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Da "Umanità Nova" n.34 del 29 ottobre 2000

Tettamanzi e il preservativo
La morale del cardinale

Sarà forse sempre stato così, o forse lo è stato soltanto nei momenti più oscuri della storia dell'umanità, ma quando viene concesso, dal senso comune, anche il solo discutere della imbecillità umana e delle sue innumerevoli diramazioni come se si trattasse dell'ovvio, vuol dire che siamo giunti talmente in basso da sperare di non dover scivolare ancora più giù.

Il giorno 17 ottobre 2000, scorrendo le pagine locali de "La Repubblica" di Genova, mi soffermo sopra un titolo 'curioso': "Tettamanzi apre al preservativo". Per chi non lo sapesse, il cardinale Dionigi Tettamanzi è l'arcivescovo di Genova ed è uno dei più papabili alla successione di papa Giovanni Paolo II. L'articolo inizia confermando le posizioni criminali della Chiesa Cattolica sull'uso del preservativo, il cui uso illecito permane anche quando uno degli sposi è sieropositivo, ma poi, e qui inizia il delirio escatologico-senile, don Tettamanzi si chiede: "ma qualora la donna fosse costretta all'atto coniugale, potrebbe difendersi esigendo dal partner l'uso del profilattico?" Ed ecco che l'alto prelato, corroso dai dubbi della morale di parrocchia, ci consegna la risposta a pagina 423 della sua ultima fatica "Nuova bioetica cristiana": "Ci sembra di dover dare una risposta affermativa, per un duplice motivo: anzitutto, perché la volontà della donna è per il 'no' all'atto coniugale; inoltre ella ha il diritto di difendere la sua salute (dal rischio del contagio) ricorrendo ai mezzi che ha a disposizione. E dal momento che non serve allo scopo un altro mezzo da autousarsi, ad esempio la pillola contraccettiva, non ha altra strada che chiedere ed esigere il profilattico da parte del marito".

Proviamo ad analizzare il retroterra di questa sottocultura sessista dell'arcivescovo di Genova: innanzitutto è l'uomo ad essere sieropositivo, giacché la buona morale cattolica 'tollera' le scappatelle coniugali soltanto se a farle sono esseri di sesso maschile, condonando, poi, il peccato con un po' di Ave Maria.

Ma veniamo alla cosa più grave (dell'uso del preservativo non voglio neppure parlare): il cardinale Tettamanzi afferma che se la donna è costretta all'atto sessuale deve chiedere al marito di mettersi il preservativo. Immaginatevi la scena: una donna viene violentata dentro le pareti domestiche, ripeto violentata (cosa vorrebbe dire altrimenti 'costretta all'atto sessuale'), e nel frattempo chiede al coniuge di violentarla con il preservativo.

Cosa si vorrebbe dire, insomma, che l'uso del profilattico è lecito solo in caso di violenza sessuale e che la violenza trova una sua "ragion d'essere" all'interno della "sacra famiglia"?

Signor Dionigi Tettamanzi, lei non merita altro che un profondo disprezzo.

Pietro Stara



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