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Da "Umanità Nova" n.38 del 26 novembre 2000

Strage del lessico
Al "Manifesto" straparla Parlato

Non dimentichiamo le stragi, da piazza Fontana in poi e, soprattutto non dimentichiamo la loro genesi in quella destra italiana, che ancora c'è, e che è storicamente eversiva, anarchica, capace di stragi, ma non di governo". Esordisce così il mediocre Valentino Parlato, nel suo editoriale, Passato presente, su "il Manifesto" di giovedì 16 novembre, a proposito delle conclusioni a cui arriva la procura di Brescia sulla strage di Piazza della Loggia. L'editoriale si allarga poi al dibattito sull'uso politico della storia e le recenti esternazioni a proposito dei testi scolastici del presidente della regione Lazio, Francesco Storace. Mi immagino che abbiate intuito il motivo della mia citazione iniziale: non posso raccontarvi la rabbia che mi è montata quando ho visto il termine "anarchica" accostato alla destra eversiva e stragista. Sgomberiamo il campo da ogni dubbio: non ho (credo abbiamo) alcuna pretesa di monopolizzare le parole che compongono l'idioma italico. Anzi, al contrario, penso che un compito, tra altri, di chi si ritenga rivoluzionario, sia quello di dare "senso" altro a vocaboli irregimentati in interpretazioni del Potere. Anarchia, anarchismo, anarchico ecc., fanno parte proprio di questi: per alcuni, clericali, fascisti, benpensanti-stalinisti, Valentino Parlato, ecc. l'anarchia e affiliati, intesi in senso politico, hanno sempre significato incapacità di governare, casino allo stato totale..., mentre per altri, noi ad esempio, hanno sempre rappresentato il miglior modo per l'umanità di autoregolamentarsi senza per questo aver bisogno di padroni, di servi, di proprietà, di guerre, di stati, di eserciti, di editoriali di Parlato, di articoli come questo e così via. So anche bene che il costrutto linguistico non nasce in maniera astratta, ma è tale in quanto figlio e madre, allo stesso tempo, del contesto sociale da cui proviene e quindi giunge: dai rapporti di classe, dalle culture prevalenti, dai modi di sentire, dal progresso tecnologico e via dicendo. Riflettiamo solo un attimo su come parole quali riformista e conservatore abbiano cambiato senso nel corso dell'ultimo ventennio: per riformista si intendeva una proposizione aderente ad un cambiamento sociale in termini "progressivi" e popolari (istruzione per tutti, livellamento salariale in alto, diritti di cittadinanza, libertà dei costumi...), mentre per conservatore si percepiva tutto l'opposto, ovvero il radicamento tradizionalista che si ancorava ai valori immutabili della storia (Dio, patria, famiglia, patriarcato...). Oggi, al contrario, passa per conservatore colui che pensa che alle scuole private non debba essere dato denaro pubblico, mentre è riformista chi apre alla concorrenza privata.

Se, quindi, siamo d'accordo su questi assiomi, non si può pensare di accaparrare alcunché della lingua corrente usata sulla penisola italica, ma una cosa che ci spetta inderogabilmente è la battaglia politica, ovvero sociale, culturale ed economica sull'uso capitalistico, tanto per tagliar corto, del linguaggio comune. E di questo Valentino Parlato ne è totalmente privo di ragione, ma non per questo meno solerte a far la ramanzina ai suoi avversi.

Mi chiedo, infatti, come egli pretenda di dar battaglia alla revisione, in senso neofascista, della storia, quando anche lui utilizza le stesse categorie semantiche dei vari Storace, Fini, Casini, Buttiglione e compagnia cantata.

È anche chiaro quali siano gli elementi omessi, volutamente, nel suo editoriale: il primo è che se qualcosa dovessimo (e lo dobbiamo) accostare alla destra eversiva quello sarebbe nient'altro che lo Stato. Parlato e il suo giornale sanno benissimo di quanti anarchici siano stati buttati in pasto ai leoni sulle stragi 'senza responsabili'.

Ma Valentino continua nella sua litania: "E la destra, che dichiara di voler andare al governo del paese (e con essa il padronato) dovrebbe fare un po' di pulizia in casa propria e mettere in piazza i troppi scheletri che ha ancora nell'armadio." Cit.

Peccato che poi, in terza pagina, "il manifesto" pubblichi una foto dell'onorevole Andreotti in funzione dei suoi collegamenti con la destra eversiva negli anni '70, dimenticandosi di sottolineare che Giulio appartiene alla compagine governativa di Parlato (centro-sinistra), in quanto iscritto al PPI e così come lui anche tanti altri figuri che nel recente passato non si sono certo distinti per la lotta antifascista.

Bisognerebbe ricordare, poi, come gran parte dello 'sdoganamento' politico delle destre eversive sia passato grazie al ruolo attivo delle sinistre istituzionali, dapprima con il PSI agli albori degli anni '80 e l'accreditamento dell'allora MSI, in seguito, e chi potrebbe dimenticarselo, con le elezioni presidenziali di Cossiga (il PCI diede un appoggio unanime) e via via passando alle esternazioni di Violante sui bravi ragazzi di Salò e per arrivare a politiche attive di razzismo istituzionale odierne (campi di detenzione temporanea, legge Turco-Napolitano...)

Un ultimo appunto: non so se Parlato se ne sia mai accorto, ma il padronato non sale al governo solo con la destra, ma mi sa che questi anni non gli hanno insegnato proprio nulla!

Pietro Stara



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