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Da "Umanità Nova" n.03 del 28 gennaio 2001

Il PCI 80 anni dopo
La lunga linea rosa

Il 21 gennaio Bertinotti a Livorno e Cossutta a Roma hanno celebrato l'anniversario della nascita del PCI, il primo proponendo di ritornare a Marx, il secondo proponendo di non allontanarsi da Togliatti, insieme però uniti dall'utopia di ricostruire il grande partito comunista italiano, da fronti opposti. La cosa ci permette di fare alcune considerazioni sui motivi che hanno portato alla dissoluzione del PCI, maturata lentamente intorno ai primi anni '70, quando hanno incominciato a entrare in conflitto le due teste del mostro bifronte: da un lato la sua struttura organizzativa pachidermica orientata alla riproduzione autoreferenziale dell'amministrazione (e in questo la complicità con le strutture statali), dall'altro il porsi come strumento di emancipazione (non solo materiale) di massa. Ad un certo punto la forbice aveva un'apertura insostenibile. Per andare alle radici della nascita di questa forbice - tra pura gestione della crescita dei nessi amministrativi (del partito e poi degli enti locali e quindi dello stato)  e istanze di emancipazione di massa - propongo di leggere l'intervento di Togliatti al V congresso del PCI (pubblicato in Storia del PCI attraverso i congressi, Roma, 1977 a cura di Alberto Cecchi).

Togliatti, ponendo il problema del ruolo dei sindacati nella ricostruzione postbellica afferma "dobbiamo tendere a riorganizzare tutta la produzione nazionale sulla base di bassi costi di produzione e di alta produttività del lavoro". Non è difficile riconoscere in queste affermazioni l'esistenza di un filo rosso - altro che fattore K del partito telecomandato da Mosca - tra questo PCI, quello di Berlinguer e i Ds. Ovvero quello del maggiore partito della sinistra come partito dell'interesse nazionale che passa, nei momenti di riorganizzazione dell'economia, attraverso la compressione dei costi di produzione e l'aumento della produttività industriale. L'intelligenza di Togliatti aveva posto nello stesso discorso l'importanza, per la ricostruzione, di una politica di "alti salari" e di "partecipazione democratica". Di fatto, se si segue la logica togliattiana, nei momenti di riorganizzazione dell'economia - cioè nei momenti della crisi del modo capitalistico di accumulare e di produrre - se il problema è far ripartire l'economia non resta  che adeguarsi alla linea dei bassi costi di produzione e dell'alta produttività del lavoro. La partecipazione democratica, cioè i sindacati, sta a compensazione dell'impossibilità degli alti salari.

In questo modo si salvaguarda la riproduzione dell'apparato - il partito "garante del futuro" e il suo essere quota di potere politico di vari livelli amministrativi - ma si rompe con l'esigenza di emancipazione (che non è certo solo potere d'acquisto) delle masse aderenti al partito. Non credo che la politica dei bassi salari praticata durante il boom economico abbia lasciato il PCI incolpevole (a meno di considerare Piazza Statuto un episodio) ma penso che lo schema indicato da Togliatti abbia toccato piena attuazione a partire dalla svolta del '73.

Il berlinguerismo - si veda la conferenza dei quadri operai di Milano del '74 - non fa altro che ripetere - nella drammatizzazione della crisi economica piuttosto che nel quadro delle speranze della ricostruzione - il quadro togliattiano, solo che ad essere presi di mira sono direttamente gli "alti salari", l'autunno caldo insomma.

Se guardiamo alla fine del PCI, dallo schema togliattiano viene tolto il partito proprio perché ormai le condizioni stesse di radicamento dell'organizzazione sono in contrapposizione con l'esigenza neoliberista dei bassi costi di produzione e dell'aumento di produttività. Ancora una volta la partecipazione democratica, stavolta nella forma sublimata della concertazione, va a "compensare" i bassi salari. Insomma, il PCI si sviluppa e muore dal dopoguerra per un non detto. Ovvero quello degli "alti salari" che debbono essere solo un ideale regolativo che non confligge mai con il basso costo del lavoro, l'aumento della produttività e il ruolo istituzionale del sindacato. Così gli apparati si riproducono e, prima o poi, arriva una Bolognina che permette ad un apparato di farsi postmoderno, di fluttuare secondo convenienza senza dover rispondere a quel radicamento sociale per il quale era stato costruito quell'ideale regolativo. La vera anomalia è stata così l'autunno caldo, che portò con se aumento del salario e dei suoi automatismi, in modo che l'intera unità nazionale gli si rivoltasse contro.

Luca Papini



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