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Da "Umanità Nova" n.23 del 25 giugno 2000

I trasformismi dei centri sociali del Nord Est
Camminare, tesserandosi

Martedì 13 giugno i quotidiani di Padova hanno pubblicato una lettera aperta indirizzata a Grazia Francescato, con cui una quindicina di esponenti dei centri sociali del Nord Est, tra cui il loro immancabile portavoce, hanno rese pubbliche le loro dimissioni dai Verdi e la loro intenzione di "passare" a Rifondazione Comunista".

La notizia ha sorpreso molti, compresi diversi giovani di belle speranze vicini alle "tute bianche", ma non certo quanti da molto tempo sono costretti a seguire le derive e i trasformismi del ceto politico post-autonomo di Padova e dintorni.

Facciamo comunque un breve riassunto delle puntate precedenti.

Circa un anno fa, suppergiù 140 persone, in maggioranza aderenti ai centri sociali del Nord Est ed ex appartenenti all'autonomia padovana, formalizzarono la loro avversata adesione ai Verdi, inserendosi nello scontro politico in atto a livello nazionale all'interno di questo partito, a fianco delle componenti "rosso-verdi" facenti capo a Bettin, Corleone, Cento e Manconi; d'altra parte, tale operazione "entrista" servì ai centri sociali del Nord Est sia per darsi una nuova copertura istituzionale dopo il formale "divorzio" dal movimento del sindaco Cacciari (Do you remember "Liberare e federare"?) che per giocare un proprio ruolo nelle varie scadenze elettorali. Ma tale tatticismo ha dovuto misurarsi con le pesanti responsabilità governative assunte dai Verdi, specie nel periodo della "guerra umanitaria" e con la crescente subalternità dei Verdi verso il centro-sinistra, sancita anche dall'elezione alla segreteria della Francescato (WWF) al posto di Manconi, sicuramente si sono ridotti i margini di manovra per i "movimentisti".

Conseguentemente, seguendo il percorso già avviato dal Leoncavallo a Milano, è maturato quest'ultimo passaggio verso Rifondazione Comunista che sembra essere non soltanto un ulteriore tassello della politica di "reappresentanza" dentro i partiti della sinistra, ma fa intravedere la nascita di un nuovo partito-movimento della "società civile", da tempo caldeggiato da Il Manifesto, in grado di raccogliere trasversalmente verdi "di sinistra", centri sociali della Carta di Milano, settori DS, cattolici terzomondisti ed appunto Rifondazione Comunista che, pur risultando poco malleabile ed ancor meno disponibile ad autosciogliersi, risulta comunque indispensabile da un punto di vista organizzativo e di radicamento sociale.

Il debutto di questo progetto si è visto a Venezia alle ultime elezioni locali con lo schieramento "rosso-verde" a sostegno della candidatura a sindaco di Bettin, rivendicando la politica del comune di Mestre come progressiva esperienza di autogoverno e municipalismo (si veda l'ultimo numero di Carta), ma a livello nazionale i giochi sembrano tutt'altro che scontati, come testimonia l'accordo elettorale di desistenza raggiunto, quasi in segreto, tra Rifondazione e i DS.

Il passaggio dei post-autonomi, col loro leader televisivo, al partito di Bertinotti appare quindi da un lato il tentativo di rafforzare la componente interna di Rifondazione favorevole a questo processo costituente, mentre dall'altro è il prezzo da pagare a favore dell'identità antagonista, di partito dell'opposizione sociale, che Rifondazione si è andata costruendo, e questo riconoscimento gioca peraltro a favore di quanti al suo interno sostengono l'idea di un "allargamento" del partito piuttosto che accettare quella di un suo scioglimento dentro una nuova aggregazione o confederazione.

Di fronte a queste intuibili manovre, comunque di vertice, quello che però appare ancora una volta sconcertante è il modo in cui certi "rappresentanti" operano disinvoltamente sugli scenari della politica senza dover mai rendere conto delle azioni a quella "sinistra sociale" a cui si richiamano.

Sarebbe infatti interessante ad esempio che, una volta tanto, venisse fuori cosa pensano a Padova le sezioni della zona industriale e i militanti di base di Rifondazione Comunista riguardo le intese tra il loro segretario e un'area politica che non perde occasione per teorizzare, in nome della fine delle ideologie, la rottamazione del comunismo e la scomparsa della classe operaia.

Un compagno di Vigodarzere



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