unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.01 del 14 gennaio 2001

Dibattito/laquestionesociale
RSU, sindacalismo di base, identità libertaria

Nell'articolo "A proposito delle RSU" apparso sul numero 37 di "Umanità Nova" Wild CIG pone alcune domande sulla situazione, le prospettive, la stessa natura del sindacalismo alternativo.

Ritengo che sia un bene che il nostro giornale si occupi in maniera non diplomatica di questi argomenti. D'altro canto, egli pone questioni diverse e di diverso rilievo. In questo testo ne affronterò solo alcune come so e come posso.

Wild CIG prende le mosse dalla situazione determinatasi con le elezioni delle RSU nella scuola e dalla "difficoltà di trovare compagni e lavoratori che si candidino nelle liste degli autorganizzati" ed ha ragione, almeno per quanto ho potuto verificare personalmente. Credo sia sbagliato porre innanzi in maniera esclusiva, per spiegare questo fatto, delle cause che pure sono reali come la mancanza di risorse del sindacalismo di base, il boicottaggio dell'amministrazione, l'impossibilità di tenere assemblee.

Infatti nella scuola le elezioni delle RSU non sono sentite come una scadenza importante, non vi è una tradizione di contrattazione aziendale, i lavoratori ancora non comprendono l'interesse di avere strumenti per porre un freno al potere dei dirigenti, per controllare l'organizzazione del lavoro, per trattare sulla distribuzione del salario accessorio. Ritengo, però, che l'aziendalizzazione della scuola determinerà una mutazione di atteggiamento, mutazione non lineare né necessariamente rapida. La scommessa che hanno fatto i compagni che hanno scelto di partecipare all'elezione delle RSU sta nell'anticipare o, almeno, nel non farsi scavalcare dall'iniziativa dei dirigenti e nel tentare di costruire il sindacato a livello aziendale. Da questo punto di vista, l'elezione dei delegati è un passaggio che non può essere eluso.

Il fatto, poi, che diversi compagni di orientamento libertario non desiderino candidarsi alle elezioni delle RSU ha, a mio avviso, due spiegazioni possibili:

* la pura e semplice mancanza di interesse per l'intervento sindacale;

* il timore di essere coinvolti eccessivamente da un intervento di questo tipo perché lo si ritiene meno interessante rispetto ad altre modalità di azione di tipo politico o culturale.

Nel primo caso, direi, che non vi è alcun problema effettivo, non tutti gli anarchici sono interessati all'intervento sindacale ed anzi, per quanto ne so, sono più numerosi quelli che non lo apprezzano rispetto ai "sindacalisti". Nel secondo caso, si tratta di timori effettivamente ragionevoli e che, comunque, meriterebbero una discussione specifica.

Wild CIG, poi, si chiede "La rincorsa alle RSU nella scuola è veramente utile per la costruzione di un movimento radicale del conflitto di classe? O non è altro che "adeguarsi" al poco o nulla che avanza, con il rischio di rimanere ingabbiati in meccanismi già stabiliti decisi a priori da CGIL,CISL e UIL e governo. Se veramente il risultato degli scioperi di questi ultimi tempi è stato un successo perché non porsi in modo alternativo uscendo dalle solite pastette nella difesa delle varie sigle rischiando di far diventare lotte serie e interessanti, movimenti corporativi in difesa di interessi particolari?"

Riconosco che, per rispondere, sarebbero necessarie capacità divinatorie che non ho.

Dovremmo forse metterci d'accordo su cosa si intende con la frase "porsi in modo alternativo". Se vuole dire che si tratta di difendere e alcune precise rivendicazioni generali e praticare un sindacalismo militante e non concertativo non può che trovarmi d'accordo. Sarei meno d'accordo se intendesse dire, non lo credo ma vi è chi usa gli stessi argomenti a questo fine, che è bene lasciare ai sindacati di stato la contrattazione riservandosi un ruolo di forza di pressione di carattere culturale nelle situazioni normali e di elemento di mobilitazione nelle fasi più vivaci.

Che le RSU siano state progettate come una gabbia volta a riservare ai delegati di azienda un ruolo marginale a fronte dei sindacati esterni è assolutamente evidente. La scommessa di chi ha scelto, comunque, di partecipare è quella di garantire al sindacalismo di base alcune libertà sindacali minime, di lavorare al coordinamento dei delegati, di puntare sulla contraddizione fra delegati ed apparati. Si tratta, appunto, di una scommessa, il rischio di volare bassi e di ridursi, di conseguenza, a raccogliere le briciole che cadono dal tavolo della contrattazione è reale. Il problema che, però, affrontiamo è a mio avviso se si debba assumere come rilevante il terreno sindacale e se lo si debba fare attraverso la costruzione di sindacati di base.

La questione delle sigle è effettivamente delicata. Vi è un'area di colleghi che non vorrebbe l'esistenza di più sindacati e che pensa che sarebbe bene rafforzare gli attuali sindacati maggiori cercando di spostarne l'orientamento. Un punto di vista che implica, coerentemente, il rifiuto di costruire un sindacato alternativo. Se, invece, si ritiene possibile e necessario costruire un'alternativa al sindacato di stato ne consegue che serve un'organizzazione strutturata tale da poter aggregare almeno settori combattivi dei lavoratori con tutti i problemi e le contraddizioni che ne derivano. Tertium non datur, almeno a mio parere.

Quando Wild CIG afferma: "Personalmente credo che il sindacato sia un mezzo ed in quanto tale vada usato, invece quello che oggi mi sembra il percorso stia sempre più diventando un fine" fa un affermazione che ritengo, quantomeno, discutibile.

In realtà, nemmeno i sindacati istituzionali sono un mezzo. non fosse altro che perché l'apparato sindacale tende, di norma con successo, a sottrarsi al mero ruolo di cinghia di trasmissione per affermare interessi propri non sempre coincidenti con quelli dei partiti di riferimento;

Il sindacato, inoltre, come qualsiasi aggregato umano tende a costruire, anche nel migliore dei casi, una propria identità, un senso di appartenenza, una dimensione progettuale che non possono essere sottovalutati. Anche un sindacato che si voglia strumento dell'autorganizzazione sociale e che pratichi coerentemente quest'ipotesi è comunque costituito, per quanto riguarda la sua vita quotidiana, da militanti, se non da funzionari, che ne garantiscono il funzionamento. Un sindacato, insomma, non coincide né può coincidere con le assemblee dei lavoratori in lotta o con i consigli dei lavoratori in fase rivoluzionaria. Si può ritenere che il sindacato sia o meno utile all'autorganizzazione della classe ma certo non mi pare opportuno sottovalutarne i caratteri specifici. In altri termini, se si pensa al sindacato come ad un mezzo dal punto di vista dei lavoratori si non dovrebbero sottovalutare gli specifici problemi che l'esistenza di un sindacato, di qualsiasi sindacato, pone.

Infine, mi pare che Wild CIG sia preoccupato dall'eccessiva identificazione di alcuni compagni di area libertaria con i sindacati di appartenenza, di un'identificazione che li porta a non guardare con equilibrio alla questione sociale e a sottovalutare il fatto che solo una ripresa del movimento di classe può permettere allo stesso sindacalismo di orientamento libertario di fare un salto significativo. Ritengo che questo sia un rischio reale e che si spieghi con il fatto, almeno per coloro che non fanno della polemica sterile la loro principale attività, che la pratica sindacale tende ad assorbire molte energie e a divenire il terreno principale di intervento, se non l'unico, per i compagni che lo scelgono. Non si tratta di una questione nuova, sin dall'inizio del secolo che volge alla fine, vi sono state discussioni, anche aspre, nel merito. L'arco delle posizioni che conosco è vasto e si va dai sindacalisti "puri" ai fautori di un intervento del solo intervento di tipo politico culturale passando per una serie notevole di sfumature. A maggior ragione e senza sottovalutare le difficoltà obiettive che affrontiamo, sono necessari, per i compagni d'area libertaria, strumenti e momenti di discussione e di confronto adeguati sia sul quadro di riferimento generale nel quale collochiamo la nostra azione che sui problemi che volta volta si pongono.

Guido Giovannetti



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org