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Da "Umanità Nova" n.25 del 9 luglio 2000

Carcere. Liberi Tutti!

Premetto subito che ho un'enorme difficoltà a rapportarmi con tematiche connesse a sconti o cancellazioni di pene: innanzitutto perché ho una differente visione del concetto di delitto rispetto a quella corrente definita dagli orientamenti giurisprudenziali (codici penale e civile) dell'ordinamento giuridico italiano e degli stati presenti sul globo terrestre; in secondo luogo perché ho una diversa visone del concetto di pena, all'interno della quale non trovano ragion d'essere né pene capitali né torture né carceri. In terzo luogo perché si tratta di un'istanza concessa dalla "benevolenza" del Potere, che non si fa problema d giocare sulla pelle dei reclusi, di quelli in attesa di giudizio, delle loro famiglie, dei loro amici ed utilizzare, come avviene oggi, la dignità delle persone come merce di scambio per futuri accordi elettorali. E' disgustoso, a questo proposito, vedere come i diesse vogliano scartare, dalla proposta di indulto, i reati connessi allo scippo ed ai furti in appartamento (i fini elettorali sono chiari) e come, dall'altra parte, guarda un po', il Cavaliere leghi insieme la futura legge elettorale e l'attuale provvedimento di sconto delle pene, per capire se concedendo un po' di qua si possa ottenere qualcosa anche di là. Infine, credo, come ho sempre pensato, che il garantismo dei politicanti sia sempre stato a senso unico: molto alacre a depenalizzarsi quando occorre ed altrettanto veloce nel penalizzare i reati di 'povertà' contro la proprietà privata, i reati contro la morale pubblica ed i reati politici anti-sistema: non è un caso che, abbandonata l'ipotesi dell'amnistia, a Forza Italia non interessi più di tanto il tema dell'indulto, giacché i propri affiliati soffrono di problemi legati ai carichi pendenti più che dalla necessità di uscire dalle patrie galere. Di conseguenza a ciò prevarrà la linea dura, 'socialmente tranquillizzante', della Lega Nord e di Alleanza Nazionale, coadiuvata, a sinistra, dai forcaioli della maggioranza, alla cui testa capeggia il ministro dell'Interno Bianco.

Il brodo di cultura ove sguazza il dibattito sull'amnistia e sull'indulto è quello che si è andato a creare nell'ultimo decennio a proposito della "guerra sicuritaria", che in primo luogo agisce come azione di terrorismo psicologico sulle coscienze attonite della cittadinanza e poi come realizzazione concreta di pacchetti legislativi e di azioni restrittive e costrittive sulle persone in carne ed ossa: come non aver notato le insistenti campagne mass-mediatiche sulla criminalità extracomunitaria, sui delitti di innamorati, sugli accoltellamenti di madri, nonne, genitori per poi costruire i nuovi centri di detenzione, le espulsioni facili, le manette on-line e così via.

La seconda ragione storico-culturale risiede in quella che fu, e che tuttora permane, la "legge del difetto": più sono le norme violabili, sia per la loro quantità che per la loro inapplicabilità, più si è in difetto e, quindi, ricattabili dal potere costituito. Questa modalità di governo venne applicata con successo e da allora mai interrotta dalle occupazioni spagnole in terra italica a partire dal 1600 Il principio è molto semplice: io Potere so che non potrai mai rispettare alcune norme, o per ché non le conosci o perché sono talmente allucinanti da non poter trovare attuazione o perché non le vuoi rispettare (contrarietà etico-politica): te ne lascio trasgredire un po', fintanto che non rompi le uova nel paniere, ma al momento buono le uso contro di te. Questo principio del perenne difetto ha avuto da contrappunto nella storia repubblicana un secondo elemento riconducibile più che altro alla governabilità andreottiana, ovvero la "distribuzione democratica della colpa": io rubo molto, faccio intrighi e porcate di ogni genere, però ne lascio anche a te nella misura in cui conti sia come individuo che come realtà associata. Non ci sarebbe nemmeno da dire che da questo pacchetto alcuni milioni di persone ne sono state lasciate fuori.

Sarebbe poi doveroso discutere anche di come la nozione stessa di reato sia utile a produrre e riprodurre le variegate forme di controllo sociale: dall'assistenza sociale...agli apparati repressivi dello stato (giudici, avvocati, guardie, poliziotti e carabinieri, carceri, esercito...): altrimenti si rischierebbe, con enorme gaudio, di avere un sacco di persone disoccupate.

Se il brodo è quello sopradescritto, la cornice la fa sicuramente il Giubileo delle carceri, così come la fece il Giubileo dei lavoratori: ancora una volta a fianco della misericordia terrena si affianca la misericordia "divina" di un capo di stato (il Papa) e di uno stato (il Vaticano) che non hanno mai perso il gusto di ricordarsi dei torti altrui se non di quelli propri, con assoluzione piena (depenalizzazione ultraterrena) laddove ce ne fosse bisogno e con mesto giustificazionismo storico (di massacri, di roghi, di inquisizioni...) ogni qual volta se ne presentasse l'occasione ("non si poteva che fare così, coi tempi che correvano"). Basti solo ricordare che agli inizi degli anni '90 dello scorso secolo (1900) nello stato Vaticano vigeva nella giurisdizione corrente la pena di morte: stiamo parlando di sette - otto anni fa.

Ma ritorniamo un attimo sui provvedimenti in questione: sia l'amnistia che l'indulto sono istituti di diritto penale che si configurano come manifestazione del potere di clemenza e giustificati, sul piano dell'opportunità pubblica, da situazioni eccezionali (es: sovraffollamento carceri). L'amnistia estingue i reati e quindi fa cessare l'esecuzione delle pene principali e di quelle accessorie, compresi quelli in attesa di giudizio, mentre l'indulto condona in tutto o in parte la pena inflitta, senza estinguere pene accessorie ed altri effetti penali della condanna. La recente legge costituzionale 1/1992 ha modificato, non a caso, l'art. 79 della Costituzione, prevedendo che l'amnistia e l'indulto siano concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti delle camere, senza che a questa segua il decreto del Presidente della Repubblica, come era originariamente previsto. L'indulto e l'amnistia sono provvedimenti complementari: il primo consentirebbe al 21% dei carcerati di uscire dalle parie galere (14.000 detenuti) e di ridurre la pena per altri 22.000 circa. La seconda estinguerebbe immediatamente centinaia di migliaia di reati e chiuderebbe i fascicoli di alcuni milioni di fascicoli (circa 5) non ancora aperti.

Vi possono però essere dei retroscena. Il "pacchetto sicurezza" che rappresenterebbe il grimaldello dell'applicazione dell'amnistia (nel caso in cui F.I. appoggi il governo) o dell'indulto, contiene in se quegli elementi di politica carceraria "strutturale" che permetterebbero al governo di superare l'emergenza sovraffollamento e, contemporaneamente, proseguire nella strategia della "guerra sicuritaria" che prevede, secondo i tecnici del ministero, la costruzione di 50.000 nuovi posti carcere nei prossimi 5 anni. La capacità di carcerazione del sistema si raddoppierebbe con la possibilità di appalto a società ONLUS del servizio di vigilanza e la trasformazione della polizia penitenziaria in un corpo di ispettori dei "secondini sociali"

Come, difficoltosamente, concludere: il disgusto per come stanno giocando su di noi rimane intatto, la speranza è comunque quella che un po' di persone traggano beneficio dalla "benevolenza di Regime" (non me la sentirei di fare il puro sulla pelle altrui), in maniera piena e completa, ben consapevole di due cose: l'unica strada è la soppressione completa delle carceri e dei sistemi repressivi e di controllo, ma che per costruire ciò oltre che ad un "salto rivoluzionario" occorra anche fare un "salto antropologico": ovvero dar forma ad un'umanità nova.

Pietro Stara



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