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Da "Umanità Nova" n.04 del 4 febbraio 2001

Davos 2001
La democrazia dei blindati

Frontiere chiuse, strade e città militarizzate, polizia ed esercito in assetto di guerra, lacrimogeni, proiettili di gomma sono stati riservati ai manifestanti accorsi a migliaia per contestare il Word Economic Forum di Davos. La Svizzera si è trasformata in un campo di battaglia. Una battaglia aperta, senza maschere ed infingimenti, scatenata dal governo elvetico per tacitare la marea montante della protesta contro il Wef. Il messaggio è chiaro: le regole e le garanzie della democrazia valgono solo per i potenti. Chi dissente, chi non si piega ad un ordine mondiale fondato sulla diseguaglianza, l'oppressione, la distruzione ambientale e la sistematica violazione dei diritti umani deve tacere. Il diritto di manifestare viene negato da Praga a Nizza a Davos. Le frontiere si chiudono ermeticamente: la libera circolazione vale solo per le merci, per gli scambi, non per le persone, non per le idee, non per la protesta. Ai vari posti di frontiera svizzeri i fogli di via erano già pronti da giorni e chiunque non fosse un turista è stato respinto. Davos è stata trasformata in una cittadella ornata da filo spinato e circondata da migliaia di robocop, blindati, elicotteri, per difendere la tranquillità degli affaristi, politici, finanzieri del Wef, che, ricordiamolo, è un'associazione privata.

Le vicende degli ultimi mesi del movimento di controglobalizzazione mostrano in modo inequivocabile che la protesta sta colpendo nel segno, che le contestazioni fanno paura. I signori del mondo, abituati a riunirsi senza essere disturbati, vedono, in ogni angolo della terra, accorrere ai loro meeting migliaia di persone non invitate. Migliaia di persone che con la loro presenza ricordano a tutti che in questo pianeta sopravvivono miliardi di uomini, donne e bambini per i quali non restano nemmeno le briciole cadute dalla tavola dei pochi, pochissimi potenti. Quello che spaventa lor signori è la crescente delegittimazione che la contestazione produce verso i vari WTO, OCSE, FMI, BM, ONU, WEF... Sigle che sino a poco tempo fa non avevano per i più alcun significato ed oggi, per molti, sono divenuti sinonimi di sfruttamento, morte, distruzione, oppressione. Le vetrine rotte, i cassonetti incendiati, i Mc Donald's danneggiati, le banche devastate non sono la vera preoccupazione dei potenti, per i quali non rappresentano che risibili scalfitture economiche, un bicchiere rotto subito sostituito sulla tavola imbandita. Ma quelle vetrine, quelle banche, quei Mc Donald's sono i simboli della rottura possibile del consenso, gli indicatori che sta crescendo il numero di coloro che ritengono questo mondo intollerabile.

Di fronte al dilagare della protesta la via scelta a Davos, come a Praga, Nizza, Washington è quella della criminalizzazione e della repressione. E, prevedibilmente, quella della divisione della contestazione in buoni e cattivi, dialoganti e violenti, disponibili ed irriducibili. Da Davos è partito il primo evidentissimo segnale. Mentre nelle strade e nelle città svizzere i dimostranti venivano gassati, feriti, ghiacciati con i cannoni ad acqua, mentre ai posti di confine altri venivano perquisiti, intimiditi e respinti il Forum di Davos entrava in collegamento diretto con il proprio "antagonista", il Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre in Brasile, aprendo un canale di "dialogo" tra due fronti opposti ed apparentemente inconciliabili. In crisi di legittimità il WEF ha volentieri accolto la proposta degli organizzatori della Conferenza brasiliana. Una Conferenza che, concludendosi, ha posto tra i propri appuntamenti in agenda il G8 previsto per il prossimo luglio a Genova. Gli italiani presenti, tutti di area governativa, hanno espresso la loro soddisfazione mentre a Genova il rappresentante della Rete Lilliput chiedeva, ed otteneva, durante una riunione in prefettura che gli enti locali si impegnassero a sostenere la richiesta di spazi per il controvertice al governo. Un governo, che, forse a luglio sarà stato sostituito e potrà a Genova sostenere le ragioni di un "capitalismo dal volto umano". Le grandi manovre sono iniziate e rischiano di fare assai più male delle pallottole di gomma e degli idranti dei robocop svizzeri.

Maria Matteo



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