![]() Da "Umanità Nova" n.23 del 25 giugno 2000 La battaglia di BolognaSul numero scorso avevamo commentato i primi due giorni della protesta bolognese contro il vertice dell'OCSE. Oggi siamo in grado di fornire un quadro completo delle iniziative prodotte e dei loro esiti. Il dato di fondo é che questo movimento, espressosi nelle strade e nelle piazze di Bologna, non si é dimostrato maturo e capace di assolvere ai "compiti della fase". Gli elementi di debolezza si sono evidenziati a partire dalla manifestazione nazionale di sabato 10 giugno di cui abbiamo già parlato la settimana scorsa. Nei giorni successivi questi elementi si sono accentuati. Infatti se pure é stato alto il livello della protesta, tanto da costringere il vertice all'interno di una fortezza difesa militarmente da oltre 4000 guardie armate, il movimento non é stato in grado di bloccare lo svolgimento della conferenza internazionale dell'OCSE. L'appuntamento di Bologna, come avevamo scritto, giungeva al termine di una serie di mobilitazioni contro i domini globali che si erano svolte ad Ancona, Firenze e Genova. Fra maggio e giugno di questo 2000 si davano le occasioni affinché il movimento anticapitalista ed antistatale desse prova di sé e riuscisse ad emulare le gesta che tanto scalpore avevano destato, compiute dai compagni e dalle compagne negli Stati Uniti. La manifestazione "alternativa" a quella sindacal-papalina il 1 maggio, la manifestazione antifascista del 13 maggio a Bologna, il fitto dibattito e la fitta corrispondenza nella "rete" sembravano segnalare la possibilità di una manifestazione significativa a Bologna. Di fronte a questo le manovre dei partiti di governo (in prima fila Verdi e Rifondazione e a ruota la "sinistra DS") si erano fatte avanti trovando ampi varchi nel movimento da parte delle componenti neo-riformiste delle "tute bianche" e dei centri sociali della Carta di Milano. Ad Ancona, Firenze, Genova e Bologna, la lotta non era solo contro padroni, sindacati di stato, prefetti e questori ma si doveva indirizzare anche contro questo ceto politico che si autonominava a leadership del movimento. Per noi, anarchici e autonomia di classe, la manovra era chiara e ci siamo immediatamente impegnati per contrastare sia sul piano dell'analisi che su quello della proposta e dell'organizzazione il progetto politico dei neo-riformisti. La risposta é stata una massiccia iniziativa di criminalizzazione sostenuta da questi figuri che, a partire dagli scontri di piazza del 13 maggio a Bologna in occasione della manifestazione antifascista, hanno voluto additare agli organi di polizia e di governo gli avversari politici da colpire e ridurre al silenzio. Così, in tutte le occasioni si sono prodotte fratture e distinzioni, concentramenti e cortei separati. Depotenziando il movimento non solo per le "trattative" ma nella precisa funzione di polizia del movimento stesso. Rispetto alle circa 7000 persone che si sono mobilitate a Bologna, mercoledì 14 giugno, la forza del movimento non sarebbe stata così annullata come é avvenuto grazie a queste logiche di delazione, dissociazione e divisione. Per riuscire a bloccare il vertice sarebbero state necessarie almeno 10.000 persone che, in una logica plurale, si coordinassero rispetto al raggiungimento dell'obiettivo di bloccare i lavori, dando vita ad almeno 20 presidi di circa 500 persone l'una. Il pur potente servizio d'ordine dello stato non avrebbe potuto bloccare la protesta a meno di innalzare esponenzialmente il livello dello scontro. La cronaca ci racconta, invece, che i presidi sono stati solo 3 e che ad uno di questi si sono radunate alcune migliaia di persone perché lì c'erano le telecamere. Al corteo del pomeriggio, indetto da CUB-RdB-Slai CoBAS e USI, i manifestanti di via Indipendenza non si sono uniti per bassi calcoli politici. Tutti questi elementi, ben chiari alle migliaia di compagne e compagni che generosamente hanno partecipato alle mobilitazioni bolognesi, saranno oggetto di dibattito e di chiarimento, fornendo nello stesso tempo nuovi elementi di lotta contro i neo-riformisti. Centinaia sono le testimonianze di "frustrazione" raccolte nel corso della giornata del 14. Lo sfogo di compagne e compagni che hanno compreso, dopo averlo vissuto sulla propria pelle, il ruolo delle dirigenze di movimento. Troppo tardi per bloccare l'OCSE ma non troppo tardi per ridare vita ad un movimento rivoluzionario in Italia che sappia raccogliere le sfide che, quotidianamente, lo stato ed il padronato lanciano.
Meno deludente é stata la presenza specifica degli anarchici. Pur non riuscendo, per limiti oggettivi, a contrastare la manovre politiche che si realizzavano nella sinistra marxista, i compagni e le compagne hanno saputo produrre iniziative, dibattito ed eventi che li hanno resi visibili nel movimento di opposizione con proposte, metodi, obiettivi e capacità organizzativa che i pregiudizi marxisti e borghesi non riconoscono all'anarchismo. Un bilancio, quello tracciato, che non può essere esaustivo e che evidenzia precise contraddizioni ma che non chiude, a giudizio di chi scrive, possibilità per il futuro. redb
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