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Da "Umanità Nova" n.23 del 25 giugno 2000

Corrispondenza dal Chiapas
Guerra a bassa intensità

Ai 70mila militari presenti in Chiapas, distribuiti in circa 300 accampamenti, si aggiungono di recente qualche migliaio di agenti della Policia Federal Preventiva, la stessa che a Città del Messico ha sgomberato di forza l'Università Autonoma occupata per più di dieci mesi dagli studenti, in lotta contro il caro-tasse (innalzamento delle tasse di iscrizione da 40 centavos a semestre, ossia 100 lire, a oltre 500 pesos all'anno, più di 100mila lire) e in genere contro la privatizzazione di un servizio pubblico la cui gratuità è garantita dalla Costituzione.

L'aria di militarizzazione del Chiapas è respirabile non appena si esce dal piccolo centro storico di S. Cristobal de Las Casas: ettari e ettari di terreno militarizzato, posti di blocco che mi riportano alla mente alcune scene del conflitto stato-mafia degli anni passati... E siamo pur sempre in una zona tranquilla, almeno per chi ha il look da turista. Certo, ci viene sconsigliato di recarci per alcune parti dove è possibile incontrare una temibile formazione paramilitare - il Mira, Movimento Indigenista Rivoluzionario Antizapatista, dove è opportuno tenere presente che "rivoluzionario" è l'aggettivo del partito di regime. Non sembri un controsenso, ma queste formazioni sono finanziate dalla "società civile", in genere ridotta al lumicino nei paesi di mezzo dello spettro globale delle nazioni del pianeta, e i cui ceti medi si schierano per l'ordine pubblico pagandosi la sicurezza in proprio, surrogando i lavori sporchi impresentabili dal pubblico, in pubblico.

Ma che le cose non siano ben messe per chi vive in Chiapas lo si vede anche da altri fattori: una ben nota, almeno a noi meridionali, tattica di stile democristiano, consistente nella spesa pubblica in alcuni settori visibili in cui è possibile impiegare manodopera a basso livello ma in quantità adeguata ad accaparrarsi il consenso, ossia l'edilizia e i trasporti, con la costruzione di edifici e strade, autostrade e palazzine. Esemplare il caso dell'autostrada che unirà Tuxtla Gutierrez con S. Cristobal, dimezzando il percorso dagli attuali 84 km a 42 km, un gran vantaggio se consideriamo che si viaggia ancora con mezzi più o meno approssimativi.

La seconda tattica è copiata dai manuali della "counterinsurgence" americani, consistente nel fare terra bruciata nella Selva Lacandona. Ma attenzione, terra bruciata in senso letterale, e non solo figurato. Vasti incendi stanno distruggendo i boschi dei Monti Azules, e non credo che, come invece è il caso dei forestali nostrani, siano gli indigeni a incendiare per assicurarsi il pascolo o per evitare l'espropriazione delle terre. Chilometri e chilometri di selva bruciata, quella visibile percorrendo le strade principali, stanno a significare la volontà di stanare gli zapatisti sottraendo loro il vantaggio dell'occultamento territoriale.

Gli armamenti di questa guerra a bassa intensità, in cui si succedono le provocazioni da addebitare ora all'Ezln, ora all'Epr - alcuni contadini trovati morti, sette poliziotti trucidati, in uno stillicidio continuo parallelo alla campagna elettorale per le presidenziali del 2 luglio e per le elezioni del governatore il prossimo mese di agosto - annoverano non solo la manipolazione di dissidi tra villaggi, tra famiglie indie, l'un contro l'altra armate, prendendo a pretesto la diversità di fede (gli evangelisti stanno penetrando con tutti i mezzi, leciti e meno leciti, in una realtà a forte prevalenza cattolica-animistica), ma altresì l'alcool. È verosimile che anche questa via sia copiata dalla storia del lungo conflitto genocidiario degli yankees contro i nativi pellerossa, sterminati dalle malattie, dai fucili loro venduti, ossia da una tecnologia estranea e poco assimilabile in tempi ristretti, nonché dall'alcool.

Contro questa panoplia di strumenti micidiali, il mondo amico del destino delle minoranze indigene e dei loro difensori oppone a forza una intensa luce accesa sui fatti, sugli eventi, sulle ragioni (si fa per dire) di quanto accade. È una piccola e precaria garanzia per prevenire una potenziale soluzione finale che leverebbe il fastidio a tanta gente in Messico protesa ad agganciare il treno della globalizzazione, che probabilmente manderà a casa il Pri dopo oltre 70 anni per sostituirlo con una formazione di centrodestra più liberista, il cui blocco sociale di riferimento aspira a poter spendere in loco i milioni accumulati e che una terra povera di consumi e sprechi non offre granché alla voglia di arricchirsi e di dominare economicamente.

La sola controinformazione ovviamente è insufficiente. Occorrerebbe una controffensiva sociale a livello planetario per inceppare le molle liberiste delle dinamiche nazionali, occorrerebbe la costruzione di condizioni minime di resistenza culturale sia in loco, sia nelle aree del dominio per non garantire impunità ai distruttori di vita di orwelliana memoria. Paradossalmente, la centralità del Chiapas nell'immaginario radicale mette per ora al riparo da chine fatali e irreversibili, tuttavia questa stessa centralità è a rischio di dissoluzione, specie perché essa funge involontariamente da elemento discriminatorio: perché il Chiapas sì e Timor Est no? La moltiplicazione delle terre violentate e delle popolazioni violate gioca a favore del dominio, che sfrutta la turnazione dell'attenzione dell'opinione pubblica planetaria per agire indisturbato ora qua, ora là, in direzione opposta rispetto ai riflettori accesi.

Allora la sensibilità doverosa e indispensabile per mantenere in vita la fiaccola della speranza deve coniugarsi con la costruzione puntuale e faticosa, paziente e lungimirante, delle condizioni di autonomia resistenziale che trovino effetti reali, e non solo simbolici, in pratiche di solidarietà fattiva e progettuale, nelle quali sperimentare la reciprocità di una donazione di senso libertario e liberatorio nella direzione di un arricchimento globale, a vario titolo e a livello differenziato, con cui riannodare le fila di un rapporto orizzontale tra nord e sud del mondo.

Massimo Tessitore



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