Da "Umanità Nova" n.32 del 15 ottobre 2000
Un movimento in crescita
Intervista ad un compagno che è stato a Praga
D: come sei arrivato a Praga?
R: Con il treno organizzato dall'Associazione Ya Basta e dai centri
sociali della Carta di Milano. Ma a Praga mi aspettavano già dei
compagni che erano partiti in macchina due giorni prima.
D: Abbiamo seguito quasi in diretta gli avvenimenti che hanno accompagnato
il viaggio. Ci puoi raccontare cos'è successo una volta che siete
arrivati alla frontiera della Repubblica Ceca?
R: A Horni Dvoriste, alle prime luci del mattino, il treno è
fatto fermare.
Sul marciapiede un paio di centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa, con
tanto di cani addestrati, armature, fucile sfollagente, manganelli, sono
schierati per tutta la lunghezza del treno. Svolgono due operazioni: la prima
è rapidissima, perché stanno cercando coloro che erano presenti
al meeting preparatorio di metà agosto a Praga, la seconda richiede
più tempo per la verifica dei documenti. Alla fine delle due azioni
vengono portati al distretto ferroviario 17 persone, 6 ree di essere tra i
già note alla polizia ceca e indesiderati, 11 colpevoli di essere in
possesso di documenti irregolari.
D: Cosa intendi per documenti irregolari?
R: Tu sai bene che la Rep.Ceca non fa parte dell'Unione Europea e quindi
per entrare ci vuole il passaporto. Alcuni avevano passaporti scaduti, altri
erano in possesso soltanto della regolare carta d'identità,
insufficiente per l'ingresso. Poi c'era anche chi aveva documenti troppo
usurati.
D: Che cosa è successo quindi ai fermati?
R: Sono stati trattenuti per quattro ore al commissariato, mentre sul
treno continuava l'identificazione. Successivamente sono stati caricati su dei
cellulari e consegnati alla polizia austriaca, che li ha invitati a ritornare
in Italia. Il treno, intanto, continuava a restare sequestrato alla frontiera,
perché la polizia cercava altri quattro indesiderati. Eravamo comunque
in contatto telefonico con i diciassette espulsi che nel frattempo si erano
rifiutati di tornare in Italia e per il momento rimanevano in un paesino
austriaco non distante da Horni Dvoriste. Erano passate circa sei ore e ne
avremmo dovute trascorrere altre dieci.
D: Quando avete deciso di occupare la stazione?
R: Appena abbiamo saputo che volevano espellere i compagni. Fino a
quando siamo restati nei vagoni regnava il caos e non era facile avere notizie
non contraddittorie. Così siamo scesi, abbiamo presidiato i binari e
rallentato il traffico di ingresso degli altri treni. Sono stati accesi tre
falò e intorno ai fuochi si svolgevano le assemblee.
D: Ci puoi riassumere i termini del dibattito?
R: Occorre aver presente che ci trovavamo sempre in un clima di estrema
tensione, che eravamo molti, circa un migliaio e che molte erano le mediazioni
da fare. Si possono distinguere quattro livelli. La polizia ceca, il
consigliere dell'Ambasciata italiana, Luca Casarini chiamato in fretta e furia
da Praga, e lo spontaneismo delle proposte che emergeva dalle assemblee. Mentre
da una parte si trattava, nelle assemblee si discuteva e si prendevano
decisioni. Possiamo ridurre a due le posizioni più interessanti su cui
ci siamo confrontati. La prima riteneva rassicurante che i quattro compagni
nuovamente fermati fossero posti sotto tutela dell'ambasciata italiana, e che
occorresse raggiungere Praga per unirsi al resto dei manifestanti. La seconda
posizione sosteneva che non si sarebbe dovuti rimontare sul treno senza i
compagni fermati, che potevamo benissimo continuare a bloccare i binari e
quindi l'accesso alla Rep.Ceca e che questa azione avrebbe reso ancora di
più macroscopiche le ingiustizie perpetuate dai governi, dagli stati,
dall'imperialismo, che negano la libera circolazioni degli individui.
D: Tu quale posizione hai sostenuto?
R: La seconda. Non mi piaceva l'idea di lasciare una ventina di noi
fuori, non mi fidavo delle mediazioni e delle rassicurazioni. Se avessimo
resistito un altro po' forse avrebbero ceduto e poi mi piaceva l'idea di
bloccare completamente l'accesso alla Rep.Ceca fin dal confine.
D: Come venivano prese le decisioni?
R: Per acclamazione.
D: Quindi siete ripartiti.
R: Sì. Ma dopo pochi chilometri il treno è stato fatto
arrestare altre due volte. La seconda sosta è servita per permettere
l'ingresso di un nucleo dei reparti antisommossa sull'ultimo vagone. I compagni
hanno quindi proceduto a isolare l'accesso ai vagoni usando scotch o spago per
chiudere le porte degli snodi del treno.
D: A Praga come vi siete organizzati?
R: Dopo aver dormito un po' allo Stadio, nel pomeriggio del 25 settembre
siamo andati al "Ceské Lodenice Praha", un ex cantiere navale che si
trova sul fiume Vltava, un capannone dismesso attrezzato dall'organizzazione
per far svolgere le assemblee del controvertice. Aveva un po' la funzione di
quartier generale. E infatti lì, sono state prese le decisioni
più importanti per la manifestazioni che sarebbe partita il 26. L'idea
dei tre settori: giallo, rosa e blu. L'obiettivo di raggiungere il Centro
Congressi dove si svolgeva il Forum. La costruzione delle protezioni per i
manifestanti. Insomma tutto ciò che la fantasia ci suggeriva nel poco
tempo che avevamo a disposizione.
D: Tu in quale corteo hai sfilato?
R: Ho fatto tutto il percorso con il settore Giallo, aperto dalle tute
bianche e formato prevalentemente da italiani, finlandesi e comunisti greci.
Poi sono andato a raggiungere il settore blu, composto da anarchici tedeschi,
spagnoli, bielorussi, greci e cechi, punk e autonomi polacchi e dal movimento
inglese "Reclami the street". Da lì provenivano gli scontri più
duri e i compagni avevano bisogno di maggiore solidarietà. Il corteo
nostro, dopo due ore di fronteggiamento con la polizia, aveva iniziato
un'assemblea per trovare nuove strategie d'azione. La stanchezza si stava
facendo sentire, molti cominciavano a pensare al ritorno. Così sono
voluto andare a vedere insieme ad altri cosa succedeva là. Saremmo stati
una quarantina, e con noi si unì anche Zuzu e i 99 Posse. Non mi era
piaciuta molto la spettacolarizzazione dell'evento fatto dai centri sociali del
Nord-Est per bocca del loro rappresentante Luca Casarini. L'avere concordato la
cosa con la stampa e i mass media, l'essersi accontentati di aver "conquistato
qualche decina di metri di democrazia", l'avere permesso la parata dei
parlamentari alla testa del corteo. L'azione diretta è vincente tanto
maggiore è il livello di responsabilità rivoluzionaria che il
proletariato assume quotidianamente. Occorrerebbe abolire il ruolo dei
portaparola.
D: Hai parlato del settore Giallo e di quello blu, il settore rosa da chi era composto?
R: Dagli ecologisti americani e dal movimento francese, sicuramente.
Credo anche da militanti del sindacato turco.
D: Quindi ti sei unito al settore blu.
R: Gli anarchici avevano alzato barricate, incendiato cassonetti,
risposto ai lacrimogeni e alle cariche con sampietrini e molotov, ciò
aveva permesso loro di avvicinarsi molto al Palazzo dei Congressi. Quando siamo
arrivati noi, però, molti erano ripiegati in un parco un po' più
lontano da dove erano state issate le barricate, l'aria era densa di gas
sfollagente molto fastidiosi, si prestavano i primi soccorsi ai feriti. Molto
attivi e organizzati erano i compagni cechi.
D: Eri già entrato in contatto con gli anarchici cechi?
R: Avevo conosciuto tre compagni e una compagna della Federazione
Anarchica all'assemblea del 25 settembre al capannone "Ceské Lodenice
Praha", stavano dando suggerimenti a un gruppo di una cinquantina di spagnoli
sulla legislazione ceca, su come comportarsi in caso di fermi o di arresti.
Passammo poi la serata insieme. Ottima la cucina vegetariana.
D: Ti sei fatto un'idea di come è organizzato il movimento anarchico
ceco?
R: Quasi assenti sono le posizioni individualiste, c'è la
Federazione Anarchica, con nuclei presenti nel settore metallurgico e
siderurgico, e alcuni gruppi che si richiamano espressamente alla Piattaforma.
Un mese fa la Federazione Anarchica ha organizzato un'iniziativa politica in
piazza Venceslao, ottenendo consenso in città e risalto sulla stampa.
L'attività degli anarchici è tuttavia fortemente osteggiata dai
nazi e dai fascisti che non perdano occasione per fare imboscate, minacciare,
aggredire, con la copertura della polizia. Inoltre il maggiore sindacato di
polizia è su posizioni apertamente fasciste. Sulla stampa di movimento
ho letto che ci sono stati circa 800 fermi di polizia, 600 dei quali cechi, che
nelle caserme molti sono stati picchiati e diverse donne hanno subito molestie
sessuali, mentre un compagno polacco sarebbe in coma. Credo che vada
indirizzata a loro la massima solidarietà
D: Cos'è che ti ha colpito maggiormente?
R: Le assemblee di massa. C'era una forza collettiva che si esprimeva, e
anche se molti sono stati i limiti, il votare per acclamazione per esempio,
sentivi di condividere il tuo pensiero, il tuo corpo, le sensazioni in una
scommessa comune. L'assemblea del 25 al "Ceské Lodenice Praha" è
stata indimenticabile. Ogni individuo interveniva nella propria lingua e
quattro compagni traducevano in ceco, inglese, spagnolo e italiano. In quella
giornata si è fatto un pezzettino più materiale la nostra
aspirazione alla lotta internazionalista contro stato e capitale. Non è
forse un caso che Il Sole 24 ore abbia titolato "sono loro i veri padroni della
manifestazione", e anche se riproponeva la solita morale sulla violenza, senza
la loro decisione, "vestiti di nero, con sciarpe e maschere nere, con lunghi
bastoni di legno grezzo, alti e magri" il Forum non si sarebbe fermato un
giorno prima, e nessun ragazzo con la tromba avrebbe potuto suonare "let it
be", illeso, sotto le finestre dei padroni del mondo.
Intervista a cura di Luca Papini
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