Da "Umanità Nova" n.34 del 29 ottobre 2000
Afganistan
Dove inizia l'inferno
Un vecchio detto afgano dice: "Le donne si possono trovare solo in due posti: a
casa o nella tomba".
I Taliban, estremisti - fondamentalisti, lo hanno applicato alla lettera,
imponendo alle donne afghane un sistema di vita brutale e disumano che le
costringe alla morte, unica liberazione per molte di loro da una vita che non
è nemmeno degna di essere definita tale.
Quelle pubblicate qui accanto sono solo alcune delle restrizioni imposte dal
governo talebano alle donne in Afghanistan.
I Taliban compaiono per la prima volta in questo paese nel 1994. Studenti delle
scuole islamiche addestrati alle armi in Pakistan, nel giro di due anni
conquistano Kabul (1996) e nel giro di quattro (1998) riescono a controllare il
novanta per cento del territorio afgano. Il resto del paese è
controllato per il cinque per cento da altre fazioni musulmane, il cui fronte
di coalizione è guidato dal comandante Ahmad Shah Massoud e l'altro
cinque per cento da un fronte comunista che tenta di riprendere il potere.
Governano il paese, i Taliban, con il terrore violando anche i più
elementari diritti di un popolo, ma soprattutto brutalizzando e annientando
donne e bambini, stremati ormai da un ventennio di guerre, distruzione e di
esodo, in seguito all'invasione del paese da parte dell'URSS (1979) prima e
della resistenza afgana poi.
L'integralismo sunnita nasce in Afganistan in contrapposizione a quello sciita
iraniano e viene fomentato dall'0occidente che trova nel fondamentalismo
islamico l'unico terreno fertile per un'opposizione al potere dell'Unione
Sovietica. L'alternativa era il maoismo (presenza di maoisti nel paese).
Nell'89 i russi lasciano il paese e inizia allora una guerra interna tra le
varie fazioni musulmane per il controllo dell'Afganistan.
I risultati delle guerre sono devastanti: 1 milione di morti, 2 milioni di
feriti e 5 milioni di profughi.
Dapprincipio i Taliban hanno un certo consenso in quanto promettono
sicurezza, rispetto ad una realtà sociale ormai invivibile, a causa
delle guerre civili che imperversano nel paese. Ma ben presto tutto cambia.
Inizia una feroce repressione "giustificata" dalla guerra in atto per
impossessarsi del restante dieci per cento del territorio.
Il potere dei Taliban è imposto con la violenza. Agli uomini è
fatto obbligo di portare una barba folta, come si era imposto Maometto, e
indossare gli abiti tradizionali. Chi disobbedisce rischia la prigione.
Alle donne viene imposto il BURQA, una cappa che copre totalmente il corpo e
attraverso la quale si può guardare solo tramite una fitta rete di
maglia. Se una piccola parte del corpo rimane scoperta (mani o piedi) vengono
picchiate anche in pubblico. L'ordine, perentorio, è stato promulgato il
6 dicembre 1996 dal "ministero per la Promozione della virtù e la
prevenzione del vizio". Tutti i divieti peggiorano le condizioni delle donne,
costrette a stare a casa e oscurare le finestre (per non essere viste
dall'esterno).
Alle donne non è permesso lavorare. Non esistono più così
donne medico. Ma, nello stesso tempo, non è permesso loro farsi visitare
da medici uomini. Quindi sono impossibilitate a curarsi e praticamente
costrette alla morte. La stessa sorte tocca ai loro figli. Bisogna sapere
infatti che in Afganistan ci sono circa settecentomila vedove. Siccome le donne
possono uscire di casa solo se accompagnate da un uomo, quelle rimaste sole
sono costrette a far morire i loro figli di fame e malattia. Spesso si vedono
donne mendicare (vietato dalla legge islamica) o a rovistare tra i rifiuti.
Chi non segue la legge dei Taliban viene punito severamente nella pubblica
piazza: ogni venerdì c'è un'esecuzione e le donne assistono. Si
viene accusati e puniti anche senza prove. Una donna, madre di sette figli,
è stata uccisa in pubblico perché accusata di avere ammazzato il
marito. Un uomo medico è stato arrestato per una settimana perché
aveva prestato cure mediche a una donna. Aumentano le lapidazioni a causa
dell'adulterio e parecchie donne sono state bruciate vive dai loro mariti.
Il tasso di alfabetizzazione è basso: 44% uomini e 14% donne. La
discriminazione di genere nell'istruzione in Afganistan è sempre
esistita, ma il governo talebano l'ha esacerbata e istituzionalizzata.
Il rapporto tra istruzione, malnutrizione, malattie e tasso di mortalità
è un fatto sancito. Negli anni '90 più di cinquantamila donne
sono morte in circostanze legate al parto, mentre cinque milioni di bambini
circa sono morti per malnutrizione e malattie varie negli ultimi 15 anni (dati
UNICEF).
L'Afganistan è il più surreale di tutti i paesi islamici.
Fortissime sono le contraddizioni dei Taliban: vivono esportando droga, ma
professano l'islam. Come possono conciliare questo?
Vietano ogni tipo di musica: radio e televisione sono tabù perché
considerate diavolerie occidentali (quelle nazionali trasmettono solo sermoni
religiosi). In ogni quartiere, davanti alla sede locale dei Taliban, sventolano
migliaia di metri di nastri video e cassette sequestrate. Mentre loro hanno un
sito web, le migliori automobili giapponesi e jet privati.
Nel 1999 sono state prodotte oltre quarantaseimila tonnellate di oppio (il
doppio rispetto al '98) unica materia ad essere esportata. Le altre risorse
(uliveti, legname pregiato, pietre preziose) servono per finanziare la guerra.
Tutta la regione di Kabul è devastata: manca energia elettrica nella
maggior parte dei quartieri; l'acqua potabile è inesistente. Lo
stipendio mensile medio è di trecentomila dinari (11.000 lire) e un
chilo di farina costa ventimila dinari. Nella regione sono stati fatti
confluire i profughi delle province che il governo talebano ha fatto evacuare
con la forza (bruciando le loro case, il loro raccolto e uccidendo il
bestiame), temendo che potessero servire da base logistica per i ribelli. Sono
oltre ventimila questi profughi che ogni giorno, soffrendo la fame e il freddo,
vanno alla ricerca di cibo e cercano di scaldarsi accendendo fuochi sui
pavimenti.
In questo momento i Taliban hanno l'embargo americano sui voli aerei
poiché ospitano un fondamentalista ricercato dagli U.S.A.: Osama Ben
Laden, che si presume abbia i suoi covi sulle montagne presso Jalabad.
In realtà il governo talebano afferma che Ben Laden si trovasse nel
paese ancor prima del '96, quando faceva comodo agli americani nella loro
guerra con i sovietici. Ora gli unici stati che riconoscono il governo talebano
sono il Pakistan, gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita e sono anche
quelli che gli forniscono le armi. In Pakistan ci sono fabbriche di armi e
centri di addestramento militari destinati all'Afganistan.
Tutto questo sta annientando un popolo che cerca ogni giorno disperatamente di
sfuggire ad una vita brutale e disumana. Le donne, rinchiuse in un posto
oscuro, senza poter uscire, senza cure mediche né diritto all'istruzione
sono ormai ridotte a ombre. Dopo la presa del potere da parte dei Taliban, alle
donne che chiedevano spazi per l'insegnamento alle bambine, è stato
risposto: "tornate nelle vostre case e ringraziate Allah che vi ha creato
esseri umani". Le donne, allora, hanno organizzato una dimostrazione, ma
moltissime sono state arrestate, frustate e torturate.
Molte sono le famiglie afgane che fuggono in Pakistan nei campi di accoglienza
(16 al giorno), dove però la realtà non è molto diversa da
quella del loro paese. Infatti la maggior parte dei campi è controllata
da diversi partiti integralisti.
In Pakistan sono presenti due associazioni di donne che svolgono un
importantissimo lavoro di alfabetizzazione e di educazione sanitaria per le
donne e i bambini. Sono il R.A.W.A. ( Associazione rivoluzionaria delle donne
afgane) e l'HAWCA (Associazione di assistenza umanitaria per donne e bambine/i
dell'Afganistan).
Il R.A.W.A. ha oltre duemila (2.000) iscritte che operano clandestinamente sia
in Pakistan che in Afganistan. I corsi che loro organizzano servono, oltre che
ad istruire centinaia di donne, anche come punto di riferimento. Infatti
è vietato qualsiasi assembramento superiore alle cinque persone (anche a
scopo ricreativo). In questo modo le donne possono incontrarsi, confrontarsi e
prendere coraggio per ribellarsi all'orribile situazione che vivono.
Il progetto di alfabetizzazione è molto importante, poiché
un'intera generazione è stata privata dell'istruzione e la stragrande
maggioranza delle donne venticinquenni si ritrova ad essere analfabeta e con
almeno sei o sette figli. Molte sono vedove e impossibilitate a risposarsi,
poiché la tradizione vuole che una donna si debba risposare con un
fratello o cugino del marito. Se si risposa al di fuori della famiglia i suoi
figli diventano proprietà del nuovo suocero, visto che tutta la sua dote
è destinata ad esso. Quindi, frequentando queste scuole loro possono
anche imparare un mestiere ed essere autosufficienti e non costringere
così i figli ad una vita meschina.
Questa associazione esiste dal 1977 ed ha anche una funzione politica e di
memoria, denunciando a livello nazionale ed internazionale le violazioni
continue dei diritti umani a cui è sottoposto il popolo afgano,
soprattutto donne e bambini. Le donne del R.A.W.A. sono sulla lista nera dei
Taliban e anche un semplice soldato può ucciderne una se viene
scoperta.
Esisteva anche un gruppo di uomini democratici: sono stati tutti assassinati
prima in Pakistan, poi in Afganistan, con la complicità dei servizi
segreti pakistani. La stessa sorte è toccata al cinquanta per cento
degli intellettuali afgani.
Le donne dell'HAWCA (dal 1980) svolgono anch'esse un lavoro di alfabetizzazione
e di educazione sanitaria, cercando di ricostruire rapporti sociali per le
donne, poiché non esistono altri mezzi di comunicazione e riunione.
Anche loro operano in totale clandestinità. Approfittando del fatto che
nessun Taliban può permettersi di sollevare il Burqa, loro passano ogni
giorno il confine (accompagnate da un uomo) rimanendo nell'anonimato. Possono
così mettere in pratica questo loro importantissimo progetto. Le donne
che si diplomano vengono poi incoraggiate ad insegnare a loro volta. L'HAWCA
potrebbe fare molto di più se solo avesse la possibilità
economica. Infatti molte sono le richieste, che arrivano dalle diverse
province, di avviare nuovi corsi.
Tra le donne che lottano contro il potere dei Taliban in Afganistan ve ne sono
parecchie che si dedicano alla lotta armata, al fianco dei comunisti,
controllando il cinque per cento del territorio (12.000).
Combattono sulle montagne, rischiando ogni giorno la vita. Guidano commandi
militari e sono disposte anche a morire, utilizzando il burqa (ora si che
è utile!) come nascondiglio per le armi quando si tratta di attaccare il
nemico. Non hanno alternativa: morire per la Vita e la Libertà o morire
sotto il giogo dei Taliban!
Le ribelli che hanno abbracciato la lotta armata conoscono l'importanza di un
punto di resistenza, anche se piccolo rispetto alla quasi totalità del
paese controllata dai Taliban. Resistono, cercando di abbattere il
fondamentalismo islamico per riportare il paese ad un regime comunista.
Indipendentemente dall'essere d'accordo o meno sull'eventualità di un
regime comunista in Afganistan o in qualunque altro paese, bisogna riconoscere
il coraggio di queste donne che, al pari ( o forse più) dei loro
compagni, lasciano famiglia e affetti per recarsi a combattere sulle montagne,
lottando anche e soprattutto per le future generazioni, cercando di dare loro
un avvenire migliore.
Quale futuro per l'Afganistan?
Si parla tanto di "violazione dei diritti umani" e gli stati occidentali
sbandierano la "difesa" di questi diritti solo quando ci sono interessi
economici e politici tali da giustificare interventi militari (vedi
ex-Jugoslavia). Ora, cosa si sta facendo per le donne afgane costrette
all'oppressione dei criminali Taliban che violano ogni giorno, ogni ora, ogni
istante i più elementari diritti umani?
Si parla tanto di diritti, ma chi da il diritto a un uomo di avere potere
supremo sulla vita delle donne?
Chi da diritto a una folla inferocita di LAPIDARE una donna (perché ha
esposto una piccolissima parte del suo corpo) o una coppia (perché ha
scelto di amarsi al di fuori del matrimonio)?
Chi da diritto ai Taliban di bruciare case, bestiame e raccolto di intere
famiglie e costringere migliaia di persone all'esodo?
Chi da diritto di negare diritti, quali l'istruzione, la sanità
ecc...?
Ora non ci si può riempire la bocca di tante belle parole poiché
non esistono "giustificazioni" per un fondamentalismo fascista com'è
quello dei Taliban. Non si può nemmeno parlare di "cultura",
poiché questa non è neanche la vera cultura islamica.
Qui c'è un popolo che, malgrado il suo forte spirito di indipendenza e
libertà, si vede annientato da criminali fondamentalisti. Un popolo che
fino a un decennio fa poteva lavorare, vestirsi come voleva, camminare
liberamente, ascoltare musica, curarsi se malato, vivere insomma. Un popolo che
ora deve sottostare alla pazzia dei Taliban e dei loro alleati. Un popolo che
è costretto alla fuga, ma che piano piano sta cercando di rialzare la
testa e questo è possibile anche grazie alla determinazione e alla
costanza delle donne afgane. Sono soprattutto loro infatti che ogni giorno,
sotto il burqa passando il confine, o con il fucile in mano sulle montagne,
lottando in prima persona., si ribellano ad una realtà allucinante.
Nostro compito è quello di aiutarle:
1) nel propagandare la
verità sull'Afganistan, dando voce alla loro lotta contro i Taliban e
denunciando sia l'appoggio diretto degli stati che aiutano militarmente
l'Afganistan (e favoriscono il passaggio di droga), sia quello indiretto di
stati come l'Italia che "non ostacolano" certo la dittatura talebana (non
dimentichiamoci che esisteva in Italia, fino a non molto tempo fa, una legge
che imponeva alla donna l'obbligo di seguire il marito ovunque egli
andasse!).
2) Trasmettendo alle donne afgane un po' di ottimismo, affinché il
coraggio e la speranza che le cose possano cambiare non le abbandonino.
ASIA (da Ipazia n. 6, luglio 2000)
(È stato possibile realizzare questo articolo grazie al documento "Sotto
il tallone dei Taliban" delle Donne in nero, che stanno dando un aiuto concreto
al progetto di alfabetizzazione delle donne afgane rifugiate in Pakistan, sia
diffondendolo sia nella ricerca di fondi attraverso iniziative di
sottoscrizione. Ringrazio, inoltre, le compagne del "martedì femminista
autogestito" di radio onda rossa che hanno dato voce più volte in
trasmissione alle "Donne in nero", diffondendo la conoscenza della situazione
afgana in un paese come l'Italia, dove normalmente "si fa finta di niente").
R.A.W.A. (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan).
Pagina web: http://www.rawa.org
Indirizzo di posta elettronica: rawa@rawa.org
Indirizzo postale: RAWA P.O. BOX 374, QUETTA PAKISTAN
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