|
Da "Umanità Nova" n.39 del 3 dicembre 2000
Il riordino dei cicli scolastici
A proposito di riforme. Lo Stato dell'Arte
La legge sulla riforma dei cicli (30/2000) è stata approvata il 2
febbraio 2000. Come è usuale, si trattava solo di uno schema assai
generale che avrebbe preso concretezza grazie ai decreti attuativi affidati al
governo.
Il Ministro della Pubblica Istruzione, Tullio De Mauro, che di questa legge
è un fautore convinto sino al punto da legare l'assunzione del suo
incarico, dopo la triste fine del suo predecessore, alla realizzazione di
questa riforma, ha presentato al consiglio dei ministri la sua ipotesi di
transizione dalla scuola attuale a quella disegnata dalla legge il 3 novembre.
Il parlamento dovrà esprimersi sulla proposta governativa entro 45
giorni da questa data dopo di che, se tutto filerà liscio,
comincerà un processo di graduale trasformazione dalla scuola attuale a
quella disegnata dalla riforma.
La scuola in salsa De Mauro, infatti, riguarderà le attuali prime
elementari e per dodici anni dovrebbero convivere la scuola vecchio modello e
quella nuovo modello con un processo di graduale avanzata della scuola
riformata. Il momento più suggestivo sarebbe l'anno scolastico 2007/2008
visto che dovrebbero iscriversi in un colpo solo alla scuola superiore gli
studenti che avranno fatto otto anni di scuola secondo l'attuale normativa e
quelli che ne avranno fatto sette secondo la nuova.
Il riordino dei cicli scolastici è stato, negli anni passati, criticato
dai sindacati di base ma anche da settori del sindacalismo scolastico
istituzionale e, in genere, degli insegnanti sulla base di precise
preoccupazioni nel mentre ha visto il sostanziale appoggio dei sindacati
istituzionali anche se la CISL, per diverse ragioni (forte radicamento nella
scuola elementare ed esigenza di giocare un ruolo parzialmente autonomo
rispetto al governo) è passata dall'appoggio alla legge ad
un'opposizione crescente.
La situazione pre elettorale ha fatto si che anche la Casa delle libertà
op, se si preferisce, il centro destra si è schierato contro la legge
che, a questo punto, pare imbarazzante per lo stesso governo.
Quali sono, in estrema sintesi, i problemi che la legge solleva?
- la scuola materna si chiamerà scuola dell'infanzia ma resterà di
tre anni e non sarà garantita come scuola pubblica e resterà
presumibilmente terreno di caccia per la chiesa con la differenza, rispetto al
passato, della maggior possibilità di avere finanziamenti pubblici;
- la scuola elementare e la scuola media (cinque anni più tre) diverranno
una scuola sola della durata di sette anni;
- si tratta del punto di maggior tensione vista che la riduzione di un anno
implica un secco taglio dell'organico. Il ministro De Mauro si è
affrettato, a questo proposito, a chiarire che non vi saranno licenziamenti ma
è evidente che per tagliare l'organico basta non assumere nuovo
personale o assumerne in quantità inferiore rispetto ai pensionamenti.
Basta pensare al fatto che, in presenza di un taglio dell'organico passato di
circa 100.000 posti, a circa 63.000 posti di lavoro formalmente scoperti e
disponibili per le immissioni in ruolo, ad una massa di precari abilitatisi
all'insegnamento nei recenti concorsi, il governo propone 42.000 immissioni in
ruolo. Nei fatti, è evidente che si vuole tenere "snello" l'organico in
previsione della riduzione dei posti oltre che per i tradizionali e nobili
motivi (i precari costano meno e possono essere licenziati quando non servono
più);
- gli insegnanti ed il personale non docente della scuola dell'obbligo temono,
inoltre, che l'essere collocati in un contenitore giuridico più ampio
comporterà maggior mobilità, la possibilità di saturare le
classi, difficoltà di ogni genere per quel che riguarda la didattica e
le strutture scolastiche;
- nella secondaria superiore la tensione è meno forte sia perché
gli effetti della riforma si vedranno più avanti che perché
quest'ordine di scuola sembra meno toccato. In realtà, è previsto
che il triennio dai 15 ai 18 anni potrà essere utilmente assolto in
stage aziendali,. che, ovviamente, verranno finanziati con denaro pubblico, con
l'effetto che l'apprendistato verrà equiparato alla scuola pubblica;
- non va sottovalutato che questa scelta creerà un enorme mercato per la
formazione professionale attualmente gestita da enti legati ai sindacati di
stato realizzando l'ennesimo esempio di accordo corporativo fra padronato e
sindacati. Il consenso dei sindacati di stato alla riforma dei cicli diviene
comprensibile: stanno, tanto per cambiare, facendo del sindacalismo a favore
dei sindacalisti.
Le contraddizioni interne al fronte parlamentare e sindacale, il fatto che
nella scuola vi sia una vivacità maggiore che in passato, rendono
possibile che su quanto sta avvenendo si apra una discussione seria ed
approfondita e che l'opposizione alla scuola azienda faccia un passo avanti sia
in termini di capacità di iniziativa che di consapevolezza.
I sindacati di stato sono consapevoli del pericolo e stanno già
attivando i loro controfuochi chiamando alla mobilitazione i precari che non
ricevono lo stipendio da mesi ed opponendo, nei fatti, la questione del
precariato a quella del riordino dei cicli sulla quale si sta mobilitando il
sindacalismo di base.
Solo ricomponendo il fronte, sarà possibile una mobilitazione efficace.
Le prossime settimane saranno, da questo punto di vista, di una straordinaria
importanza.
Cosimo Scarinzi
| |