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Da "Umanità Nova" n.41 del 17 dicembre 2000

Palermo, 12 dicembre
Una libertà senza confini

"Palermo, nonostante le dolcezze primaverili di questo primo scorcio dicembrino, è una città spettrale. Il centro cittadino è stato chiuso. Transenne e posti di blocco circondano tutta l'area del vertice. In piazza Massimo, non lontano dal palazzo dove si tengono le riunioni dei rappresentanti ONU, per entrare nel chiosco di un tabaccaio bisogna mostrare i documenti. Il controllo è capillare: ovunque sono piazzati poliziotti, quelli italiani ed i boys venuti da fuori. In tutto 10.000 tutori del disordine schierati a quadrato intorno ad un evento che si celebra a porte chiuse, sotto i riflettori dei media ma lontano dagli occhi dei palermitani."

Queste parole di Salvo raccolte al telefono ci danno la piena misura del clima nel quale sono partiti i lavori dell'ONU, venuta a Palermo a siglare un trattato, che, lo sappiamo bene, al di là delle altisonanti dichiarazioni che lo accompagnano, non farà che sancire un disordine mondiale del quale i rappresentanti dei governi giunti nella città siciliana sono i primi ed i principali responsabili.

Il vertice dei criminali internazionali riunitisi a Palermo sotto le bandiere dell'ONU è iniziato in un clima surreale di militarizzazione. Lunedì 11 i convitati di lusso di questa kermesse sono stati intrattenuti nella centralissima piazza Massimo dalla banda dei carabinieri che ha suonato in esclusiva per loro. Dall'altra Palermo, quella del Coordinamento "Action against global crime", si sono uditi ben altri suoni: il previsto street party, "Banana crime", ha dato il la alla settimana di iniziative contro il crimine globale, quello degli stati, dei capitali, dei governi.

Il "Banana crime" si è radunato in piazza Marina per poi raggiungere in corteo piazza s. Anna, sorvegliato a vista da centinaia di poliziotti che in un paio d'occasioni hanno creato momenti di tensione avvicinandosi un po' troppo ai circa 500 partecipanti che, con una festa di piazza, tentavano di riappropriarsi dello spazio pubblico in una città blindata ed espropriata da arroganti delinquenti in giacca scura e limousine. Sino a tarda ora vi sono stati concerti e balli di piazza: uno sberleffo ai potenti asserragliati nei loro palazzi blindati.

Il 12 dicembre, data simbolo della criminalità degli stati, il giorno della strage di piazza Fontana, la strage che, dopo 31 anni è ormai per tutti assodato, fu strage di stato, le strade di Palermo si sono nuovamente animate per la manifestazione nazionale contro il crimine globale. "La tensione è fortissima: la polizia è in assetto antisommossa", al telefono la voce di Antonio testimonia il clima che si respirava all'inizio della manifestazione, quando alla partenza non si erano radunate che 600 persone e l'arroganza della polizia si mostrava senza ritegno. Ma la situazione cambia rapidamente, perché alla prime 600 se ne aggiungono progressivamente altre, sino a raggiungere alcune migliaia di partecipanti. Forte la presenza da tutte le realtà siciliane, ma anche di significative delegazioni dal resto d'Italia. "Un risultato importante, quasi insperato a così pochi giorni dalla mobilitazione internazionale di Nizza contro il vertice dell'UE", prosegue Antonio, nella sua cronaca in diretta dal corteo. Il lungo serpentone dei manifestanti si snoda per i quartieri belli e degradati di quella parte del centro ove abitano oggi soprattutto gli immigrati: risuonano gli slogan, i canti, ovunque sventolano bandiere e striscioni: i colori della protesta rispondono al tetro grigiore dei palazzi muti oltre le transenne, al di là degli uomini in divisa che li difendono. "Lo spezzone degli anarchici è folto, almeno un centinaio di compagni si sono radunati dietro agli striscioni della Federazione Siciliana e della FAI. Il lavoro svolto in questi mesi ha dato i suoi frutti", la voce di Antonio, al telefono è allegra nonostante la tensione provocata dalla massiccia presenza degli uomini in blu. "Siamo riusciti ad imporre che il corteo sfilasse liberamente: non abbiamo accettato la presenza di militari in testa e in coda e soprattutto ai lati. La Questura ha dovuto limitarsi a schierare i suoi uomini nelle vie laterali, lontano dalla manifestazione."

Alla fine, in piazza, le mille anime della manifestazione danno vita ad un'assemblea. Parlano i rappresentanti delle comunità immigrate, i cobas, gli anarchici, quelli del Coordinamento per la pace di Palermo, i gruppi di cooperazione con i rom della Favorita. "È una giornata importante, la prima di questo dicembre palermitano. Il 28, anniversario della strage del Vulpitta, aspettiamo tutti gli antirazzisti a Trapani." Un anno fa a Trapani sono morti bruciati nel lager di stato 6 immigrati, 6 uomini "colpevoli" di cercare un'opportunità migliore di vita, "colpevoli" di essere senza documenti. Dopo un anno, come se niente fosse accaduto, il lager Serraino-Vulpitta ha riaperto. Antonio conclude la sua cronaca lanciando un appello: "Il 28 dicembre diremo no al razzismo, no ai lager per immigrati, no alle frontiere, no alla criminalità degli stati."

Il 12 dicembre a Palermo, al confine tra il Nord ed il Sud del mondo, in questa città ancora una volta crocevia di culture, esperienze, progetti, ha echeggiato prolungandosi un grido di libertà. Una libertà senza aggettivi, capace di costruire, immaginare, spezzare barriere, aprire nuovi orizzonti. Anarchica, perché in se stessa trova il proprio principio.

Eufelia



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