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Da "Umanità Nova" n.01 del 14 gennaio 2001

Trapani: corteo ad un anno dalla strage del Vulpitta
Nessuno è clandestino

Il 28 Dicembre si è svolta a Trapani la manifestazione per l'anniversario della strage del "Serraino Vulpitta", il CPT nel quale morirono sei immigrati in seguito all'incendio divampato in una delle camerate. L'iniziativa promossa dai coordinamenti antirazzisti siciliani, ha visto la partecipazione di circa 150 persone, un risultato soddisfacente (anche se si può sempre fare di più), tenendo conto della particolarità della data e della concomitanza di altre iniziative che per tutto il mese hanno impegnato da più parti molte persone in tutta Italia. Il corteo, che sarebbe dovuto partire alle 16,30, si è mosso con un'ora di ritardo a causa dell'agguerrito posto di blocco piazzato in autostrada all'entrata della città e che è servito a fare il "check up" completo dei due pullman con a bordo i manifestanti provenienti da Palermo.

Nonostante questa gustosa provocazione e nonostante l'ingente spiegamento di forze che in piazza ha letteralmente ingabbiato sui quattro lati il corteo, la manifestazione è potuta iniziare con tutta la sua rumorosità e la sua rabbia. La gente per strada è sembrata fin troppo stranita dall'iniziativa che stava prendendo corpo sotto i suoi occhi, mostrando un'indifferenza abbastanza contraddittoria se paragonata alla partecipazione e alla solidarietà espresse nei confronti del corteo organizzato a luglio quando il Vulpitta era stato chiuso. In ogni caso, non sono comunque mancati utili momenti di discussione durante il volantinaggio dei compagni anarchici che sono giunti a Trapani da tutta la Sicilia e anche dal norditalia.

Arrivati davanti il Vulpitta, sono stati deposti dei fiori sul cancello per ricordare in silenzio le vittime del rogo, poi il corteo ha ripreso il suo percorso per sciogliersi infine con interventi liberi al microfono.

Questo anniversario è venuto a cadere in un momento molto delicato della lotta contro i CPT in Sicilia.

È ormai noto che il "Vulpitta" è stato riaperto a novembre nonostante che al prefetto di Trapani Cerenzìa fossero state rilevate accuse molto pesanti emerse in seguito all'inchiesta della magistratura: omicidio colposo plurimo, omissione d'atti d'ufficio, lesioni colpose personali, omessa cautela contro i disastri e gli infortuni. Una situazione abbastanza grave, tanto da costringere quelli del ministero a trasferire il Cerenzìa a Vercelli.

Com'era prevedibile, le pressioni da parte di prefettura&questura nei confronti della fragile realtà antagonista cittadina si sono fatte nell'ultimo mese sempre più subdole e insolenti: tra le tante, ne citiamo una. La mattina del 28 era previsto l'ingresso di una delegazione composta da rappresentanti dei coordinamenti di Trapani e Palermo all'interno del CPT, per sincerarsi delle condizioni dei reclusi e per una verifica delle tanto conclamate "opere di ristrutturazione". A meno di dodici ore dall'entrata della delegazione, si viene però a sapere dalla questura che sì, il CPT sarebbe stato a disposizione dei delegati in qualunque momento, ma che all'interno non vi avrebbero trovato gli immigrati perché tutti trasferiti ad Agrigento per "disinfestazione dei locali". Oltre a ciò si è aggiunto che, per quanto riguardava il corteo, non si sarebbero tollerate "azioni eclatanti anche di natura pacifica" o slogan "offensivi nei confronti delle istituzioni". Naturalmente i manifestanti se ne sono infischiati cosicché nessuno ha esitato nel fare ciò che gli pareva (scritte sui muri, un paio di blocchi...) o nel gridare che il Vulpitta è una vergogna di stato.

Certe prese di posizione da parte istituzionale sono comunque segnali inquietanti di un approccio sempre più autoritario nei confronti della realtà antagonista. Sono state ottenute alcune cose importanti durante quest'ultimo anno appena trascorso: la chiusura, seppur temporanea del Vulpitta; l'inchiesta; l'incriminazione del prefetto e il suo trasferimento; il coinvolgimento delle comunità immigrate, tutti piccoli passi che hanno dato molto fastidio a "chi di dovere".

Tocca ora a noi non lasciarci intimidire né scoraggiare dagli ostacoli che ci verranno posti da qui al futuro. Ciò che più importa e per cui sempre meglio bisognerà impegnarsi, è continuare nella nostra lotta a fianco dei migranti per la chiusura di questi luoghi della vergogna, i centri di permanenza temporanea.

Il "Vulpitta", tragica icona della logica statale che vieta la libera circolazione delle persone, deve restare il primo e ultimo luogo in cui la disperazione e la ricerca della libertà si tramutano in morte.

A un anno da quell'eccidio, l'unico proponimento è di continuare a lavorare per l'abolizione dei CPT e per l'estensione ai migranti dei diritti che appartengono a tutti: casa, lavoro, salute, istruzione.

Perché non vogliamo le frontiere, perché nessuno è clandestino.

Alberto La Via



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