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Da "Umanità Nova" n.29 del 24 settembre 2000
Seattle, Melbourne, Praga, Davos, Porto Alegre, Palermo...
Opposizione Globale
Si è tenuto a Melbourne, in Australia, il Forum
dell'Economia Mondiale, che riunisce solitamente un migliaio tra presidenti e
amministratori delegati di imprese transnazionali, politici, studiosi e
giornalisti selezionati, al fine di discutere, in questo caso, della situazione
asiatica. Il Forum attira maggiormente la nostra attenzione di europei quando
si riunisce periodicamente a Davos (noto come sanatorio celebrato da Thomas
Mann nel suo capolavoro "La montagna incantata"), sulle Alpi svizzere, alla
fine di gennaio. Quest'anno la sua riunione è stata contestata da una
carovana del "popolo di Seattle", mentre l'anno prossimo questo popolo si
è dato appuntamento a Porto Alegre, in Brasile, per un Forum sociale
alternativo.
Anche a Melbourne, decine di migliaia di contestatori della globalizzazione e
del neoliberismo si sono radunati durante i tre giorni del Forum, dall'11 al 13
settembre, dando vita a blocchi stradali che, il primo giorno, hanno impedito
ad alcuni delegati ospitati in alberghi diversi dal luogo di celebrazione del
vertice (il Crown Casino) di recarsi all'inaugurazione, incluso il premier
conservatore dello stato dell'Australia occidentale che ospitava il Forum.
Come sempre in queste occasioni, il tono generale delle contestazioni è
stato fermo ma non-violento, a differenza del comportamento adottato dalle
forze dell'ordine, che inerti il primo giorno, si sono poi scatenate
soprattutto il 13 quando hanno caricato pesantemente gli attivisti seduti per
strada, picchiandoli di santa ragione. Osservatori, giornalisti presenti,
nonché gli stessi oppositori, hanno denunciato l'arroganza a freddo
delle cariche che hanno costretto circa 200 persone a recarsi per cure ai
pronto soccorso mobili preapprestati dagli organizzatori dei blocchi. Il tutto
dietro il plauso dei politici locali e di Klaus Schwab, fondatore del Forum.
È bene precisare che il Forum è una struttura esclusivamente
privata ed elitaria, che coopta per inviti, che detta l'agenda delle pressioni
lobbystiche delle imprese transnazionali nei vari organismi politici e
finanziari internazionali (Banca Mondiale, Fondo monetario internazionale,
Organizzazione Mondiale del Commercio), per cui suona una beffa che i cittadini
che pagano le tasse debbano pure sostenere i costi di tutela
dell'integrità fisica e intellettuale, per così dire, di questi
vip dell'economia mondiale.
Probabilmente questi loschi individui si sono rassegnati ormai a vivere con
l'incubo di Seattle ovunque si riuniscano, compreso quindi a Praga il prossimo
26 settembre, quando mezza Europa contesterà i lavori annuali del Fmi e
della Bm. È chiaro che la mobilitazione puntuale ad ogni vertice
più o meno formale significa l'impossibilità della discrezione
necessaria per conseguire accordi sulla pelle della stragrande maggioranza
delle popolazioni del pianeta, anche se la mobilitazione è appannaggio
quasi esclusivo delle genti del nord, mentre le conseguenze principali della
globalizzazione e del neoliberismo colpiscono più duramente i popoli del
sud (anche se al nord si comincia a fare sul serio quanto ad allargamento della
forbice tra ricchi e poveri, tra potenti e deboli, tra istruiti e ignoranti,
tra inclusi ed esclusi su tutta una serie di prestazioni sociale, economiche,
culturali, tecnologiche).
È altrettanto ovvio che il popolo di Seattle non potrà solo
ridursi a finanziare i tour operators per farsi spostare a destra e a sinistra
ogni qualvolta si terranno vertici planetari contrassegnati da gran dispendio
di denaro espropriato (lorsignori se lo possono permettere). Va quindi
perseguita una attività politica e sociale permanente, quotidiana e
localmente radicata per approfondire il divario di consapevolezza sulle nefaste
e genocidiarie politiche neoliberiste sia in campo economico-sociale, sia nella
sfera politica più specifica, con una superpotenza a dettare legge, e
alcune potenze interregionali e territoriali a fare da corona dell'impero del
Male (giusto per ritorcere sugli Usa l'etichetta inventata dall'ex presidente
Reagan nei confronti della defunta Unione Sovietica).
Se è vero, come recitava il manifesto di Melbourne, che "la resistenza
deve essere globale al pari del capitalismo", è però ovvio che
non è possibile né opportuno inseguire livelli di grandezza
commensurabili al potere planetario. Anzi, la strategia deve essere proprio
l'opposto: cercare di frantumare quel potere a partire dal radicamento
molteplice di nodi di elaborazione, progettazione concreta e sperimentazione
efficace di una serie di fatti politici, economici e sociali che dimostrino la
possibilità qui e ora di resistere nonché di spiazzare la
globalizzazione imperante, per praticare stili di vita, di lavoro, di
comunità, di cultura, di civiltà in una sola parola,
incompatibili con l'ideologia dell'omogeneità e dell'omologazione
assoluta. Questo mondo è insostenibile non solo dal punto di vista
ecologico, quanto esistenziale per ciascuno di noi, ed è ora che ogni
"ciascuno" si prepari ad attivare il proprio corpo ed il proprio cervello per
praticare una alternativa (non palingenetica) che inceppi un meccanismo
impazzito che riesce solamente a dimostrare come una sempre maggiore ricchezza
può essere prodotta e distribuita da e per una frazione sempre
più ristretta di individui, quasi sempre di pelle bianca, di sesso
maschile, di cultura (o logica) occidentale, di frequentazioni familiari
privilegiate, di posizioni di partenza fortuitamente benestanti.
Non possiamo più affidare il pianeta ad una infima minoranza di qualche
migliaio di individui. Il problema è rendere effettiva una maggioranza
inconsapevole di sé, debole e probabilmente psicologicamente succube dei
dominanti: l'annosa questione dell'interiorizzazione dell'ineluttabilità
del dominio da parte dei dominati. Ecco perché, quanto meno in questa
fase, le mobilitazioni internazionali che da Seattle a Praga, e prossimamente a
Marsiglia a metà novembre per il Vertice euro-mediterraneo, a Nizza ai
primi di dicembre per il Summit dei capi di stato dell'Unione Europea, e a
Palermo a metà dicembre per la stipula di una convenzione internazionale
sulla criminalità transnazionale propugnata dall'ONU, saranno
importanti.
Salvo Vaccaro
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