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Da "Umanità Nova" n.26 del 3 settembre 2000

Inform@zione

Palermo: espulsione di un immigrato gravemente ferito

Il 17 luglio 2000 si è consumato a Trapani l'ennesimo dramma umano legato all'assurda politica repressiva dell'Italia nei confronti degli immigrati.

Larbi Mathati, cittadino tunisino, già ricoverato all'ospedale di Trapani per le gravissime fratture riportate alle gambe in seguito a un tentativo di fuga dal CPT "Serraino Vulpitta" avvenuto 40 giorni prima, è stato prelevato dal suo letto, trasportato con un'ambulanza al porto e immediatamente espulso dall'Italia insieme ad altri 14 immigrati provenienti dal CPT.

Alla drammatica scena hanno assistito alcuni compagni dei Coordinamenti per la pace di Trapani e Palermo.

Dopo un teso confronto con i funzionari di polizia incaricati di operare il prelievo, nonostante le palesi condizioni di immobilità e sofferenza in cui versava Larbi, non c'è stato alcun modo di bloccare la procedura di espulsione. Per tutta la mattinata si è cercata una mediazione, e bisogna rilevare l'inaudito atteggiamento del Comune di Trapani che, interpellato sulla situazione, si è rifiutato nella persona dell'assessore alle Politiche sociali di trovare una sistemazione, anche provvisoria per Larbi nel centro d'accoglienza cittadino. La vicenda ripropone ancora una volta con urgenza la necessità di coagulare quante più forze possibili a livello regionale e nazionale per combattere le politiche apertamente razziste del governo italiano.

Ciò che importa è tenere viva l'attenzione sui problemi legati all'immigrazione e lavorare concretamente per l'abolizione della legge 40/98, la chiusura dei Centri di permanenza temporanea e la libera circolazione degli individui.

FAS Palermo

Trapani: pressioni istituzionali per la riapertura del lager chiuso in luglio

Con la chiusura del Vulpitta di Trapani, sequestrato dalla magistratura dopo gli esposti delle associazioni antirazziste, erano stati chiusi tutti gli otto centri che erano stati aperti in Sicilia a partire dall'estate del 1998 (Agrigento, Messina, Caltanissetta, Catania, Ragusa, Termini Imerese, Pozzallo, Trapani) ma purtroppo alla fine di agosto sono stati riaperti i centri di Caltanissetta ed Agrigento ed è di questi giorni la notizia di forti pressioni esercitate da organi istituzionali per ottenere - sull'onda dell'"emergenza sbarchi estivi in Sicilia", il dissequestro e la riapertura del centro di detenzione amministrativa per stranieri "Serraino Vulpitta di Trapani posto sotto sequestro e chiuso per ordine della magistratura a seguito delle indagini sul rogo del dicembre 1999 a causa del quale sei immigrati, trattenuti nel centro, persero la vita.

Il Prefetto di Trapani, dopo avere appreso della propria incriminazione per omicidio colposo plurimo anziché dimettersi, si è messo alacremente al lavoro per salvare " la sua creatura", che si è rivelata luogo di sofferenza e di morte.

Amria

Il rimpatrio "volontario" per i profughi kosovari

La Questura di Palermo, e presumibilmente altre questure italiane, stanno diffondendo una nota informativa su un "Programma di assistenza al rimpatrio volontario dei profughi del Kosovo" organizzato dall'OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) "d'intesa con il Ministero dell'Interno e con L'Alto Commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (ACNUR)", allegando anche un formulario in diverse lingue per la presentazione delle istanze.

L'iniziativa delle Questure è scorretta nei contenuti, nelle forme, nei tempi.

Non si chiarisce che accanto alla possibilità di chiedere asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra è possibile comunque chiedere un permesso per motivi umanitari ex. art. 5.6 del T.U. del 1998 sull'immigrazione.

Chi non voglia domandare istanza per ottenere lo status di rifugiato potrebbe essere così indotto a ritenere che il rimpatrio "volontario" in Kosovo sia oggi l'unica possibilità offerta per evitare la clandestinità in Italia.

La nota informativa viene distribuita, senza una comunicazione alle associazioni, ma direttamente ai kosovari che si recano in questura per avere notizia della proroga dei permessi di protezione temporanea, che contano invece di restare ancora nel nostro paese.

Appare infine scorretto che la stessa nota venga distribuita mentre non è ancora stato emanato il decreto di proroga dei permessi umanitari già concessi in base ai precedenti decreti, e senza che le Questure diano una sia pur minima informazione al riguardo.

Si doveva provvedere entro il 30 giugno ed il ritardo dimostra quale sia il reale intento del governo: spingere i profughi del Kosovo verso il rimpatrio più o meno "volontario".

Inutile dire che il riferimento al "processo di normalizzazione" in corso in Kosovo, contenuto in un passo della nota appare irriguardoso di fronte alle decine di morti, soprattutto Rom, ma anche profughi rientrati in Kosovo e saltati sulle mine o uccisi in agguati, e rispetto alle tante vittime delle migrazioni clandestine: da ultimo la povera bimba kosovara lasciata morire su uno scoglio in Adriatico.

Fulvio Vassallo Paleologo, ASGI Palermo

Campeggio antirazzista in Sicilia

Si è svolto dal 23 al 30 luglio a Marzamemi, all'estremità sud-orientale della Sicilia, il campeggio nazionale di lotta organizzato dal movimento antirazzista siciliano. Un centinaio di compagni, in rappresentanza di una trentina di gruppi e associazioni siciliane e del Meridione con qualche compagno proveniente da Roma, Firenze e Pisa, ha dato vita e forza, sotto la canicola estiva, a una settimana di dibattiti, mobilitazioni, incontri che hanno attraversato gran parte dell'isola. Il numero esiguo di compagni (dovuto a molte ragioni, non ultima l'invisibile barriera che nell'immaginario militante separa la Sicilia dall'Italia continentale), le provocazioni poliziesche, le difficoltà logistiche non hanno scoraggiato i compagni presenti, ma anzi ne hanno esaltato le capacità organizzative e di resistenza, culminate nel corteo del 27 luglio che ha attraversato la città di Trapani, all'altro capo dell'isola. Qui è stato possibile dar sfogo all'entusiasmo per l'ultimo successo conseguito dal movimento antirazzista siciliano: l'incriminazione del prefetto di Trapani e il sequestro del lager per immigrati "Serraino Vulpitta" dove, il 28 dicembre scorso, sono morti in un incendio 6 immigrati nordafricani. Mesi di mobilitazioni, di denunce e di pressioni, estese su tutto il territorio isolano e condotte in maniera unitaria da gruppi anche molto diversi fra loro, ma rispettosi delle differenze, erano finalmente riusciti a liberare la Sicilia, purtroppo solo per poche settimana, dai famigerati Centri di Detenzione per gli immigrati. Esempio concreto rivolto all'intero movimento antirazzista nazionale, dilaniato da contrasti ideologici e tentativi di egemonia politica.

Da Catania a Marzamemi, da Trapani a Gela ad Avola, i compagni hanno cercato in vari modi di rendere visibile e incisiva la loro presenza sul territorio siciliano, non trascurando per questo le discussioni e i dibattiti al campo, dove si è parlato di immigrazione, lavoro e non lavoro, biotecnologie, militarizzazione del territorio. Questi dibattiti, parecchio partecipati e interessanti, fondandosi principalmente su uno scambio "orizzontale" di esperienze tra le realtà presenti, hanno dato luogo a proposte di nuovi incontri e di lotte in comune.

Al corteo di Trapani del 27 luglio, che ha rivendicato al movimento antirazzista l'iniziativa che ha portato al sequestro del "Serraino Vulpitta", ribadendo al tempo stesso la sua ferma opposizione ad una eventuale riapertura dello stesso e di qualsiasi altro lager di Stato, è seguita, il 28 luglio, la visita effettuata da una delegazione del campeggio al Petrolchimico di Gela per manifestare solidarietà agli operai in lotta. Il 29 luglio è stata la volta di Avola, dove i compagni hanno manifestato contro l'apertura di una nuova sede della "Adecco", multinazionale del lavoro interinale.

Il 30 luglio, nell'assemblea di chiusura, dopo aver rilevato la necessità di far crescere il movimento, sia in termini numerici e di iniziativa politica, che in termini di coinvolgimento delle stesse comunità locali di immigrati, ci si è dati appuntamento a Palermo, dall'11 al 16 dicembre, alle manifestazioni contro la Conferenza internazionale dell'ONU sulla criminalità, e a Trapani, il 28 dicembre, al corteo nazionale che si terrà in occasione del primo anniversario del rogo del "Vulpitta".

Natale Musarra

Padova: sgomberato e distrutto il Gramigna

Con la città semideserta, giovedì 27 luglio, alle prime ore del mattino è stato sgomberato e raso al suolo il C.P.O. Gramigna a Padova; smisurato l'impiego di mezzi e uomini (4 blindati, cinquanta agenti Celere e PS, operai addetti alla demolizione, un braccio meccanico).

Il "Gramigna" aveva occupato questo spazio nello scorso gennaio - l'ex deposito del Corriere Domenichelli, abbandonato da anni - dopo aver superato una serie interminabile di sgomberi sotto le diverse amministrazioni che si sono succedute, e era presto tornato ad essere uno dei pochi -se non l'unico- spazio d'aggregazione non-omologato, sia per diverse realtà antagoniste che per tante band musicali fuori dai circuiti commerciali e para-commerciali, dove era possibile ascoltare un concerto o bere una birra a prezzi accessibili anche alle tasche proletarie.

L'ordine relativo allo sgombero sembra provenire dalla proprietà che, dopo aver lasciato per anni in stato d'abbandono quest'area, adesso la vuole "libera" per le speculazioni miliardarie connesse alla costruzione di una zona residenziale a ridosso del previsto nuovo cavalcaferrovia, ma a fianco dei padroni della ex-Domenichelli c'è sicuramente la responsabilità politica di una giunta anticomunista e sbirresca come quella della sindaco Destro.

Nonostante la gravità dell'accaduto, davvero pesanti il silenzio della cosiddetta società civile patavina e il disinteresse dei quotidiani nazionali della "sinistra" (basti pensare alle prime pagine dedicate al "fu" Leonkavallo); evidentemente, la "falce e martello" dipinta sulla facciata rossa, oggi distrutta, del "Gramigna" oltre a causare qualche colica agli assessori Saia e Minorello, amici di Forza Nuova, creava imbarazzo anche alla "sinistra" postmoderna.

Da anarco-comunisti, pur storicamente avversi alla concezione autoritaria del partito-avanguardia, non possiamo non esprimere la nostra rabbia per la perdita di uno spazio dove i libertari erano accettati e rispettati in quanto tali.

Sabato 7 ottobre 2000 - manifestazione nazionale a Padova in solidarietà con il Gramigna - piazza dei Signori - ore 15.

Nabat FAI-Venezia



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