Da "Umanità Nova" n.32 del 15 ottobre 2000
Un mondo a parte
Riflessioni sul rapporto ONU sulle donne
Il 20 settembre è stato presentato il rapporto "Lo stato della
popolazione nel mondo 2000", curato dall'UNFPA (Il Fondo della Nazioni Unite
per la Popolazione). Il rapporto fornisce molti dati riguardo al condizione
della donna nelle varie parti del mondo e descrive un mondo che purtroppo non
è per noi sconosciuto, come invece hanno affermato vari giornali. La
situazione della donna è sconosciuta solo per chi non l'ha mai voluta
vedere ed ha chiuso occhi, orecchie e cuore.
Il rapporto titola: "Vivere insieme in mondi separati: uomini e donne in un
periodo di cambiamenti". Mai titolo fu più appropriato nel ricordare le
estraneità e le incompatibilità delle donne con il mondo attuale,
il nostro sentirci straniere nelle società che cercano di
rappresentarci, anche se probabilmente il loro intento era diverso. (Piccola
noticina: anche qui si parla di uomini e donne, non certo di donne ed uomini ).
ALCUNI DATI
Il rapporto sottolinea alcuni dati, probabilmente stimati per difetto, ma
significativi. In tutto il mondo almeno una donna su tre è stata
picchiata, costretta ad avere rapporti sessuali o a subire abusi di altro
genere, nella maggioranza dei casi da parte del partner o da un familiare. In
alcune parti del mondo la differenza comincia già nell'utero materno: si
calcola che alla popolazione mondiale manchino circa 60 milioni di donne a
causa di aborti selettivi per sesso.
Il rapporto riconosce (con decenni di ritardo rispetto al movimento femminile)
che molte culture giustificano la violenza contro le donne. I motivi più
diffusi sono: non obbedire al marito, rispondere a tono, rifiutare i rapporti
sessuali, non far trovare il pasto pronto puntualmente, non prendersi cura dei
figli o della casa, interrogare l'uomo in merito al denaro o alle sue amicizie
femminili, andare da qualche parte senza la sua autorizzazione.
In India il governo calcola che ogni ora una donna venga stuprata e ogni giorno
14 vengano uccise dalla famiglia del marito. Negli Stati Uniti ogni 15 secondi
una donna viene violentata tra le mura di casa. 5 mila donne sono uccise ogni
anno per i cosiddetti "delitti d'onore". In molti casi i colpevoli non vengono
puniti o subiscono solo lievi condanne.
Mezzo milione di donne ogni anno muore per le complicazioni collegate al parto
o alla gravidanza: il 99% nei paesi in via di sviluppo. Ogni anno 38 milioni di
donne dell'Asia, America Latina e Africa non ricevono alcuna assistenza durante
la gravidanza ed oltre 52 milioni di donne partoriscono senza la presenza di
levatrici, infermiere o medici. Ciò determina lesioni e malattie in
milioni di donne e ha conseguenze anche sui neonati, contribuendo ad 8 milioni
di nati morti e di decessi neonatali ogni anno (si pensi solo a quanto invece
si è speso in Italia in cure mediche, impianti mass mediatici, ecc., per
garantire la nascita spettacolare di 8 gemelli).
Il rapporto calcola che ogni anno si effettuano 50 milioni di aborti, di cui 20
milioni in condizioni di rischio (e le cifre sono sicuramente sottostimate): il
risultato sono 78mila decessi e milioni di donne che subiscono lesioni. Si
ipotizza che circa un terzo delle gravidanze (pari ad 80 milioni all'anno), sia
indesiderato o capiti al momento sbagliato.
La disuguaglianza tra uomini e donne ha anche contribuito ad aumentare
l'epidemia di Hiv/Aids, specie nei paesi africani dove il numero delle donne
sieropositive è maggiore di 2 milioni di quello degli uomini e le
ragazze sono esposte al rischio di contrarre il virus 6 volte di più dei
loro coetanei maschi. Ciò soprattutto perché l'idea di
"virilità" incoraggia i comportamenti a rischio degli uomini.
Sul campo della contraccezione solo un quarto circa dei metodi anticoncezionali
è affidato all'uomo (preservativo e vasectomia) o richiede la sua
collaborazione (coito interrotto o astinenza periodica). Negli ultimi 10 anni
l'uso dei contraccettivi da parte degli uomini è molto diminuito,
riducendosi dell'11% rispetto al 1987. Questo riguarda soprattutto la
vasectomia, che pur essendo meno invasiva della legatura delle tube, è
molto meno diffusa.
I COSTI DELLA DISUGUAGLIANZA
Il rapporto tenta anche di calcolare i costi finanziari derivanti dalla
ineguaglianza.
La Banca Mondiale ha calcolato che nei paesi industrializzati le aggressioni e
le violenze sessuali sottraggono alle donne di età compresa tra 15 e 44
anni quasi un anno di vita sana su 5. Negli Stati Uniti la violenza contro le
donne costa agli imprenditori circa 4 miliardi di dollari all'anno per le
assenze dal lavoro, le necessarie sostituzioni, l'assistenza sanitaria ed il
calo di produttività.
In Canada i costi annui della violenza vengono stimati intorno ai 900 milioni
di dollari. Da uno studio condotto in India emerge che la morte di una donna
mette a rischio la sopravvivenza stessa della famiglia perché gli uomini
non sono in grado di svolgere il lavoro di cura. Sull'altro versante il
rapporto afferma invece che dove sono state introdotte politiche per il
controllo delle nascite e della mortalità infantile il Prodotto interno
pro capite è aumentato. Viene anche osservato che gli investimenti per
l'istruzione delle donne hanno un ritorno sul benessere collettivo molto
più alto di quello per la formazione degli uomini. Questo perché
le donne che con una istruzione migliore possono accedere ad un reddito
maggiore, investono maggiormente nella salute e nell'istruzione dei figli, con
un effetto "a cascata" sulle generazioni seguenti.
CHE DIRE? CHE FARE?
Il rapporto conclude affermando che la disuguaglianza di genere riguarda tutta
la società ma che deve cominciare ad essere superata all'interno della
famiglia."Una delle chiavi per raggiungere uno sviluppo sostenibile è
riconoscere i costi delle discriminazioni di genere, renderli visibili ai
responsabili politici e alle famiglie ed ideare modi per eliminarli."
L'ipocrisia di questa affermazione (anche solo considerando il "loro" punto di
vista) è evidenziata dal fatto che già nella Conferenza
internazionale su popolazione e sviluppo tenutasi al Cairo nel 1994 i governi
avevano riconosciuto all'uguaglianza di genere una importanza cruciale e si
erano impegnati a fornire ogni anno 5 miliardi e 700 milioni di dollari di
aiuti internazionali (cioè sino ad oggi più di 33 miliardi), ma
fino ad ora ne sono stati messi a disposizione solo circa 2 miliardi.
Ma le difficoltà che molte donne vivono nel mondo non potranno mai
essere risolte dalla famiglia (che da sempre è per noi strumento di
oppressione), né tanto meno dallo stato (che come abbiamo visto
considera prioritario superare i problemi di diseguaglianza femminile
perché questi generano per lui dei costi.)
Noi donne dobbiamo smettere di chiedere: chiedere condizioni di vita migliore,
tempo, spazio nella vita sociale. Non è possibile chiedere ad altri il
proprio diritto a vivere una vita degna.
Per prime dovremmo smettere di essere silenziose e tolleranti, di collaborare
per migliorare il mondo, riaffermando una pratica di autorganizzazione che non
sia solo movimento di opinione.
Tempo fa leggevo su un documento fatto da donne di varie provenienze che "il
movimento delle donne ha l'incedere di un delfino: la maggior parte del lavoro
è sommerso, va in profondità, non esibisce, elabora, instaura
relazioni, s'interroga sul sé e sul mondo. A volte però è
necessario guizzare fuori dall'acqua per allargare e rafforzare la nostra rete
di relazioni e darle forza per indurre radicali mutamenti".
Rosaria
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