unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.04 del 4 febbraio 2001

Schedati e contenti

La settimana scorsa negli Stati Uniti è stato arrestato un agente della famigerata DEA (Drug Enforcement Administration) accusato di aver venduto, tra il 1993 ed il 1999, ad una agenzia investigativa privata informazioni riservate provenienti dall'archivio dell'Amministrazione. Questo episodio è stato per paladini della privacy una buona occasione per rilanciare la campagna contro i possibili abusi dei dati contenuti negli archivi federali. Il principale accusato di questo uso improprio delle informazioni è, fin dai tempi di Nixon e del Watergate, l'Amministrazione pubblica che viene sempre considerata come una delle tante incarnazioni moderne del Grande Fratello.

In Italia, contemporaneamente, giungeva a conclusione la vicenda delle schedature operate negli ultimi cinquanta anni dai Carabinieri che fu denunciata lo scorso anno (vedi anche "Umanità Nova" n.21 dell'11 giugno 2000) proprio da un militare dell'Arma. A quasi dodici mesi di distanza solo due cose sembrano ormai definitivamente chiarite: che l'appuntato aveva detto la verità e che le cose continueranno esattamente come prima. Infatti la tanto attesa (da altri) pronuncia dell'Ufficio del Garante della riservatezza dei dati è di una chiarezza esemplare: le schedature esistono, ma non sono state usate per scopi "illegali" e in un prossimo futuro andranno condotte nel rispetto della legge.

Quella delle schedature è una storia infinita e che si ripresenta ciclicamente nelle cronache politiche italiane assumendo spesso le caratteristiche di un vero e proprio tormentone, basti pensare all'annosa storia dei Dossier del SIFAR, prima distrutti e poi - forse - rispuntati fuori qualche anno fa in un magazzino dimenticato in periferia. Oppure alla storia di Oscar Luigi Scalfaro che nel 1987 dichiarò pubblicamente che, durante il suo mandato come Ministro degli Interni, qualche politico aveva chiesto ai Servizi "informazioni" da usare in campagna elettorale. Oppure alle vicende relative alle schedature degli operai FIAT fatte dall'azienda, o a quelle degli omosessuali fatte dalla Polizia.

In realtà tutto questo polverone sollevato a proposito dei 95 milioni di schede archiviate nel Centro Elaborazione Dati dei Carabinieri è sicuramente funzionale ad uno degli scopi meno evidenti, ma non per questo meno importanti, del sistema di controllo statale. In pratica è necessario che, di tanto in tanto, venga pubblicamente ricordato a tutti che esistono dei centri, preferibilmente nascosti, nei quali sono archiviate informazioni sulla nostra vita e che queste potrebbero, in caso di necessità, essere usate contro di noi. È la minaccia quindi, più che l'uso effettivo, che risulta una formidabile arma vincente contro tutti coloro che avrebbero ben più di una ragione per opporsi allo stato di cose presenti. Il ricatto continuo di un Potere che non perde occasione, anche quella di una denuncia contro i suoi soliti abusi, per ricordare che nei suoi capaci archivi è contenuto ogni minimo dettaglio sulla nostra vita, per quanto privato e nascosto possa essere.

Questo perché il controllo non si può basare esclusivamente sull'esibizione della forza e sul monopolio della violenza ma anche sulla prevenzione, attività centrale di uno Stato che "tutto vede" e "tutto conosce", una sorta di divinità onnipresente ed onnisciente come nella migliore tradizione di qualsiasi religione.

Tornando alla cronaca constatiamo, senza alcuna sorpresa, che tutte le parti in causa in questa vicenda si sono dichiarate soddisfatte: il Garante ha emesso il suo (tartufesco) parere che non cambierà nulla, i vertici dei Carabinieri hanno sottolineato che è stata accertata la correttezza del loro operare e persino l'appuntato che ha sollevato il caso ha detto ai giornalisti che, nonostante le punizioni subite ed il probabile esonero dall'Arma, è contento.

Anche per questa volta cala il sipario del teatrino dei media ufficiali su una vicenda che, partita con la solita demagogica ventata di "indignazione democratica", si è conclusa nel più classico dei modi.

Pepsy



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org