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Da "Umanità Nova" n.26 del 3 settembre 2000

Caso Prieto
Hasta la vista, compañero!

Il compagno libertario Jaime Jovanovic Prieto avrebbe dovuto partecipare ai dibattiti in programma durante il Campeggio Anarchico a Querceta (un resoconto del quale verrà pubblicato sul prossimo numero di UN, NdR), sia perché era sua intenzione incontrarsi con i compagni italiani sia per far conoscere l'interessante realtà di alcune esperienze autogestionarie popolari in Brasile, ma ciò non è stato possibile in quanto, dopo alcuni giorni di arresto su mandato internazionale è stato costretto a rientrare in Brasile, sotto l'esplicita minaccia di un provvedimento di espulsione da parte delle autorità italiane.

La sua vicenda merita senz'altro di essere conosciuta, perché dimostra una volta di più le tante e persistenti connivenze che legano il governo italiano e quello cileno, perché Prieto è un cileno che insegna e risiede in Brasile come esule politico, in quanto già appartenente al movimento della sinistra rivoluzionaria M.I.R. i cui militanti sono stati ferocemente assassinati e perseguitati dal regime fascista di Pinochet.

Prieto, nello scorso luglio, era quindi giunto in Italia dal Brasile con un visto Schengen della durata di tre mesi, su invito del Campo antimperialista organizzato anche quest'anno in Umbria da "Voce Operaia", ma il 6 agosto viene arrestato dalla Digos di Perugia , su mandato internazionale dell'Interpol, con l'accusa di aver partecipato nel lontano 1983 all'attentato in cui venne ucciso il famigerato generale Carol Urzua.

Dopo 17 anni il mandato di cattura internazionale viene così eseguito, con zelo di miglior causa, dalla polizia italiana. Subito dopo l'azione armata contro il generale Urzua, i servizi segreti militari cileni avevano scatenato l'operazione Punto 30 durante la quale furono catturati 7 militanti del M.I.R. e 5 di loro vennero assassinati; per sfuggire a tale ondata di rappresaglia Prieto e altri 3 compagni si rifugiarono presso la Nunziatura Apostolica di Santiago e da qui ottennero un salvacondotto per la Colombia dove iniziarono la loro vita di esuli.

La sua scarcerazione avveniva pochi giorni dopo su precise disposizioni del Ministero dell'Interno, forse imbarazzato del ruolo di secondino per conto di Pinochet che si stava assumendo di fronte all'opinione pubblica, e la richiesta d'estradizione in Cile veniva respinta il 10 agosto dalla Corte di Appello di Perugia in quanto in contrasto con l'articolo 10 comma 4 della Costituzione, dato che quello contestato al cileno era da ritenersi un reato politico, giudicato in Cile da tribunali speciali e per il quale è prevista la pena di morte. Il caso veniva così "risolto" all'italiana, mentre la stampa già ricordava il caso Ocalan e la mobilitazione in solidarietà di Prieto stava velocemente montando anche a livello internazionale, grazie all'impegno degli organizzatori del campeggio antimperialista, di Rifondazione Comunista e di varie realtà dell'antagonismo sociale.

Purtroppo è andata persa l'occasione di un incontro diretto con questo compagno, ma contiamo di mantenerci in contatto e di pubblicare prossimamente un suo contributo.

M. R.



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