Da "Umanità Nova" n35 del 5 novembre 2000
Dibattito
Del sindacalismo
Al recente congresso della FAI, svoltosi a Stia, si è costituita una
commissione denominata "la questione sociale" a seguito di una riflessione
sulle inerenze della attuale fase della lotta di classe.
Il termine coniato e la mozione che ci ha dato l'incarico, disegnano la
preoccupazione espressa dal congresso, della perseguente e pervasiva
atomizzazione sociale fautrice di logiche xenofobiche, corporative, di
lacerazione del tessuto sociale come capacità di determinazione delle
relazioni sociali in termini di convivenza.
In questo quadro, le politiche governative, introducono elementi di violento
superamento delle conquiste politiche, economiche e sociali del movimento dei
lavoratori. Dall'attacco al diritto di sciopero, alla conculcazione delle
libertà sindacali, dall'attacco al reddito proletario, alla
legiferazione in termini di esternalizzazione, precarizzazione,
deregolamentazione dei rapporti di lavoro subordinato e parasubordinato.
La commissione ha valutato, sulla base del dibattito e delle esperienze che si
sono prodotte in questi ultimi mesi, la necessità di aprire un dibattito
sullo stato del movimento operaio ed in particolar modo, sullo stato di quella
componente che, negli ultimi anni, ha rappresentato la punta avanzata nei
tentativi di autoorganizzazione: il "sindacalismo di base". In questo termine
si racchiudono diverse esperienze e prospettive di lavoro, spesso fra loro
configgenti e, ognuna, densa di contraddizioni.
Tale dibattito non vuole interessare esclusivamente i militanti della FAI. In
un simile caso, queste note non comparirebbero su Umanità Nova ma
sarebbero indirizzate al Bollettino Interno. Ragionare sullo stato del
conflitto di classe, sulle esperienze che si sono date, sulle contraddizioni
che si sono espresse, sulle prospettive dell'azione militante e sociale,
è questione che interessa molte compagne e compagni protagonisti della
lotta sociale come anarcosindacalisti, sindacalisti confederali,
extraconfederali, militanti di collettivi operai a-sindacali.
La valutazione circa l'opportunità di aprire tale dibattito discende
oltre che dalle accennate riflessioni di "lungo periodo" anche dalle
modalità e dagli esiti della tornata di scioperi "contro" (le virgolette
si giustificano in quanto non si è ben capito chi abbia scioperato
contro la finanziaria e chi a favore di questa) la legge finanziaria che si
sono dati nel mese di ottobre. Tale valutazione tiene poi conto del quadro
politico attuale e di breve periodo: del ruolo di cerniera fra movimenti ed
istituzioni che permane nell'azione politica di Rifondazione Comunista, dei
Verdi, della sinistra DS, permanenza che si realizza anche grazie alla ricerca
di una "sponda politica" da parte di diversi attori del conflitto sociale; del
ruolo dei sindacati di Stato che, a fronte di una finanziaria "di spesa", hanno
ripreso una iniziativa sociale di massa anche in vista di eventuali
contestazioni alle prossime finanziarie che, potrebbe ipotizzarsi, fossero
emanate da governi di centro-destra; della subordinazione (oggettiva o
soggettiva sarà questione da chiarire nel corso del dibattito)
dell'autoorganizzazione operaia nei confronti del quadro politico e sociale
dato.
In questo quadro l'azione anarchica, tenendo conto delle condizioni date, come
può efficacemente contrastare le strategie padronali e governative, come
può dare battaglia alle derive burocratiche e corporative del sindacati
extraconfederali, come può liberare le forze trasformatrici e
rivoluzionarie che sono compresse nella attuale fase della lotta di classe?
Non si tratta qui di demonizzare il carattere fortemente categoriale di alcune
vertenze. Lo stesso sviluppo del sindacalismo di base prende spunto dalla lotta
dei CoBas della scuola che sul finire degli anni '80 hanno rotto il quadro
delle compatibilità politiche e sociali a partire da una forte
rivendicazione salariale per i lavoratori della scuola. La difesa degli
interessi economici, normativi, previdenziali, dei lavoratori è la
condizione necessaria affinché si possa mettere in discussione le
relazioni di dominio e sfruttamento che pervadono le relazioni sociali
attuali.
Vi è però la necessità che i soggetti agenti il conflitto
sociale sappiano assumere la portata complessiva e universale della
rivendicazione di libertà, salario e possibilità di decisione che
i soggetti dominati e sfruttati esprimono. Vi si collegano quindi, accanto alla
intransigente affermazione della libertà di sciopero, associazione
sindacale, legittimità (e necessità!) di una battaglia sul
salario, le questioni della libertà di azione e associazione per tutti.
Quindi l'assunzione della questione "immigrazione" come elemento centrale dello
scontro di classe; quindi l'assunzione della questione "sicuritaria"
(militarizzazione dei territori, repressione, centri di detenzione) come
politica dei governi per attaccare l'azione proletaria; quindi una più
esplicita e consapevole alterità rispetto alla strutturazione del potere
nei suoi aspetti politici, economici e sociali.
Nelle piattaforme sindacali di questi mesi non leggiamo questa consapevolezza,
anzi vi ravvisiamo con preoccupazione elementi di forte corporativismo.
La vicenda della partecipazione alle elezioni delle Rappresentanze Sindacali
Unitarie da parte dei sindacati "di sinistra" solleva ampie questioni sulle
modalità dell'autoorganizzazione e sugli spazi di reale autonomia dal
governo e dal padronato.
Nelle settimane scorse si sono svolti 4 scioperi generali a sostegno di
vertenze categoriali, di settore, di comparto e d'azienda tutti, a parole,
contro il governo e la legge finanziaria preparata dal governo che andrà
in discussione al parlamento.
È ormai prassi che in autunno si svolgano manifestazioni sindacali visto
che la finanziaria disegna le regole sostanziali della contrattazione
determinando fondi e capitoli di spesa e gli indici della politica dei redditi
alla quale sono chiamati a rispondere i sindacati ma non le controparti
padronali.
Di fronte alla statalizzazione dei sindacati "storici", negli ultimi anni aveva
preso vita il sindacalismo di base che aveva la sua ragion d'essere
nell'indipendenza e nell'autonomia dal quadro politico istituzionale. Di fronte
alla complicità di CGIL-CISL-UIL con le politiche di determinazione dei
redditi, compatibili con le esigenze del capitale, disegnate dai governi di
centro-sinistra-destra, il sindacalismo di base raccoglieva e dava voce al
malcontento operaio e si proponeva come reale alternativa sindacale
prospettando una ripresa della lotte capace di invertire il segno del pesante
attacco che il mondo del lavoro ha dovuto subire in tutti questi anni e che ha
visto messo in discussione il potere d'acquisto dei salari, le libertà
sindacali, il diritto di sciopero.
Nonostante che gli scioperi del 12 ottobre (autoferrotranviari), del 13 ottobre
(intercategoriale di Cub-RdB) e del 16 (scuola) abbiano complessivamente
portato in piazza il triplo dei lavoratori mobilitati da CGIL-CISL-UIL e SNALS
il 9 ottobre, lo spezzatino degli scioperi ha completamente depotenziato la
loro valenza di contestazione delle politiche di governo e di alternativa alla
pratica corporativa ed antioperaia dei sindacati di Stato.
È arrivato il momento di segnalare la discontinuità fra una fase
che ci ha visto sostenere con forza le ragioni dell'autoorganizzazione operaia
vedendone potenzialità e limiti nelle esperienze del sindacalismo di
base ed una nuova fase in cui l'anarchismo organizzatore, comunista e
rivoluzionario svolgerà una critica puntuale a quelle logiche
corporative e di subordinazione al quadro politico che si sono rappresentate in
questi giorni?
Questi sono temi del dibattito che andiamo ad aprire.
La questione sociale
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