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Da "Umanità Nova" n.03 del 28 gennaio 2001
L'uranio impoverito
"Il minerale del disonore"
In questa fine-inizio millennio è salito agli onori delle cronache
questo 'minerale del disonore' come ipocritamente è stato definito da
più parti, giacché se ci fu qualcosa di disonorevole questo lo
furono la guerra in Kosovo, la guerra in Cecenia, la guerra in Kuwait, insomma
tutte le guerre, gli stati e gli eserciti che le produssero e le promuovono o,
che senza prendervi parte, ne sono, solo per il fatto di esistere, complici. Se
ad oggi c'è qualcosa di disonorevole è il fatto che costoro non
siano scomparsi, ma anzi, ancora una volta, ci rammentano il bene che hanno
fatto ed occultino informazioni preziose alle domande legittime di conoscenza
di cui tutti avrebbero diritto. Secondariamente l'ipocrisia maggiore risiede
nella ricerca della verità quando essa, in maniera nazionalistica e
sciovinista, tocca i figli della madre patria, non certo quando colpisce
abitanti di altre regioni, città e luoghi lontani dai sacri confini
dello stato: ed è il caso dell'uranio impoverito. Non si era mai visto
circolare tanto materiale scientifico a provare o contro-provare tesi opposte,
finte moratorie e quant'altro. Peccato, ancora una volta, che si sapesse tutto
da molto tempo e peccato, poi, che molte informazioni circolassero al di fuori
e contro le notizie di regime. Con il "si sapesse tutto" non voglio certo
essere presuntuoso o attestarmi su di un piano di competenze scientifiche non
mio, ma ciò che voglio affermare è che sino ad ora è stata
prodotta una notevole quantità di materiale scientifico di ottimo
livello sugli effetti dell'uranio impoverito, nonché sono tali e tante
le contraddizioni espresse dai settori d'impiego (governi, Nato, militari...)
da rendere inconfutabili le prove delle loro reiterate colpevolezze. Proviamo
prima a rispondere ad alcune domande. Che cos'è l'uranio impoverito?
"L'Uranio impoverito è lo scarto del trattamento a cui viene sottoposto
l'uranio presente in natura, al fine di ottenere combustibile utile per i
reattori nucleari di potenza o materiale esplosivo adatto alla costruzione di
ordigni nucleari. In natura esistono tre tipi ('isotopi') di Uranio: l'U-235
(fissile[1]), l'U-238 (non fissile) e,
in misura trascurabile, l'U-234. Dal minerale si estrae Uranio in cui la
percentuale dell'isotopo fissile è circa dello 0.7%. Per gli scopi sopra
citati occorre 'arricchire' tale frazione mediante procedimenti chimici. In
particolare è necessario arrivare ad un arricchimento del 3% circa in
U-235 per il combustibile nucleare e del 90% e oltre per le bombe. L'Uranio
impoverito, o 'depleto' (DU) è il sottoprodotto di tale trattamento ed
è dunque costituito nella sua quasi totalità di
U-238."[2] Cosa succede quando esplode? "Quando un penetratore
all'uranio impoverito impatta su un obiettivo, o quando un tank con corazzatura
all'uranio o munizioni al DU prende fuoco, parte dell'uranio impoverito brucia
e si ossida in piccole particelle. I penetratori all'uranio impoverito che non
colpiscono l'obiettivo possono rimanere nel suolo, essere sepolti o rimanere
sommersi nell'acqua. Questi penetratori 'spenti' si ossideranno nel corso del
tempo, disgregandosi in polvere di uranio (...) Un memorandum datato 8 marzo
1991 inviato alle unità nella regione del Golfo Persico dall'US Army
Armament, Research, Developement and Engeneering Center (ARDEC) sintetizzava
quattro rapporti prebellici che avevano studiato le particelle DU create dagli
impatti: 'L'aerosol di ossido di DU formato dall'impatto dell'DU sulle corazze
ha un'alta percentuale di particelle respirabili (dal 50 al 96%), e una
percentuale apprezzabile di queste particelle sono facilmente solubili nei
fluidi polmonari (dal 17 al 48%).' (...) Un manuale di addestramento sulle
munizioni DU dell'US Army Chemical School, completato nell'ottobre 1995 dice
che: 'È molto probabile che venga contaminato chi respira senza
protezione quando munizioni DU colpiscono e penetrano nel suo tank... Altro
personale che potrebbe essere contaminato da polvere di uranio comprende il
personale di soccorso, quello medico, i gruppi di recupero (...). Nel febbraio
del 1980 una corte dello stato di New York ha ordinato alla National Lead di
cessare la produzione di munizioni DU perché essa superava regolarmente
il limite di radioattività in emissioni gassose dello Stato di 150
microcurie al mese. I 150 microcurie corrispondono ad un rilascio mensile di
385 grammi di polvere di uranio. Per confronto, l'ammontare di Uranio
impoverito rilasciato nel gennaio e febbraio 1991 in Kuwait, Arabia Saudita, e
Iraq superava di 700.000 volte quello emesso dall'impianto della National Lead.
L'impianto chiuse nel 1983 e sta ora venendo decontaminato e
smantellato."[3] Nel Kosovo sono stati sparati almeno 31.000
proiettili all'Uranio impoverito. Quali sono gli effetti sull'essere umano?
"Nel momento in cui la particella si insedia in una determinata parte
dell'organismo provoca immediatamente un effetto cellulare dagli esiti
certamente negativi. Per capirci, le particelle vanno a finire in contatto con
l'informazione del nucleo, ovvero direttamente nel codice genetico, modificando
il quale si può assistere ad effetti di mutazione sui geni, sui
cromosomi, sulle molecole del DNA. E i possibili effetti di un'informazione
genetica alterata sono tristemente noti: tumori, leucemie e quant'altro,
compresa la trasmissione di un carico genetico alterato sulle generazioni
future."[4] Dalla famigerata guerra del Golfo ad oggi si calcola che
siano almeno 100.000 i soldati americani colpiti da forme patologiche connesse
alla guerra chimica e batteriologica, con danni molto spesso riscontrabili sia
nei pater che vengono infettati sia nei figli/e nati/e con patologie molto
gravi.[5] Se a costoro,
'vittime-colpevoli' (militari) o ai loro figli/e (vittime innocenti)
aggiungessimo le centinaia di migliaia di donne, uomini e bambini Iracheni (65%
di tumori e malformazioni congenite in più dopo la guerra)e poi
kosovari, serbo-bosniaci, ceceni... scopriremmo che le nuove guerre
'umanitarie' provocano distruzioni e danni in tempi lunghi, se non lunghissimi:
alcuni studiosi affermano che le possibilità di permanenza dell'uranio
impoverito siano calcolabili intorno ai 450 milioni di anni, altri ancora
sostengono che si possa arrivare a 4,5 miliardi di anni. Diventa allora sempre
più falso chiedersi 'quante vittime fa una guerra?', giacché per
essere sinceri dovremmo chiederlo ai nostri pro-pro-pro... nipoti. Cosa dice la
legislazione italiana? "Gli effetti nocivi dell'uranio impoverito (...) erano
noti in Italia, dove l'ennesima smentita alle affermazioni di presunta
ignoranza delle nostre autorità politiche arriva addirittura dalla
legislazione della Repubblica, che in un'apposita legge (DL 17 marzo 1995,
n.230, pubblicata dal Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n.136 del
13 giugno 1995) mette in guardia dal famigerato U-238 (...) La legge in
questione di cui dà notizia l'ultimo saggio del 'Comitato scienziate e
scienziati contro la guerra', cita espressamente il DU e lo classifica tra i
nuclidi radioattivi, sebbene nel gruppo 'a debole radiotossicità'.
'Tutto dipende quindi dalla quantità, dalla concentrazione, dalle
modalità e dai tempi di esposizione' ci informano gli autori
dell'articolo rivelazione. 'In particolare, la stessa legislazione prevede, nel
caso del nuclide U-238, che la presenza di esso rientri nel campo di
applicazione della legge (quindi non sia trascurabile), qualora la
quantità totale di radioattività del materiale superi 10 (4) Bq e
che l'attività specifica sia superiore a1 Bq/grammo - concludono gli
esperti - è sufficiente la presenza di una frazione di grammo di Du per
rientrare nel campo di applicazione della legislazione italiana di
radioprotezione.'"[6] Molte altre
domande andrebbero, a questo punto, a toccare il nocciolo delle questioni,
ovvero dovrebbero rispondere ai perché del militarismo, delle guerre,
dell'odio etnico, dello sfruttamento capitalistico eccetera, eccetera. Ci
sarebbero molti altri punti da valutare ed approfondire, ma su uno, di cui ho
già accennato nel capitolo sulla produzione e commercio di armi, vorrei
tornarci sopra. Ed è la questione legata agli interessi sul riciclaggio
delle scorie radioattive. In un bell'articolo comparso su "il Manifesto" del 10
gennaio '01[7], Sergio Finardi racconta
la storia della British Nuclear Fuels plc (Bnfl), un colosso che gestisce in
tutto il mondo, anche tramite la sua sussidiaria statunitense Bnfl Inc., la
ripulitura, il trattamento dei siti devastati dalla produzione nucleare
militare della guerra fredda, nonché il riciclaggio, il riposizionamento
e la trasformazione dei rifiuti degli impianti commerciali per la produzione di
energia nucleare. Due società, ovvero la Manufacting Sciences
Corporation, ora acquisita dalla Bnfl Inc. e la Starnet Corporation[8], che ha clienti quali la LocKheed
Martin e la United States Enrichment Corp, leader mondiale nella fornitura di
uranio arricchito, forniscono prodotti alle industrie americane che
costruiscono proiettili all'Uranio impoverito. Queste società sono
lautamente finanziate, sorrette e politicamente appoggiate dai governi
Britannico e Statunitense: ci si potrebbe infine chiedere se questi interessi
collidano o meno con la messa al bando dell'Uranio impoverito, ma ci caleremmo
nella retorica più pura.
Pietro Stara
Note
[1] In grado di sostenere la reazione a catena
[2] Marco Soria, Uranio impoverito in Kossovo, Un effetto
'collaterale' della guerra umanitaria. Disastro ambientale, in Umanità
Nova - settimanale anarchico, n 22 del 20 giugno 1999.
[3] AAVV, Comportamento delle munizioni all'uranio impoverito in condizioni di combattimento, in "http://www.digilander.iol.it/uranioimpoverito/duguerra.htm, pp. 1,2
[4] Mauro Cristaldi, docente di Anatomia Comparata alla facoltà di Scienze Naturali dell'Università 'La Sapienza' di Roma, intervistato da Ivan Bonfanti, "A rischio le cellule e il DNA", su 'Liberazione, 11 gennaio 2001, pag. 9
[5] Dalla trasmissione televisiva "Sindrome del Golfo",
apparsa su Rai TRE il giorno 11 gennaio 2001, ore 23.45
[6] Ivan Bonfanti, Quella legge del 1995..., su
"Liberazione", 11 gennaio 2001, pag. 9
[7] Sergio Finardi, La holding radioattiva, cit
[8] Romano Prodi è nel consiglio di amministrazione
del Mit di cui fa parte la Starnet
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