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Da "Umanità Nova" n.23 del 25 giugno 2000
Brescia
Il permesso e le rose
Ci sono voluti quasi un mese di mobilitazioni, decine di migliaia di persone in
piazza, scioperi della fame, interventi repressivi e cariche della polizia
perché CGIL, CISL e UIL e la cosiddetta sinistra, con Il Manifesto in
testa, si accorgessero dei circa 55.000 (qualcuno però calcola 80.000)
lavoratori immigrati che, essendogli stata respinta la domanda per il permesso
di soggiorno, rischiano di piombare in uno stato di clandestinità che
è l'anticamera dell'espulsione, magari passando da uno dei famigerati
kampi di permanenza temporanea di cui persino Amnesty International si è
occupata nel suo ultimo rapporto riguardante le violazioni dei diritti umani in
Italia.
Così anche se, alla fine, il Ministero dell'Interno concederà
controvoglia un limitato e ricattatorio permesso di appena un anno a questi
immigrati, sarà comunque chiaro quale rimane la politica del governo in
materia d'immigrazione, rinviando la risoluzione del problema relativo a queste
decine di migliaia di immigrati costretti a lavorare "in nero" senza un
contratto e quindi aggraverà la situazione delle migliaia di
"clandestini", senza casa e senza un'occupazione regolare.
Contro la politica di questo governo di centro-sinistra che, perfettamente in
sintonia con le destre padane e tricolori, non vuole neppure prendere in
considerazione l'ipotesi di una necessaria sanatoria generalizzata, sognando di
poter controllare i flussi migratori attraverso un mix di accoglienza
subordinata alla domanda di manodopera e di misure da stato di polizia, l'unica
speranza di reale accoglienza risiede nella crescente capacità degli
immigrati di organizzarsi direttamente, difendere i propri diritti e collegarsi
con quell'opposizione sociale e di classe di cui anche noi siamo parte.
Per queste ragioni, le manifestazioni "nazionali" del 17 e 18 giugno a Brescia
(15.000) persone e a Roma (5.000), aldilà di ogni considerazione in
merito agli obiettivi e ai giochi politici di tanti "difensori" degli
immigrati, sono state di notevole importanza; infatti per chiunque segua da
anni la realtà dell'immigrazione, salta agli occhi come sia cresciuto
repentinamente il livello dell'iniziativa, comunicazione e solidarietà
delle e tra le singole comunità straniere (se si eccettuano le
tormentate migrazioni dai Balcani e dall'Est europeo), così come si sono
andate rafforzando le diverse associazioni e reti antirazziste, ormai in grado
d'essere un punto di riferimento ed organizzazione interetnica per migliaia di
immigrati e di rom, ed infine non è da trascurare il fatto che,
all'interno di questo processo, a fianco degli immigrati in lotta si trovano
esperienze collettive quali i centri sociali, il sindacalismo di base ed
organizzazioni su posizioni anticapitaliste o radicalmente antiliberiste,
piuttosto che l'associazionismo cattolico e i vari partiti di "sinistra", segno
che la solidarietà incontrando il conflitto può riservare ancora
delle sorprese.
Brescia in particolare, sabato 17, ha rappresentato tutto questo, sia con delle
contraddizioni (contro chi protestavano ad esempio, i Comunisti Italiani se non
contro se stessi?) sia e soprattutto con i suoi oltre 15.000 manifestanti, in
stragrande maggioranza immigrati, e la loro incontenibile voglia di vivere
senza dover chiedere il permesso a nessuno, voglia molto più in sintonia
con le bandiere anarchiche che con le mediazioni dei politici.
U.N. Reporter
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