|
Da "Umanità Nova" n.30 del 1 ottobre 2000
Scuola
L'autunno del nostro scontento
L'onda lunga dello sciopero del 17 febbraio e il particolare quadro politico
generale, elezioni a dicembre delle rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU)
nella scuola ed elezioni politiche a primavera del 2001, concorrono a
determinare una situazione che, per grandi linee era perfettamente prevedibile
e della quale vanno compresi bene i possibili sviluppi affinché una
possibile vittoria non si trasformi in una sostanziale sconfitta.
Il governo, infatti, dichiara da mesi che vanno investite importanti risorse
per la spesa pubblica a carattere sociale (compresa, questo va da sé,
quella per la sicurezza) e che le retribuzioni degli insegnanti devono iniziare
ad avvicinarsi a quelle medie europee. Queste dichiarazioni determinano attese
in ampi settori della categoria degli insegnanti, attese che possono favorire
una rilevante mobilitazione. Le stesse recenti e reiterate esternazioni in
questo senso del Ministro Di Mauro concorrono a creare un clima di tensione che
non va, in alcun modo, sottovalutato.
L'andamento concreto delle trattative contrattuali accelera l'emergere delle
contraddizioni. Le risorse previste nella Legge Finanziaria per la scuola
pubblica non sono sufficienti nemmeno a coprire l'erosione delle retribuzioni
del personale nel corso degli ultimi anni né, tanto meno, a garantire un
aumento delle retribuzioni stesse. Il rischio, di conseguenza, è che si
ottenga una pizza, corrispondente a 30.000 lire medie di aumento, com'è
stato da più parti rilevato, ed un impegno per aumenti futuri che non
vale più della carta sulla quale è scritto.
L'indecente gioco delle parti fra governo e sindacati di stato è tanto
semplice nelle sue forme quanto pericoloso nei suoi effetti. Dopo che si
è parlato di risorse per circa 700 miliardi, il governo ne offre 400 per
circa un milione di lavoratori, è bene ricordarlo. I sindacati di stato
si sollevano indignati e chiamano la categoria alla mobilitazione. È
possibile che ritirino lo sciopero del 9 settembre o che lo facciano, non
possiamo, ad oggi, saperlo ma è evidente che si tratta di una commedia
dal finale scontato: una "grande vittoria" consistente nella conquista dei 700
miliardi e, quindi, di una pizza e mezzo. Il tutto nel mentre non si è
sciolto il nodo della destinazione delle risorse previste per il concorso
indecente che avrebbero dovuto essere distribuite nel corso del 2000 e vi
è il serio rischio che la divisione degli insegnanti in salvati e
sommersi continui ad essere perseguita con mezzi solo apparentemente meno
micidiali come il concorso di scuola.
Dobbiamo dare per scontato il fatto che settori significativi dei lavoratori
della scuola si illudano sul ruolo dei sindacati di stato e guardino con
speranza allo sciopero del 9 settembre ed alla mobilitazione "unitaria" dei
lavoratori della scuola. D'altro canto, non deriva da questa constatazione di
fatto la conclusione che si debba, in alcun modo, essere accondiscendenti verso
questa illusione. L'unità dei lavoratori, a livello categoriale ed
intercategoriale si costruisce, appunto, fra lavoratori e su precisi obiettivi
e non fra organizzazioni e nella confusione più totale. Senza
ambiguità dobbiamo denunciare il ruolo, l'azione, le manovre dei
sindacati di stato. Non sarà sempre un compito facile ma noi non
esistiamo per affrontare compiti facili.
Sul versante del sindacalismo alternativo, e la situazione, ma non è una
novità, è complicata. Non riteniamo opportuno tediare i nostri
lettori con la descrizione di scelte e di percorsi organizzativi rispettabili
ma non centrali dal punto di vista dell'autorganizzazione sociale. In estrema
sintesi, la pressione di varie forze politiche, in primo luogo il PRC, e
sindacale (SNALS e Alternativa Sindacale della CGIL) per uno sciopero
"unitario" e che comprenda anche il sindacalismo di base è forte e
corrisponde, come si è detto, ad un comune sentire fra i lavoratori. Da
più parti, questi segnali di "apertura" trovano risposte di carattere
interlocutorio. Il rischio, insomma, è quello di un'ammucchiata o, se si
preferisce, di una notte nella quale tutte le vacche sono nere con una
piattaforma dello sciopero assolutamente schizofrenica o talmente vaga da non
significare nulla e con i sindacati di stato in grado di gestire lo sciopero
per il finale previsto (da 700 miliardi a 400 e da 400 a 700).
L'altro problema, ancora più delicato, è quello di una chiusura
categoriale con venature corporative. La Gilda, come è noto, non
è proprio un soggetto sindacale amante dell'eguaglianza fra i
lavoratori, per usare un eufemismo, e la scarsa attenzione a questo aspetto
della battaglia contrattuale da parte di settori del sindacalismo alternativo
segna un punto di debolezza. È, questo, un segno delle difficoltà
attuali sul quale sarà opportuno ritornare.
Oggi, c'è da costruire la mobilitazione e da difendere alcuni precisi
contenuti:
- la rivendicazione di reali aumenti salariali;
- l'opposizione alla gerarchizzazione dei lavoratori della scuola,
- l'organizzazione sindacale, scuola per scuola, dei lavoratori del comparto,
- l'opposizione ai presidi dirigenti,
- la difesa dell'occupazione e della qualità del servizio.
Su questi temi dovremo caratterizzare la nostra azione cercando di favorire
l'organizzazione dal basso dei lavoratori e degli studenti.
Cosimo Scarinzi
| |