tra le organizzazioni aderenti e nella sollecitazione
ad un'iniziativa congiunta con l'insieme del movimento anarchico, che tenga
conto delle ricchezze e delle particolarità di ogni singola
realtà e che sia in grado di mettere a confronto, nel riconoscimento
reciproco, percorsi ed opzioni che hanno radici ed finalità comuni.
per il Segretariato dell'IFA
Massimo Varengo
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