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Da "Umanità Nova" n.22 del 18 giugno 2000

USA - UE: 1 a 0?

Negli ultimi giorni, e non a caso, riprende sui media il confronto sulle ragioni, le caratteristiche e le conseguenze del diverso andamento dell'economia statunitense rispetto a quella europea.

Per grandi linea, si possono individuare due partiti:

- quello neoliberale che guarda ammirato alla "vivacità" dell'economia statunitense e propone di applicare all'economia europea ricette analoghe. I neoliberali vantano, inoltre, lo sviluppo economico spagnolo come riprova dell'efficacia della loro ricetta (taglio della spesa pubblica, riduzione dei salari e dei diritti dei lavoratori, libertà piena per le imprese). In questo partito troviamo gran parte della destra politica ma anche non pochi esponenti della componente modernista della sinistra politica;

- quello socialdemocratico o renano che pone l'accento sui costi sociali del modello statunitense quali il crollo delle garanzie sociali, l'aumento della criminalità e del costo della repressione, il fatto che l'occupazione negli USA è cresciuta essenzialmente nei settori a bassa qualificazione e retribuzione, il peso di un'immigrazione legale superiore ad un milione di persone all'anno senza contare quella illegale, la crescita delle differenze di reddito fra i gruppi privilegiati e le classi subalterne. Alla componente socialdemocratica europea si alleano correnti della destra e del centro politici di cultura statalista.

Un aspetto interessante di questo confronto, per chi lo osservi da un punto di vista esterno, come nel nostro caso, è la sostanziale indifferenza della componente neoliberale nei confronti degli argomenti sollevati da quella socialdemocratica mentre i socialdemocratici cercano, in qualche modo, di tenere assieme l'esigenza di favorire l'accumulazione capitalistica con quella di garantire la tenuta dell'ordine sociale e, di conseguenza, di assumere in parte la proposta neoliberale.

I due modelli, in realtà, rispondono a due, contraddittorie, esigenze del capitalismo realmente esistente e cioè quella di accumulare profitti e quella di contenere le tensioni sociali che si danno sia sotto forma di conflitti fra lavoratori e capitalisti pubblici e privati che in quella di comportamenti "devianti" di vario genere.

I neoliberali sono, o sembrano, convinti che lo sviluppo del capitale garantisca di per sé la coesione sociale visto che la ricchezza prodotta dovrebbe ripartirsi, anche se in quote non omogenee, fra i diversi gruppi sociali e che gli individui più energici, compresi quelli appartenenti alle classi subalterne, dovrebbero trarre vantaggio dalle possibilità offerte da un'economia liberalizzata. I fautori di un capitalismo "sociale" fanno rilevare che l'abbattimento delle garanzie produce tensioni che, sul medio periodo, hanno un costo maggiore dei benefici che derivano dallo sviluppo economico e tentano di elaborare proposte tali da salvare esigenze che appaiono sempre più incompatibili.

Può valere la pena, a questo punto, di esaminare qualche dato.

- la media annuale delle ore lavorate negli USA è di 1833 contro le 1620 nell'Unione Europea (dati del genere andrebbero, comunque, corretti considerando il peso del lavoro a tempo parziale di vario genere e quello del lavoro nero);

- il tasso di disoccupazione negli USA è di circa il 4% contro più dell'8% europeo mentre il tasso di occupazione negli USA è dell'ordine del 70% contro il 50% dell'Italia. Una differenza simile si spiega sia con un'immigrazione di forza lavoro in gran parte a bassa qualificazione di oltre 10 milioni di persone negli ultimi anni (alla quale vanno aggiunti svariati milioni di immigrati illegali) che con il fatto che un lavoro senza diritti fa emergere il lavoro nero che tanto pesa nell'economia italiana.

In altri termini, è evidente che se un'impresa può assumere e licenziare quando vuole e non ha costi significativi per tasse e contributi avrà tutto l'interesse ad assumere legalmente un lavoratore che altrove troverà lavoro solo nell'economia sommersa ma è altrettanto evidente che il lavoro fatto emergere in questo modo vivrà le medesime condizioni del lavoro sommerso in termini di reddito e di diritti con l'effetto che le differenze rilevate dal punto di vista statistico non corrisponderanno alla realtà delle condizioni materiali della forza lavoro.

I dati sui quali pongono l'accento i fautori del capitalismo sociale sono noti:

- il sistema carcerario statunitense ha assunto dimensioni straordinarie al punto da divenire un settore importante della società e da contenere fra detenuti, loro famiglie, ex detenuti a rischio di rientro in carcere ecc. un intero gruppo sociale che, non a caso, comprende quote ampiamente più che proporzionali di nei, latini ecc... Un liberalismo che si tiene sulla base di un simile sistema carcerario suscita qualche dubbio anche in un borghese moderato;

- considerazioni analoghe si possono fare per un sistema sanitario che esclude formalmente decine di milioni di persone, per un sistema scolastico ampiamente degradato, per un tessuto urbano a rischio etc...

- lo stesso ricorso massiccio all'immigrazione se, da un lato, permette di tagliare i salari, dall'altro non fa che accrescere in tendenza le tensioni sociali.

è sin troppo evidente che lo scontro fra neoliberali a fautori del capitalismo "moderato" verte sul modo migliore di governare lo stesso ordine sociale. Un punto di vista radicale sullo stesso ordine di questioni deve porre l'accento su alcuni fatti:

- la crescita economica USA nel corso degli anni '90 è stata dell'ordine del 2,2% contro l'1,5% di quella dell'Unione Europea. di conseguenza il primato americano si pone nell'ambito di una fase di crescita ben inferiore a quella che ha caratterizzato l'età dell'oro del capitalismo che ha caratterizzato gli anni '50 e '60;

- questa crescita si basa su di un aumento netto dello sfruttamento, assoluto e relativo, dei lavoratori salariati per quanto riguarda l'orario di lavoro, le retribuzioni, i diritti sociali nonostante le favole belle sugli effetti benefici della "nuova economia" sulla produttività e sull'organizzazione del lavoro;

- la pressione del modello neoliberale sul tradizionale corporativismo democratico europeo non è solo e tanto il prodotto di un'egemonia culturale ma l'effetto di un modificarsi dei rapporti di forza fra i vari segmenti del capitale mondiale e degli stati e gruppi di stati;

- la frazione socialdemocratica del ceto politico mondiale non può che gestire, con qualche calmiere sociale, la deriva segnata dal capitale e le speranze si rilanciare un modello socialdemocratico forte sono destinate a non trovare conferme significative.

Di conseguenza, settori crescenti della working class saranno costretti a trovare nuove forme di azione e di organizzazione, forme di azione e di organizzazione sulle quali non è possibile fare previsioni puntuali ma che certo non potranno ripercorrere il modello classico della statalizzazione del movimento operaio.

Su questo terreno abbiamo uno spazio rilevante di elaborazione di proposta, d'azione.

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