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Da "Umanità Nova" n.01 del 14 gennaio 2001

Michele Straniero
Una voce controvento

È sua la voce che canta l'Inno dell'Internazionale e la Marsigliese del lavoro nel cd/raccolta dei canti anarchici "Addio Lugano bella".

Sua la voce che al festival di Spoleto (era il 1964) fece scoppiare lo scandalo durante la recita dello spettacolo "Bella ciao": una canzone sgradita ad alcuni militari presenti tra il pubblico che sporsero denuncia per "lesioni all'onore italiano", ed ecco il Nuovo Canzoniere Italiano in cima alla lista nera di fascisti e benpensanti.

Sua l'energia che contribuì ad alimentare Cantacronache (con Fausto Amodei e Sergio Liberovici, e le collaborazioni di Italo Calvino, Franco Fortini ed Umberto Eco), il movimento che oppose l'idea di musica intelligente ("un prodotto d'arte che spiegasse che esistevano guerra e consumismo, terzo mondo e morti sul lavoro") alla canzone leggera nazionalpopolare degli anni del pre-boom, quando i cantautori erano ancora da inventare.

E c'era anche il suo lavoro a mantenere in vita il Nuovo Canzoniere Italiano, i Dischi del Sole, l'Istituto E. De Martino, il centro di Cultura Popolare ed il Centro Regionale Etnografico Linguistico di Torino (ricco della sua biblioteca di oltre diecimila volumi).

Michele era un ricercatore ed etnomusicologo instancabile e curioso, in viaggio attraverso l'Italia vista dal basso, l'Italia popolare, operaia, contadina, l'Italia della povera gente, dei partigiani e degli emigranti, delle osterie e delle manifestazioni di piazza. Quella delle risaie e dei picchetti davanti agli stabilimenti, quella delle feste popolari con le bandiere al vento e le damigiane di vino buono.

Michele era uno scrittore ed uno studioso che sapeva bilanciare tradizione ed impegno politico. Michele era un poeta. Sue le parole che ci hanno presentato Victor Jara e Joan Baez, sue le mani che hanno raccolto i canti degli emigrati e della Resistenza. Sua la testimonianza sui canti della nuova Resistenza spagnola (per questo suo lavoro di ricerca venne incriminato per vilipendio alla religione), suoi gli studi appassionati sulla religiosità popolare.

Michele se n'è andato. Nel sonno, la settimana scorsa, dopo due anni di peggioramenti continui: un incidente, venne travolto da un'auto in centro a Torino, da cui non si era più ripreso.

Nel presentare una raccolta di canti politici e sociali da lui curata, ebbe a scrivere: "Queste canzoni dedichiamole anche a chi non le volle mai nemmeno ascoltare, e le osteggiò con durezza implacabile perché le sentiva "diverse". E infatti lo erano, diverse: non cercavano di vendersi al miglior offerente, ma di cambiare la nostra vita e la faccia del mondo...".

Addio Michele.

Ascolteremo le tue canzoni, e non ti dimenticheremo.

Marco Pandin



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