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Da "Umanità Nova" n.39 del 3 dicembre 2000

Palermo: Coordinamento - Azione Against Global Crime
Un laboratorio per il crimine organizzato

Comincia a insinuarsi a sinistra una sorta di "leggenda" planetaria sull'estinzione dello stato a fronte dei processi di globalizzazione economica e finanziaria, la cui accumulazione di ricchezza minerebbe l'esistenza stessa dello stato nazionale. Suo immediato riflesso sarebbe il collasso della politica, subordinata al momento economico (oggi rappresentato dalla finanza mondiale e dalle sue istituzioni di punta) e la pallida immagine delle Nazioni unite, sempre più fragili.

Ritengo si tratti di una leggenda che non coglie con puntualità nemmeno le tendenze in atto a livello mondiale nella redistribuzione dei poteri forti. A prescindere dalla banale osservazione che le autorità finanziarie a livello planetario sono nominate dagli stati e dai loro governi, almeno quelli più potenti, come è il caso dei vertici della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale, della World Trade Organization, va segnalato come sia ancora vigente il sistema di stati che domina il pianeta e che trova nell'Onu non solo il forum più ampio e più partecipato (seppure con forza di influenza diversissima), ma anche l'unico organo politico dotato di potere a livello mondiale, quale è il Consiglio di sicurezza nella sua particolare configurazione asimmetrica tra i suoi partecipanti (5 grandi potenze nucleari formalmente e perennemente inter-pares, anche se una è più "uguale" delle altre, e uno stuolo di comprimari a rotazione). Le sue risoluzioni, infatti, hanno l'elemento della immediata vigenza, costituiscono un decreto autoritativo che segnala la legittimità unica dell'esercizio del potere a livello mondiale, sia pure distorto dal meccanismo non democratico con cui vengono prese quelle decisioni aventi valore universalmente vincolante (rispettarle poi è un'altra cosa, e attiene ai margini elastici della forza politica in grado di imporle e farle valere).

L'Onu è quindi ancora oggi il massimo organo di potere legittimo a livello mondiale, anche e nonostante i colpi di credibilità subiti nel tempo, le carenze strutturali, l'incompletezza del suo sistema di organizzazione. Ma pur entro questi limiti, la legittimazione dell'Onu è tale che anche farne a meno diventa un costo da pagare per chi voglia ergersi a paladino dei propri interessi assoluti, a sceriffo autonominatosi del nuovo ordine mondiale, tanto è vero che si susseguono le ipotesi non di scioglimento, bensì di riforma e di rafforzamento dell'Onu.

Ecco il senso della nascita del Coordinamento-azione Against Global Crime che a Palermo intende manifestare il proprio punto di vista su una passerella mondiale di capi di stato che andrebbero a siglare una Convenzione sulla criminalità transnazionale, con una penna intrisa del sangue della propria popolazione sottoposta a dominio - quando non a sterminio vero e proprio - da parte di quelle stesse élites criminali che si riprometterebbero di sconfiggere la criminalità, ossia il cuore stesso del potere.

Ovviamente, Palermo ha una esperienza tale di criminalità legata al potere costituito da non poter consentire che una favola del genere prenda campo impunemente: Cosa nostra è tale solo perché organicamente stretta alle élites del potere politico, al di là della dimostrabilità d'ufficio e della perseguibilità penale (le prove della politica non coincidono con le prove giudiziarie). Inoltre, la centralità siciliana nell'area mediterranea e la sua stessa storia fanno di Palermo un osservatorio privilegiato rispetto al percorso pregresso del colonialismo e della dipendenza economica che popoli e paesi del sud del mondo (e su scala nazionale, anche noi siamo sud) hanno esperito e sperimentano quotidianamente sulla propria pelle di esseri sfruttati, criminalizzati, immiseriti, costretti a sfuggire dalla povertà, dalla fame e dalla guerra.

Il valore della Convenzione e del Vertice palermitano è esclusivamente simbolico perché la maggior parte degli strumenti innovativi di lotta alla criminalità transnazionale -quali l'abolizione dei paradisi fiscali o l'apertura del segreto bancario per contenere il riciclaggio - o non sono presi in considerazione o sono demandanti a successive norme a livello nazionale, guarda caso non adottate né ieri né oggi, e non si capisce perché dovrebbero essere prese all'indomani di una firma simbolica su un testo che entrerà in vigore solo se 40 stati lo ratificheranno nel corso dei prossimi due anni. Certo, chi si oppone al Vertice dell'Onu non è favore della criminalità organizzata (tra le proprie fila, ma anche in simbiosi con il potere); tuttavia la memoria lunga non conosce amnesie utili a soccorso dei criminali in doppio petto, che hanno sostituito il kalashnikov con i decreti legge. Quale legittimità hanno quei capi di stato a firmare un testo normativo se si sono macchiati di crimini orrendi, denunciati giorno dopo giorno da associazioni umanitarie, da organismi non governativi, dalla stampa libera, da operatori sul campo, persino dal Programma di sviluppo delle Nazioni unite? Come potremmo dare credito e legittimità ai capi di governo del Congo, della Sierra Leone, della Turchia, di Israele, della Costa d'Avorio, del Laos, della Birmania, dell'Indonesia, della Colombia, del Brasile, dello Sri Lanka, per non parlare degli Stati Uniti, della Cina, della Russia? Per ciascuno di questi paesi, ma il discorso vale per ognuno di quelli non citati, è possibile individuare una violazione grave e nociva di diritti umani, sociali, politici, civili, in combutta con gli istituti finanziari internazionali, attraverso il perseguimento di politiche neoliberiste fondate sull'appropriazione privata delle risorse pubbliche mondiale, come l'acqua e il cibo. A chi imputare le miserie del mondo - fame, povertà, analfabetismo, sfruttamento, lavori servili e infantili, discriminazioni di genere, guerre, stermini e genocidi - se non aLe Nazioni unite sono l'indice rappresentativo della gigantesca e oscena piramide sociale che nel mondo questo tipo di globalizzazione asimmetrica e diseguale ha costruito negli ultimi trent'anni, con la congiunzione parallela di poteri forti economici e potenze politiche. L'Onu incarna il punto di responsabilità individuato di tale ordine mondiale, ed è ai suoi componenti che si raduneranno a Palermo dal 12 al 15 dicembre che occorre rivolgere con la maggiore franchezza possibile e quanto più numerosi il grido di lucida rabbia degli ultimi del pianeta per le condizioni di vita cui quei criminali di capi di stato li condannano.

Salvo Vaccaro



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