Da "Umanità Nova" n.30 del 1 ottobre 2000
Caccia ai pirati
Nuova legge sul copyright
L'approvazione definitiva di una nuova normativa sul diritto d'autore (Legge
248/2000) è stata apparentemente accolta con grande soddisfazione sia
dalle grandi multinazionali che da quelle associazioni (tipo la SIAE) che
traggono l'unica ragione della loro esistenza dal divieto di riprodurre
illegalmente quelle che vengono chiamate "opere dell'ingegno".
Anche i media di Stato hanno fatto la loro parte pubblicando in continuazione i
dati, ricavati dalle solite veline, delle perdite per centinaia di miliardi
(più di 1200 miliardi nel 1999) che l'industria subirebbe a causa dei
temibili "pirati" che duplicano abusivamente di tutto, dal libro di successo
alle borse firmate. Quasi nessuno ha invece segnalato che, negli Usa, nel primo
quadrimestre del 1999 è aumentata dell'8%, rispetto all'anno precedente,
la vendita di CD musicali ed il relativo fatturato.
Quello che tutti facilmente dimenticano è che l'industria della copia ha
bisogno di supporti e di macchine, e che la produzione e il commercio di questi
strumenti (che non sono clonabili) rappresenta una entrata non indifferente
anche per alcuni dei produttori che tanto si dovrebbero lamentare.
Per fare un esempio relativo ai CD, è facile verificare che molto spesso
il marchio stampato sui Compact vergini e sui masterizzatori (i duplicatori)
è lo stesso di quello impresso sui dischi "originali" che vengono
copiati. Vale a dire che le multinazionali guadagnano comunque, sia che si
compri un CD con la loro etichetta sia che lo si duplichi usando il loro
masterizzatore ed i loro CD vergini.
E non è un caso quindi che, intervistato a proposito della nuova legge,
il responsabile italiano di una notissima multinazionale (di quelle che
dovrebbero essere le prime danneggiate dalla pirateria) ha ammesso candidamente
che loro avrebbero preferito una riduzione dell'IVA dal 20 al 4% in quanto
coloro che comprano merce "copiata" non acquisterebbero comunque mai un
originale.
La principale novità della L248/2000, o meglio delle norme che
modificano la vecchia legge del 1941, sta nel fatto che adesso diventa
penalmente perseguibile, oltre al produttore ed al venditore, anche l'incauto
acquirente di una merce copiata che sarà soggetto a pene che vanno dalla
multa salata, alla pubblicazione del proprio nome sui giornali e, in caso di
ripetuta recidiva, persino al carcere. Vengono parallelamente aumentate le pene
per i falsificatori e viene imposto l'obbligo del "bollino" anche su prodotti
di autori non iscritti alla Società Italiana Autori ed Editori.
Vengono anche introdotti dei benefici per i "pentiti", viene creato un apposito
"Comitato per la tutela della proprietà intellettuale" presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri e, dulcis in fundo, tutti coloro che
hanno a che fare con una "attività di produzione, di duplicazione, di
riproduzione, di vendita, di noleggio o di cessione a qualsiasi titolo" di
materiali riproducibili vengono iscritti in un apposito registro in Questura.
Leggendo il testo del provvedimento legislativo salta immediatamente all'occhio
che questo affronta in modo alquanto ambiguo le nuove problematiche aperte da
uno strumento di comunicazione come Internet, dove si sono avute delle
modifiche radicali nel sistema autore-editore-fruitore, che difficilmente sono
tutte riconducibili nel contesto del sistema del diritto d'autore così
come è stato concepito fino ad oggi.
D'altra parte, la facilità della produzione di copie - legale o illegale
che fosse - ha sempre rappresentato un fondamentale incentivo alla diffusione
di massa sia di prodotti culturali che, soprattutto, delle tecnologie di
trasmissione dell'informazione: dall'invenzione della stampa è nata
l'industria editoriale e da quella del videoregistratore il mercato
dell'Home-Video.
La guerra contro la duplicazione abusiva, legata alla presunta sacralità
del diritto d'autore (cioè del suo sfruttamento commerciale) assume oggi
sempre più l'aspetto di una mera questione di principio legata a
ribadire un potere che sfugge sempre più di mano piuttosto che una reale
necessità economica. Anche perché, paradossalmente, la completa
scomparsa dei "pirati" rischierebbe di frenare lo sviluppo innovativo e
causerebbe danni economici allo stesso sistema mercantile.
Pepsy
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