![]() Da "Umanità Nova" n.28 del 17 settembre 2000 Le fatiche del Sisifo ulivistaDa qualche tempo, per l'esattezza da prima dell'estate, l'attitudine della maggioranza parlamentare e del governo su di una serie di questioni di non poco conto sembra significativamente mutata. Di colpo, la sinistra sembra ricordare, appunto, che forse conviene essere un po' di sinistra o, almeno, dire qualcosa di sinistra come chiedeva, qualche anno addietro, il regista Gianni Moretti in suo film caratterizzato, come di norma, da un impianto noiosissimo e da qualche scena divertente. Le ragioni di questa svolta sono tanto evidenti quanto banali. È, infatti, chiaro a tutti che il buon risultato della destra alle elezioni regionali della passata primavera non deriva da una crescita di consenso alla "Casa delle libertà" ma dal crollo di quello all'Ulivo. L'astensione, insomma, ha colpito quasi esclusivamente la sinistra con effetti devastanti. Se la sinistra vuole avere una ragionevole speranza di utilizzare i mesi che ci separano dalle prossime elezioni politiche per risalire la china deve, di conseguenza, riconquistare, se non il consenso, almeno l'interesse di settori di quell'elettorato popolare che ha pagato, nel passato decennio, il prezzo della politica di rigore che la sinistra ha posto in essere su esplicito mandato del padronato nazionale ed internazionale. Possiamo cogliere tre elementi costitutivi del "nuovo corso" della sinistra: - l'accelerazione dell'occupazione delle posizioni di potere con l'operazione Telecom, quella Tele Montecarlo, la designazione di Gad Lerner alla direzione della RAI ecc., accelerazione che ha provocato orribili lamentele da parte di una destra che, la cosa va da sé, su questo terreno non ha nulla da imparare dalla sinistra; - una campagna mediatica che, accanto, alla classica retorica antifascista, sulla cui efficacia ai fini della conquista del consenso c'è da avere qualche dubbio, pone l'accento sui buoni risultati ottenuti dal governo di sinistra e su alcuni aspetti della questione sociale. D'improvviso la televisione di stato ed i giornali d'area hanno scoperto i morti sul lavoro, la disoccupazione, i privilegi ed i finanziamenti di cui hanno goduto le imprese; - soprattutto, la prospettiva di una legge finanziaria che non dovrebbe sottrarre risorse alle classi popolari ma, in misura limitata, riconsegnarne una parte, la promessa di contratti decenti per il pubblico impiego e quella di assunzioni di quote di disoccupati, sempre nel pubblico impiego. Dal punto di vista tecnico si tratta di un classico esempio di "prezzo della democrazia", praticato da decenni nelle democrazie industriali di tipo bipolare. Il governo fa una politica di rigore nei primi anni del suo mandato e allarga i cordoni della borsa negli ultimi mesi al fine di far dimenticare le passate malefatte e riconquistare quote di elettorato. La sinistra, insomma, non fa che applicare una regola aurea delle democrazie mature o, se si preferisce, marce, regola che, per la verità, spesso si rivela efficace. Un certo nervosismo della destra si spiega con la consapevolezza di questo pericolo e con il timore che una vittoria annunciata si riveli la classica disfatta reale. Questo è, comunque, un problema del ceto politico più che nostro. A noi, invece, interessa ragionare sulle modificazioni di scenario che, a breve, la politica di sinistra della sinistra andrà a determinare. In primo luogo, è bene tenere presente che le "concessioni" che il governo potrà fare saranno limitate dai vincoli di bilancio, dalla pressione degli interlocutori più forti (Confindustria, corporazioni della classe media, chiesa ecc.). In secondo luogo vi è una contraddizione fra esigenza di ridurre la pressione fiscale, riduzione che, fra l'altro, vede lo scontro fra chi la vuole alle imprese, chi al lavoro dipendente in genere, chi agli strati più poveri e quella di aumentare la spesa pubblica per rispondere a pressioni sociali altrettanto rilevanti. In terzo luogo, i processi di ristrutturazione di interi comparti industriali proseguono secondo un modello consolidato: finanziamenti pubblici, riduzione del personale, mobilità dei lavoratori anziani ed assunzione di giovani con contratti decisamente peggiori ecc... Un quadro preciso della situazione l'avremo con la presentazione della Legge Finanziaria che è attesa per fine mese. Come sempre, questa legge, sarà il prodotto della mediazione fra esigenze e pressioni contraddittorie e indicherà la direzione di marcia che la maggioranza ha scelto, nella misura in cui si può parlare di una scelta. Dal nostro punto di vista si tratta, di conseguenza: - di svolgere un lavoro di informazione critica sulla Legge Finanziaria e di individuazione delle questioni che solleverà; - di valutare con tempestività le aspettative che una politica "dolce" suscita e, soprattutto, susciterà in settori del lavoro dipendente e dell'universo della disoccupazione e della precarietà. È, infatti, noto che la speranza di concessioni mette in moto soggetti sociali normalmente passivi e atomizzati. Noi dobbiamo agire perché le mobilitazioni non si lascino ingabbiare da concessioni clientelari e corporative e vadano oltre la mediazione partitica. Alcuni assi di intervento sono da affrontare subito: - la questione delle libertà sindacali. La normativa antisciopero, come è noto, ha assunto caratteri liberticidi spaventosi. Si tratta di uno strumento volto a garantire al sindacato di stato il monopolio della rappresentanza. Una campagna politica su questo tema è urgente; - la questione delle retribuzioni. In diverse aree del paese vi è una situazione di piena occupazione che favorisce una pressione salariale forte ed efficace. Questa pressione va raccolta in una dimensione non locale. Dobbiamo opporci ai tentativi di reintrodurre, nei fatti e formalmente, le gabbie salariali e puntare ad una battaglia generale sulle retribuzioni e sul reddito; - il contratto scuola è a una svolta. La mobilitazione di febbraio contro il concorso indecente ha riportato una prima, parziale, vittoria. A settembre il governo presenterà le sue proposte per chiudere la contraddizione. Cercherà di tenere assieme qualche, modesta, concessione e la riaffermazione della necessità di un sistema di premi e punizioni per i lavoratori del comparto. Per di più, i presidi dirigenti stanno cominciando ad esercitare i loro nuovi poteri creando tensioni e resistenze. Va, di conseguenza, raccolto, rilanciato e riqualificato il contenuto antigerarchico della mobilitazione dei lavoratori della scuola. - è in preparazione uno sciopero del pubblico impiego per metà ottobre. Può essere l'occasione per allargare la mobilitazione all'assieme della legge finanziaria e alle questioni che toccano i precari e disoccupati, i lavoratori del trasporto, della telecomunicazione, ecc... Su questi temi invitiamo tutti a discutere, lavorare, coordinarsi. Noi, come al solito, faremo la nostra parte. Cosimo Scarinzi
|
Redazione: fat@inrete.it
Web: uenne@ecn.org