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Da "Umanità Nova" n35 del 5 novembre 2000

L'autunno delle coscienze: neofascismo, xenofobia, razzismo

Siamo a Himbergen, nel nordovest della Germania, la casa di una famiglia turca viene circondata da una dozzina di naziskin che tentano di assaltarla. Ci spostiamo a Rostock, sempre in Germania. Lì un'altra banda di naziskin sequestra un bambino ebreo e gli dipinge addosso una svastica. Passiamo in Sicilia, nelle acque di Marina di Ragusa, dove vengono ripescati i corpi senza vita di tre immigrati, forse affogati durante lo sbarco, forse gettati in mare dagli scafisti. Poi scendiamo in strada nel mercato rionale di un quartiere periferico della Torino operaia: bambini rom, poco vestiti e laceri mendicano in mezzo ai banchi tra la diffidenza e le invettive della gente. Una donna stringe a se il figlio e si allontana borbottando "non si sa mai", un'altra dice: "sarebbero anche belli, se solo li tenessero meglio".

Solo un'anziana commerciante tace, allungando da dietro il banco un'arancia ad una bimba scalza che si allontana stringendola tra le manine.

Siamo in Europa in un giorno qualunque della fine di ottobre. Le cronache e l'esperienza quotidiana di oggi non differiscono da quelle di ieri e, probabilmente, da quelle di domani. Tra le brume di quest'autunno le grida e le urla dei nazisti, la ferocia dei governi che serrano le frontiere gettando tra i flutti le vite di tre ragazzi della sponda sud, l'invettiva malevola di tanti, trovano risposta solo nel silenzioso gesto di solidarietà di un'anziana commerciante di frutta.

In questi giorni contro le manifestazioni annunciate a Milano e Trieste dai neofascisti di Forza Nuova, sono in preparazione cortei e convegni antifascisti. Sono occasioni importanti, occasioni da non mancare per dar corpo e visibilità ad un'Europa solidale, antirazzista, libertaria.

Ma non basta, non può bastare.

Le intollerabili violenze di cui sono protagonisti i neonazisti non sono che la punta di un iceberg la cui massa sta ben nascosta in acque profonde, le acque profonde in cui proliferano l'intolleranza, il razzismo, la paura dell'altro. L'incertezza che domina la vita quotidiana di tanti, in un'epoca che non fornisce garanzie a nessuno, è lo sfondo emozionale nel quale affonda la proprie radici la destra più retriva, feroce, autoritaria.

La sinistra del dopo Muro, la sinistra post-comunista che governa in tanta parte dell'Europa ha preparato loro il terreno. Annullamento del welfare, limitazione delle libertà sindacali, subordinazione culturale alla chiesa cattolica, promozione di un liberismo sfrenato sono stati gli elementi caratterizzanti di una politica che con la sinistra, neppure con la sinistra riformista e socialdemocratica, non aveva nulla a che fare.

Un compagno, operaio alla Telecom, mi racconta dei suoi colleghi più giovani troppo spesso disposti ad accettare l'arroganza padronale o, peggio, a condividerla. Pare che la memoria di 150 anni di movimento operaio si stia affievolendo e l'attività pur generosa di chi non accetta di piegarsi è un argine insufficiente contro la marea montante.

Contro la marea nera non basta scendere in piazza, magari a fianco di partiti, associazioni e sindacati filogovernativi sempre disponibili per un antifascismo di facciata, elettoralmente motivato, ma complici del clima politico e culturale che favorisce la crescita dei neofascisti.

Occorrono parole ed azioni atte a spezzare le catene di subordinazione materiale e mentale del pensiero unico, dando corpo ad una solidarietà tra sfruttati capace di ridare fiato a prospettive di libertà ed uguaglianza.

Perché in quest'autunno delle coscienze l'unico spiraglio di luce non sia affidato ad un'arancia stretta tra le mani di una piccola rom.

Maria Matteo



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