unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.25 del 9 luglio 2000

Permessi di soggiorno
Quel maledetto pezzo di carta

La mobilitazione avviata dai lavoratori immigrati di Brescia contro il respingimento delle domande di permesso di soggiorno probabilmente registrerà una vittoria a metà: infatti, al momento in cui vengono scritte queste note, pare che il Ministero dell'Interno si sia impegnato - sia pur controvoglia e tenuto sotto tiro dalle destre - ad accogliere le richieste di permesso di soggiorno che erano state già giudicate valide al momento della presentazione (circa 20.000) e a riesaminare le altre (intorno alle 33.000).

Delle oltre 50 mila domande respinte e senza risposta (ma secondo il valzer delle cifre ufficiose potrebbero essere 52, 55 e 80 mila), secondo il Viminale circa il 12% sarebbero comunque inammissibili per mancanza o falsità della documentazione; inoltre è prevedibile che tale discrezionale concessione riguarderà le Questure delle città dove la mobilitazione è stata più forte (Brescia, Roma, Napoli, Firenze...) e in considerazione anche dell'impatto che la "linea Dura" avrebbe sul sistema economico e produttivo di certe aree.

Ovviamente poi, questa parziale concessione sarà indirettamente usata per aumentare la pressione poliziesca sugli immigrati "irregolari" e, considerata la sua durata limitata, esporrà quelli che hanno un'occupazione ai ricatti di padroni e padroncini; premesso ciò, se questa piccola e per molti aspetti contraddittoria conquista è tutt'altro che "la sanatoria buonista" paventata dai fascisti, leghisti e poliziotti di ogni colore, è comunque un risultato tutt'altro che scontato ed è stata occasione che ha portato migliaia di immigrati ad organizzarsi autonomamente e ad essere finalmente protagonisti di un movimento di lotta, solidarietà, rivendicazione e visibilità.

Questo aspetto, assai interessante per tutti coloro che come noi ritengono centrale la questione dell'autorganizzazione sociale, non è certo passato inosservato anche agli occhi vigili della controparte governativa e si è cercato, in vario modo, di indebolire questo processo.

Per intere settimane infatti si è fatto il possibile per ignorare l'iniziativa di lotta partita da Brescia nella speranza che si esaurisse da sola, nonostante che fin da subito abbia visto una considerevole presenza d'immigrati in piazza con intere comunità solidali a loro fianco, quando poi questa lotta ha cominciato a farsi vedere e sentire, materializzandosi in un primo corteo di tremila persone e costituendo un punto di riferimento a livello nazionale, allora su decisione del Ministro dell'Interno Bianco, dopo un incontro operativo col sindaco Corsini (DS) di Brescia ha giocato la carta della repressione, attuando un Celere sgombero del presidio permanente di Piazza della Loggia e il fermo di centinaia di immigrati; obiettivi dell'operazione erano probabilmente due: eliminare il principale punto di aggregazione e visibilità della protesta e provocare una risposta "violenta" utile per criminalizzare immigrati e antirazzisti.

Nessuno però è caduto in questa trappola e, dopo aver pacificamente rioccupato la piazza, seguiva un secondo corteo di circa cinquemila persone che, nonostante uno smisurato schieramento di polizia, dimostrava la propria forza e la propria intelligenza, seguito da quello ancor più grande (circa 15.000 persone) del 17 giugno.

Il tutto senza neanche un incidente a cui appigliarsi per chiudere ogni spazio politico come qualcuno aveva sperato e forse anche programmato secondo un copione ormai conosciuto; infatti tale "deludente" risultato è costato la rimozione del questore Arena, similmente a quanto avvenuto già a quello di Firenze, che ha chiesto pubblicamente "Dovevo caricare mentre stavano parlando?... lascio la città senza una vetrina o una macchina rotta; ma soprattutto senza una testa rotta".

Parallelamente a questa tentata soluzione con la forza e la criminalizzazione, il governo di centrosinistra sta però giocando un'altra carta, quella della "concertazione" attraverso CGIL, CISL e UIL nel tentativo di controllare e soffocare l'esperienza autonoma di organizzazione diretta degli immigrati; basti dire che il ministro Bianco, dopo essersi ripetutamente rifiutato di incontrare le delegazioni di immigrati giunti apposta da Roma per discutere con lui del problema dei permessi, ha accettato invece di discuterne amabilmente con una delegazione del sindacato che, troppo facilmente, si è preso il diritto di mediare e rappresentare quei diritti dei lavoratori immigrati in base alla domanda di manodopera delle imprese.

In tale disegno di normalizzazione liberista, fatta di controllo dei flussi migratori ed espulsioni sistematiche per tutti quelli che non servono al sistema produttivo o che non si adeguano alle regole del Nostro "vivere civile", rientra peraltro anche la proposta demagogica dei DS di concedere il diritto di voto agli immigrati "regolari", mentre la persistente vergogna dei kampi di permanenza temporanea - messi sotto accusa anche da Amnesty International - sembra già rimossa nella cattiva coscienza di una "sinistra" già tornata a far finta di non sapere, mentre la "destra" sogna di estendere tale modello a tutta la società.

Tutti comunque d'accordo: il lavoro rende liberi.

Kas.



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