Da "Umanità Nova" n.36 del 12 novembre 2000
Trieste
Manovre repressive
Da tempo ci stavamo chiedendo per quale motivo le attenzioni della polizia nei
nostri confronti raggiungessero livelli incredibilmente ossessivi e paranoici.
Dopo ogni conferenza, anche le più "innocenti" sull'educazionismo o sul
vegetarianesimo, una o più pattuglie della Digos, oppure della Volante,
fermavano i semplici partecipanti agli incontri pubblici, li schedavano
trattenendoli anche per più di un'ora per "accertamenti" non meglio
specificati. Particolare attenzione veniva, e viene, riservata ai giovanissimi
studenti che frequentano la sede (che esiste da trent'anni) con intimidazioni
di vario tipo.
Ultimamente il tipo di "repressione preventiva" si è aggravato con un
salto di qualità dovuto alle difficoltà che, con tutta evidenza,
gli inquirenti hanno nelle indagini sui Nuclei Territoriali Antimperialisti,
gruppetti di marxisti-leninisti che cercano di costituire un "partito comunista
combattente" e che hanno firmato varie azioni, più o meno
"antimperialiste", nella regione. In seguito alla piccola esplosione del 15
settembre all'ICE di via Genova a Trieste, rivendicata dopo alcune ore dai NTA,
sei giovani di area libertaria (di cui solo uno veramente impegnato in senso
anarchico) vengono inquisiti per "associazione sovversiva a fini di
terrorismo", un reato che prevede pene per più di una dozzina d'anni di
carcere. L'intento repressivo non tiene assolutamente conto dell'abisso
ideologico che separa i marxisti leninisti dagli anarchici, né tanto
meno del fatto che il principale accusato e altri due erano presenti in sede
per una riunione, ben prima dello scoppio della "bomba" e che ne sono usciti
solo per capire cosa fosse successo. E che la sede, che si trova a circa cento
metri dal luogo dello scoppio, era costantemente sorvegliata dalla polizia
(squadra volante) dal primo pomeriggio, anche in vista della manifestazione
antifascista del giorno dopo.
La volontà di accusare degli anarchici pare che sia superiore ad ogni
altra considerazione di semplice logica e di puro svolgimento dei fatti. Sembra
che si voglia dimostrare che le intimidazioni attuate da alcuni anni nei nostri
confronti (e da noi pubblicamente denunciate), si giustifichino con le
successive accuse: in pratica la moltiplicazione degli atti repressivi dovrebbe
reggere un impianto inquisitorio che non dispone della minima prova, ma solo di
artificiali indizi.
Da un paio di giorni però si comincia a vedere più chiaramente
gli obiettivi dei nostri cari "angeli custodi". Infatti "Il Piccolo" del 3
novembre (che il giorno prima aveva accostato bombe, terrorismo e anarchici
nella prima pagina e nel principale titolo della cronaca locale) pubblica una
dichiarazione del prefetto veramente illuminante. Alla costituzione del
Comitato organizzativo per l'incontro del G8 sul tema dell'ambiente, previsto a
Trieste dal 2 al 4 marzo prossimi, il responsabile governativo per l'ordine
pubblico ha annunciato: "Qui non si ripeterà un'altra Seattle". Se, come
credo, questa frase vuole assicurare i "padroni del mondo" sulla assoluta
tranquillità della nostra città e perciò sull'assenza di
proteste e di movimenti contestatori che possano turbare i lavori del vertice,
allora si scopre la logica di queste iniziative repressive che prescindono dai
dati reali e si fondano solamente sul tentativo di togliere di circolazione
sovversivi e potenziali oppositori. Forse la lezione di Seattle e, in parte, di
Praga, dove la polizia è stata presa in contropiede, è stata
fatta propria dalle istituzioni repressive locali che, in accordo con quelle
nazionali, intendono far sentire tutto il loro peso in questi mesi attraverso
vere e proprie montature che costringano alla difensiva, se non
all'inattività, quei pochi gruppi di area antiautoritaria e ecologista
attivi in città.
Claudio Venza
Repressione a Trieste 2
Dopo gli interrogatori illegali della settimana scorsa, puntuali sono arrivati
ai sei indagati gli avvisi di garanzia, fin qui tutto come previsto.
La novità più succosa è il ritrovamento (circa una
settimana fa) nella casa perquisita fra il 15 e il 16 settembre (dove abitano
tre dei sei indagati) di tre microfoni per intercettazioni ambientali: uno in
cucina, e due in diverse stanze degli abitanti. Tutti erano celati dentro
scatole di derivazione e prese di corrente. Dopo essere stati fotografati sono
stati rimossi. Molto probabilmente sono stati installati quando tutti gli
abitanti della casa erano in questura per gli interrogatori.
Come se non bastasse giovedì a quattro dei sei indagati sono stati
recapitati gli avvisi della multa per il reato di blocco stradale relativo alla
spontanea manifestazione antifascista del 16 settembre in piazza Oberdan.
È ovvio che il recapitare questi avvisi per primi ai compagni inquisiti
è un ulteriore segnale della persecuzione della polizia nei loro
confronti. In ogni caso lunedì 6 è stata recapitata un ulteriore
multa per il blocco stradale a un giovane redskin. Per la cronaca la multa
prevista è fra i cinque e i venti milioni a testa.
Contro questa follia repressiva sono in cantiere varie iniziative nelle
prossime settimane.
Per ulteriori informazioni:
gruppoanarchicogerminal@hotmail.com
tel. 040/368096 martedì e venerdì ore 19-21
F.
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