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Da "Umanità Nova" n.31 del 8 ottobre 2000
Caso Olivera
Desaparecida la decenza
Il 6 agosto scorso, all'aeroporto di Fiumicino, veniva fermato dalla polizia
italiana l'ex maggiore dell'esercito argentino Jorge Olivera, soprannominato
'El Tigre', mentre stava prendendo l'aereo per fare ritorno in patria. Causa
del fermo, un mandato di cattura emesso dalla magistratura francese che accusa
Olivera del sequestro di Marie Anne Erize, una cittadina franco-argentina,
avvenuto il 15 ottobre 1976 a San Juan in Argentina . Torturata e violentata,
Marie Anne non fece più ritorno a casa, il suo corpo non venne mai
trovato ed il suo nome è andato ad aggiungersi alle migliaia di
desaparecidos della sporca guerra contro la "sovversione".
Ma l'illusione che venisse finalmente sollevata la pesante coltre di
complicità e di silenzio che ha circondato gli orrendi delitti delle
giunte militari argentine, benedette dalla Chiesa cattolica, ha avuto breve
durata. Dopo nemmeno un mese e mezzo di comoda detenzione il primo militare
argentino arrestato all'estero per crimini commessi durante la dittatura,
è stato infatti rilasciato su ordine della Quarta Corte d'Appello di
Roma. La magistratura italiana giudicante, nelle persone dei giudici Maria
Luisa Carnevale, Serenella Siriaco e Massimo Michelozzi, ha infatti ritenuto
che fosse valido un certificato di morte presentato dalla difesa dell'Olivera,
teso a dimostrare la decadenza dei termini per il reato di sequestro di
persona.
Secondo la giurisprudenza infatti il reato di sequestro è un reato a
carattere permanente finché la vittima non viene ritrovata. Il
certificato di morte di Anne Marie, stilato in data 1976, dimostrerebbe quindi
che il corpo è stato ritrovato a suo tempo e che, quindi, la richiesta
di estradizione non ha più validità. Al più, una volta
accertata la causa di morte, potrebbe venire stilata una richiesta di
estradizione per omicidio, ma per fare questo ci vorrebbe tempo.
Quel tempo che i solerti giudici italiani non hanno voluto aspettare,
contraddicendo quel luogo comune che vuole la giustizia italiana lenta e
farraginosa. Invece con incredibile rapidità i nostri hanno:
- accettato una richiesta di certificato (e non un certificato vero e proprio),
grossolanamente falsificato, riguardante la vittima, prendendolo per buono,
nonostante venisse presentato dagli avvocati del suo carnefice e costruendo,
grazie ad esso, la sua via di fuga;
- rigettato la richiesta di estradizione francese facendo valere il fatto che
in Italia il limite per il sequestro di persona è di 15 anni, oltre i
quali il reato cade in prescrizione. Ma in realtà i 15 anni non sono
stati ancora superati (Olivera è stato inquisito 13 anni fa a Mendoza
per i suoi crimini). Non solo, l'articolo 8 della convenzione europea
sull'estradizione stabilisce di dare priorità ai criteri dello Stato
richiedente (e per la Francia la gravità di questo reato non decade
mai).
Così lunedì sera, 18 settembre, in tutta fretta "El tigre" ha
preso in tutta fretta il primo aereo per Buenos Aires per ritornare nella terra
che, grazie alle due leggi infami del Punto Finale e dell'Obbedienza Dovuta, ha
garantito ad assassini e torturatori la quasi completa impunità (in
queste leggi infatti si sono dimenticati di includere l'amnistia per la
sottrazione di minore, dei bambini cioè tolti ai genitori assassinati ed
allevati dalla famiglia dei boia).
Olivera aveva già usufruito di tanta benevola clemenza nel corso del
processo che lo aveva visto imputato a Mendoza e non aveva perso occasione,
grazie alla sua professione di avvocato, di attivizzarsi in favore di Erich
Priekbe quando il criminale nazista venne arrestato a Bariloche, sulle Ande
argentine.
In Italia altrettanta benevolenza l'ha ricevuta prima dal collegio di difesa
capeggiato dall'avvocato Augusto Sinagra, già difensore del capo della
loggia massonica P2, Licio Gelli, poi dai Giudici romani.
Ed è proprio la presenza di Sinagra a gettare un'ombra sinistra su tutta
la vicenda. È ben nota infatti l'importanza della massoneria in tutta la
storia delle due sponde del Mar del Plata, tra Montevideo e Buenos Aires; una
presenza significativa, condizionante, per lo sviluppo di quell'area, diventata
via via sempre più retrive in sintonia con l'avvento, nella massoneria
stessa, di interessi e tendenze, puramente affaristiche e criminali,
autoritarie e reazionarie. Se è ben noto il ruolo di Gelli non solo in
Italia, ma anche oltreoceano, altrettanto non si può dire di altri
personaggi che hanno rivestito un ruolo significativo nella storia recente
dell'Argentina. È il caso di Emilio Massera, in odore di P2, a capo
della giunta militare golpista del 1976, oppure dell'ex generale Suarez Mason,
anch'egli piduista, e guarda caso difeso dall'avvocato Olivera nel procedimento
relativo alla sottrazione di minori.
Per completare il quadro fonti giornalistiche rivelano che ad aspettare El
Tigre alla sua uscita da Regina Coeli per accompagnarlo all'aeroporto c'erano
uomini dei servizi segreti italiani. L'ombra delle fughe di Kappler e di Licio
Gelli pare proiettarsi con chiarezza sulla liberazione di Olivera.
In questo quadro che cosa ha fatto il governo? Questo governo diretto erede di
quello che consegnò di fatto Ocalan ai suoi aguzzini? Questo governo che
non solo non ha concesso alcun diritto di asilo al militante del MIR accusato
dai fascisti cileni di un attentato ad un responsabile della dittatura
pinochettista, ma che lo ha incarcerato per poi espellerlo dal proprio
territorio? Questo vergognoso governo sedicente progressista? Come al solito ha
retto il moccolo alle trame reazionarie, preparando di fatto il terreno ad
azioni ancora più sfacciate.
E tutto questo in un momento in cui la CIA riconosce il proprio ruolo di
fiancheggiatrice nel golpe cileno del 1973 ed in tutti quelli che seguirono,
dall'Argentina all'Uruguay; un momento in cui la commissione per i diritti
umani del Brasile ha sollevato il caso del dittatore del Paraguay, Alfredo
Stroessner, al potere per 35 anni, grazie a violenze e torture; un momento in
cui anche in Cile l'opposizione è riuscita a far tremare la struttura
del potere pinochettista; ebbene il governo più di sinistra che il
nostro paese abbia mai avuto non sa fare altro che palesare qualche ipocrita
stupore.
Intanto Olivera, giunto a Buenos Aires, accolto dai suoi camerati nel salone
dei VIP dell'aeroporto ha avuto modo di dichiarare: "non c'è stata
repressione in Argentina e tanto meno trentamila desaparecidos, al massimo
saranno stati ottomila". Chiaro?
Massimo Varengo
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