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Da "Umanità Nova" n.34 del 29 ottobre 2000

Scioperi/13 ottobre
Note di viaggio

I recenti importanti scioperi nella scuola, nei trasporti, nelle telecomunicazioni e nel pubblico impiego hanno visto il sindacalismo di base dividersi rispetto alle date ed agli obiettivi. I due pezzi che pubblichiamo rispecchiano queste divisioni: riteniamo tuttavia possano rappresentare uno stimolo per la riflessione e per il dibattito.


Lo sciopero del 13 ottobre ha avuto caratteristiche decisamente particolari che è bene valutare con attenzione.

Come è noto, il governo e, di conseguenza, la stampa e le organizzazioni partitiche e sindacali che al governo fanno riferimento, hanno presentato la Legge Finanziaria 2000 come una svolta nella politica economica e, naturalmente, come una svolta favorevole alle classi subalterne. Questo carattere "sociale" deriverebbe dal fatto che alcune briciole della ricchezza prodotta dal lavoro salariato sono state restituite ai lavoratori, ai disoccupati, ai pensionati sotto forma di lievi sgravi fiscali e di aumenti delle pensioni minime.

Come dovrebbe essere altrettanto noto, almeno a chi abbia un'idea ragionevolmente precisa della Legge Finanziaria, i veri beneficiari della politica economica del governo sono i soliti noti: il padronato in genere, il blocco industriale-militare in particolare, la dirigenza pubblica, le corporazioni che hanno una forte capacità di pressione sul governo.

La politica sociale del governo è stata criticata, come è ovvio, dalla destra che si esibisce in promesse demagogiche (meno tasse e più spesa sociale) e dalla sinistra parlamentare (il PRC) che chiede al governo qualcosa in più per le classi subalterne e si appresta a trovare un qualche accordo in vista delle elezioni di primavera.

In questo contesto, importanti settori del sindacalismo di base hanno deciso di tentare di forzare la situazione e di prendere l'iniziativa lanciando uno sciopero contro la Legge Finanziaria e per lo spostamento di importanti risorse verso il lavoro dipendente.

Si è trattato di una scelta non facile e, sulla base dell'attuale rapporto di forza fra le classi, non in grado di mobilitare direttamente la massa dei lavoratori dipendenti ma di notevole significato politico sindacale.

In concreto, lo sciopero è stato organizzato da:

RdB CUB per il pubblico impiego sulla richiesta di un aumento generalizzato delle retribuzioni;

CUB Scuola per quanto riguarda la scuola con la richiesta di forti aumenti retributivi e di investimenti per la scuola pubblica;

FLMU CUB per quanto riguarda la Telecom colpita da un pesante taglio degli organici;

RdB CUB per quel che riguarda i Lavoratori Socialmente Utili per i quali si richiede l'assunzione immediata nel pubblico impiego.

Uno sciopero con queste caratteristiche era, certamente, una scommessa a fronte di molte e prevedibili difficoltà:

  • le dichiarazioni del Ministro della Funzione Pubblica Franco Bassanini che aveva pubblicamente profetizzato un fallimento dello sciopero e, visto che è una persona seria, ha operato per rendere vera la profezia. Infatti le amministrazioni hanno evitato di fare quanto prevede la legge 146/90 in occasione degli scioperi. Come è noto, la 146/90, recentemente resa ancora più liberticida, nel mentre pone gravissimi vincoli all'esercizio del diritto di sciopero impone all'amministrazione pubblica dei precisi doveri per quanto riguarda l'informazione ai lavoratori ed agli utenti dei servizi pubblici. In questo caso, come in altri ma con maggiore arroganza, le circolari sullo sciopero hanno latitato e molti lavoratori hanno dovuto scioperare in una situazione di forte incertezza.
    Ci piaccia o meno, infatti, i lavoratori del settore pubblico sono abituati a pensare che uno sciopero è legale se le circolari che lo devono accompagnare sono state diffuse e, di conseguenza, la loro assenza è un effettivo problema. In questo caso, come in altri, abbiamo dovuto fare i conti con la burocratizzazione dei rapporti sociali che rende difficile la mobilitazione diretta dei lavoratori, con il fatto che il controllo statale sulla società, lungi da ritirarsi come pretendono gli apologeti del neoliberismo, si accresce per quel che riguarda le funzioni propriamente repressive dello stato, con la tranquilla pratica dell'illegalità da parte di chi impone le leggi;
  • il fragoroso silenzio dei media in genere e di quelli di sinistra in particolare. Evidentemente, uno sciopero alternativo a CGIL CISL UIL non è una notizia per chi ha scelto di assumere come interlocutore principale la sinistra CGIL. Ancora una volta, è bene prenderne atto, il silenzio stampa è un forte handicap nella costruzione di uno sciopero su base nazionale, suscita timori, da la sensazione di isolamento, rende difficile la mobilitazione. D'altro canto, questa difficoltà da la dimensione della forza effettiva della mobilitazione, chi sciopera lo fa perché raggiunto direttamente dall'informazione prodotta dalle organizzazioni promotrici a, a maggior ragione, lo fa chi manifesta;
  • un'improvvisa vivacità, virtuale, dei sindacati di stato che, nella scuola, hanno indetto uno sciopero per il 9 ottobre, anche al fine di recuperare consensi in vista delle elezioni delle Rappresentanze Sindacali Unitarie del personale che si terranno a dicembre, e, negli altri comparti, hanno partorito richieste salariali "forti" e tali da contraddire gli accordi sul costo del lavoro da essi stessi firmati. Un ulteriore esempio sia del fatto che gli accordi sul costo del lavoro del 1992 e del 1993 non rispondono a leggi naturali che della spregiudicatezza reali dei Catoni che ci predicano da anni la necessità dell'austerità.
A queste difficoltà generali se ne sono aggiunte altre interne al movimento di opposizione sociale.

I Cobas della Scuola, infatti, hanno scelto di scioperare il 16 ottobre assieme alla Gilda degli insegnanti, un forte sindacato corporativo di area Polo, e di evitare ogni alleanza con il sindacalismo alternativo.

Si tratta di una scelta precisa e che comporta problemi da valutare con rigore ed equilibrio:

  • effettivamente fra gli insegnanti è presente un'attitudine corporativa che non va criminalizzata ma compresa e criticata e che porta settori della categoria a non desiderare mobilitazioni di carattere generale ed a valorizzare l'"orgoglio docente" (basta pensare allo slogan "Gilda presente! Orgoglio docente!).
  • per evitare equivoci, il corporativismo categoriale degli insegnanti può essere un elemento positivo se rompe con il corporativismo forte che è quello di CGIL CISL UIL: Il corporativismo, in senso proprio, è quello dei sindacati che fanno della concertazione con la controparte la loro regola di azione e della difesa dell'economia nazionale il loro orizzonte. Il fatto che una categoria di lavoratori ponga al centro della propria azione la rivendicazione della propria identità può determinare rotture della gabbia d'acciaio corporativa che il padronato e lo stato hanno imposto da anni;
  • d'altro canto, il corporativismo categoriale della Gilda raccoglie lo scontento degli insegnanti e li oppone al resto del lavoro dipendente nel mentre sviluppa relazioni privilegiate con la controparte (la Gilda ha, in realtà, firmato il contratto indecente contro il quale i lavoratori della scuola si sono ribellati all'inizio dell'anno) e con il potente sindacato corporativo dei presidi. Quindi, questo genere di corporativismo è condannato o ad essere subalterno a quello dominante o, peggio, a rafforzare la divisione interna al mondo del lavoro dipendente come se ve ne fosse bisogno.
  • il rapporto dei Cobas con la Gilda non è di lettura semplice. Chi afferma che vi è stata una mutazione genetica dei Cobas nella direzione di una chiusura categoriale esagera magari per passione polemica, comprensibile ma non condivisibile. La scelta Cobas va piuttosto interpretata come un passaggio tattico dettato da una certa qual disinvoltura sul piano progettuale, disinvoltura che si potrebbe, legittimamente, definire opportunismo;
  • va, inoltre considerato il fatto che lo sciopero del 17 febbraio 2000, che ha visto mobilitarsi assieme sindacati alternativi e Gilda, costituisce un punto di riferimento, un vero e proprio mito, per molti colleghi che considerano l'alleanza fra sindacati di base e sindacati corporativi un problema secondario, ammesso che lo percepiscano come un problema;
  • i Cobas della Scuola, inoltre, stanno sviluppando una loro strutturazione confederale (la Confederazione Cobas) con il SinCobas. La Confederazione Cobas è, nei fatti, concorrenziale rispetto alla CUB e gode di coperture politiche, da non sopravvalutare ma nemmeno da sottovalutare. Non si tratta di un fatto simpatico ma non sempre la realtà effettuale è simpatica e le leggi dello scontro politico funzionano secondo regole che vanno criticate ma non ignorate. Evidentemente i Cobas della Scuola hanno ritenuto che uno sciopero separato da quelli delle altre categorie li avrebbe reso più visibili e sarebbe stato funzionale al loro progetto confederale.
  • la discussione fra i lavoratori della scuola e nel campo del sindacalismo alternativo sul rapporto fra le diverse categorie del lavoro dipendente va sviluppata evitando scorciatoie. La scelta di scioperare il 13 da parte della CUB Scuola è stata, a mio avviso, politicamente corretta ma, certo, la correttezza, nella prassi sociale, non è sufficiente se non ha la forza di rendersi comprensibile.
Questa dinamica dei fatti ha reso lo sciopero del 13 ottobre nella scuola ancora più difficile che negli altri comparti. Le scorrettezze dell'amministrazione ed il silenzio stampa hanno stracciato ogni parvenza di decenza e, dobbiamo riconoscerlo, molti colleghi hanno faticato semplicemente a comprendere le ragioni di scioperi separati non solo rispetto a quello dei sindacati istituzionali, che ha avuto successo, ma anche fra Cobas e CUB. Eppure, a macchia di leopardo, lo sciopero ha visto la mobilitazione di gruppi di colleghi docenti e non docenti.

Nonostante tutte queste difficoltà, lo sciopero e la manifestazione del 13 ottobre sono stati un successo reale. In piazza a Roma vi erano circa 15.000 lavoratori fra il corteo pubblico impiego, LSU e scuola ed il corteo dei lavoratori Telecom.

Inoltre va considerato che il 12 ottobre lo sciopero dei sindacati di base del trasporto urbano è andato decisamente bene.

In buona sostanza, verifichiamo l'esistenza, la tenuta, la capacità di iniziativa di un'opposizione sociale radicata sui posti di lavoro e nel territorio ed autonoma dai giochi parlamentari.

Oggi va posto l'accento su due elementi dello scenario attuale:

  • la mobilitazione del 13 ottobre è un passaggio importante nella pressione per lo spostamento di risorse dai ceti privilegiati alle classi subalterne e, se è così, si tratta di lavorare perché non resti un momento esaltante ma isolato;
  • un successo, anche parziale, nel settore pubblico e nella scuola, può essere uno stimolo importante per la ripresa di iniziativa dei lavoratori del settore privato sul terreno salariale, normativo, occupazionale.
Come sempre, il futuro riposa sulle ginocchia degli dei ma sta a noi operare perché quanto abbiamo contribuito a costruire non vada sprecato.

Cosimo Scarinzi



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