|
Da "Umanità Nova" n.40 del 10 dicembre 2000
Giornata in ricordo di Umberto Marzocchi
A Savona nel centenario della nascita
Si è respirata una bella aria, umana e politica, il 2 dicembre nella
Sala Rossa del Comune di Savona. Il pubblico ricordo di Umberto Marzocchi si
è svolto a pochi passi dalla stanza dove il compagno aveva lavorato per
decine d'anni, con la stessa coscienza e attenzione che aveva dedicato, per
settant'anni, agli ideali e al movimento anarchici. Infatti, come è
stato rilevato da più di un intervenuto, non vi era contraddizione tra
lavoro e militanza nella personalità di Umberto, al tempo stesso
metodica e appassionata. Così lo hanno ricordato anche persone non
anarchiche come un giovane di Chiavari e un esponente dell'ANPI savonese, l'ex
senatore Urbani. Tra l'altro quest'ultimo ha pubblicamente riconosciuto che,
fino agli anni Settanta, i comunisti dominanti nell'associazione partigiana
avevano considerato l'anarchico Umberto, un uomo coerente e poco disponibile
alla manipolazione, con sufficienza e presunzione commettendo quantomeno un
grave errore di valutazione politica. Ed è seguita una sorta di mea
culpa nei confronti dei valori libertari. "Il tempo è galantuomo",
avrebbe commentato Umberto...
L'incontro è durato più di tre ore e ha visto la partecipazione
di circa duecento persone, tra compagni, anche delle zone vicine, e cittadini
savonesi. All'inizio Tiziana Casati, del gruppo Pietro Gori e nipote di
Umberto, ha presentato con comprensibile emozione l'iniziativa che offriva
anche una bella mostra di una cinquantina di fotografie. Ha poi preso la parola
Giorgio Sacchetti, che sta ultimando la biografia di Marzocchi. Egli ha evocato
la formazione di un militante che, giovanissimo, diventa Segretario dell'USI di
Spezia, progetta l'assalto alla locale polveriera, partecipa alla cacciata dei
fascisti da Savona e quindi deve rifugiarsi clandestinamente oltre le Alpi
utilizzando le strade già conosciute per aver realizzato precedenti
espatri di compagni ricercati.
Il periodo francese è stato trattato da Gigi Di Lembo, autore di un
lavoro (in corso di stampa) sull'esilio anarchico durante il fascismo, che ha
analizzato i numerosi problemi della sopravvivenza nella clandestinità,
dei preparativi del ritorno in Italia per abbattere il regime, delle polemiche
interne e delle azioni dirette antifasciste che hanno caratterizzato il duro
impegno di Umberto, e di altre migliaia di militanti, fino al luglio del 1936.
Alla breve, ma intensissima, fase spagnola è stato dedicato il discorso
di Claudio Venza , che aveva curato parte dei lavori preparatori della
biografia. Egli ha ricordato il ruolo centrale dell'esperienza spagnola, dalla
lotta sul fronte aragonese alle tragiche giornate del maggio 1937 a Barcellona.
La Spagna era sempre presente nelle conversazioni più o meno pubbliche
di Umberto che intendeva dimostrare agli interlocutori, attraverso la
ricostruzione del positivo funzionamento delle collettività contadine e
operaie, la possibilità concreta che il popolo realizzasse una
società di liberi ed eguali.
In un articolato intervento, Oreste Roseo ha ricostruito i drammatici momenti
vissuti insieme nell'unica visita nella Barcellona del postfranchismo. Nel
febbraio del 1977, Umberto e Oreste furono arrestati, con una trentina di
compagni spagnoli e detenuti per quasi una settimana con l'unica colpa di aver
partecipato ad una riunione. Il regime della tanto osannata "transizione
democratica" spagnola mostrava, una volta di più, il suo vero volto
violento: il compagno Barba, malmenato e ripetutamente picchiato, moriva a
pochi mesi dal rilascio.
Massimo Varengo ha poi portato il saluto dell'IFA attuale e ha riflettuto sulla
validità del lavoro svolto da Marzocchi nella gestione della Commissione
di Relazioni dell'IFA, strumento delicato e importante dell'organizzazione
internazionale specifica, talora investito da problemi molto grandi, forse
troppo grandi per una struttura dalle ridotte risorse. In qualche modo gli
anarchici di lingua italiana stanno continuando l'impegno avviato da Umberto,
sia pure in un contesto notevolmente diverso da quello di venti-trent'anni
fa.
Non va dimenticato un tratto caratteristico di Umberto che ha dedicato gran
parte della propria esistenza alla lotta libertaria, ma che ha cercato di non
trascurare gli affetti familiari, come, in altre occasioni, hanno precisato le
due figlie, Adria e Marisa, nate in Francia nei primi anni Venti.
Il canto finale di "Vieni o maggio..", avviato da alcuni compagni di Carrara,
ha coinvolto e commosso molti dei presenti, concludendo un proficuo momento
collettivo. Ricordare la sua figura ha propiziato l'orgogliosa rivendicazione
della storia, dei valori e dell'attualità dell'anarchismo.
L'incaricato
| |