Da "Umanità Nova" n.04 del 4 febbraio 2001
Davos 2001
La Svizzera va in guerra. Intervista a due anarchici
Alla mobilitazione contro il WEF erano presenti anche diversi compagni di
Pordenone. Riportiamo l'intervista a due di loro, Gi. ed Al., che ci fanno una
cronaca vivace ed interessante della loro "gita" in Svizzera.
Siamo arrivati mercoledì sera al CSOA il Molino di Lugano dopo aver
passato la frontiera di Chiasso fingendo di essere sciatori. Sapevamo, infatti
che la mobilitazione anti-WEF (WOW - Wipe Out the Wef)) era stata vietata dal
governo federale e che le intenzioni delle autorità svizzere erano di
non far entrare all'interno della Confederazione persone intenzionate a
manifestare la propria contrarietà al forum.
Avete notizia di persone bloccate o rimandate indietro?
I primi blocchi, per quello che riguarda i confini con l'Italia, da quello che
abbiamo potuto sapere sono iniziati nella giornata di giovedì 25. La
polizia di frontiera ha consegnato vari fogli di via. Molti sono poi
però riusciti a passare a bordo di auto targate Ticino da frontiere
diverse. Nella giornata seguente, tutti i pullman sono stati bloccati.
Cosa diversa è stata la frontiera francese: anche lì hanno
bloccato persone e a più di qualcuno è stato consegnato il foglio
di via, ma almeno i pullman sono stati fatti passare tutti. A molti dei fermati
sembra comunque che la motivazione del respingimento sia la partecipazione alla
mobilitazione di Praga.
Questo è un aspetto da non sottovalutare per i prossimi vertici. Inoltre
il controllo era capillare e subdolo: al Molino nell'impresa edile antistante
il centro sociale sono state piazzate due telecamere, che i compagni hanno
provveduto ad oscurare.
Qual è stata la vostra risposta alla repressione ed ai controlli?
Sono state messe in campo azioni coordinate con le persone presenti a Zurigo.
Giovedì un centinaio di compagni hanno occupato il quarto piano del
palazzo del governo cantonale a Bellinzona, costringendo il responsabile della
polizia cantonale a esprimersi pubblicamente sulla repressione messa in atto;
venerdì, mentre i compagni del Molino facevano la spola alle frontiere
abbiamo organizzato un corteo per le vie di Lugano, dichiarando così la
nostra intenzione di manifestare liberamente contestando il WEF. Sullo
striscione che apriva il corteo c'era scritto "libertà di contestare chi
ci vuole schiavizzare".
L'obiettivo era chiaramente quello di allentare la morsa della polizia.
Frontiere semichiuse, blocchi militari sulle principali vie di accesso al
cantone Grigioni, arresti di dimostranti a Zurigo, il camion di IndyMedia
(network internazionale di informazione autogestita, NdR) bloccato e rispedito
indietro sulla strada che porta a Davos, non sono piaciuti alla popolazione
svizzera: i sondaggi ufficiali riportano che il 58% degli intervistati era
contrario alla militarizzazione del territorio e riteneva che il coordinamento
WOW avesse piena legittimità di protestare; perfino giornali e radio non
di movimento sbeffeggiavano la polizia.
Qual è stata la presenza anarchica alla mobilitazione?
Abbiamo notato diverse bandiere anarchiche, soprattutto tra i compagni
provenienti da Zurigo: sul loro treno era notevole uno striscione femminista
rosso e nero con la scritta: "L'uomo economico, donne non cibatelo,
cucinatelo!". In generale i nostri compagni erano un po' ovunque.
A Davos com'è andata?
Era chiaro fin dall'inizio che non c'erano molte possibilità di
raggiungere Davos: infatti solo 500 persone, con posizioni molto più
"morbide" delle nostre hanno raggiunto la località e sono poi state
caricate pesantemente. Ma Davos era ormai quasi secondaria come meta: 1600 tra
polizia ed esercito, cavalli di frisia, reticolati intorno a tutto il paese
sono già stati un autogol da parte delle autorità che hanno reso
la vita impossibile ad abitanti e turisti. Era importante dimostrare che siamo
capaci di trovare il nostro modo d'azione a prescindere dalle misure preventive
adottate.
Con un'azione coordinata tra italiani, svizzeri, tedeschi, francesi ci siamo
dati appuntamento a Landquart per cercare di raggiungere ugualmente Davos. Noi
siamo partiti con i pullman organizzati dai compagni del Molino: siamo stati
fermati più volte. Gli elicotteri dell'esercito, presenza ossessiva
durante l'intera giornata, rombavano a pochi metri dalle nostre teste. Le
uscite dell'autostrada erano tutte chiuse dalla polizia. Alla fine abbiamo
preso per Landquart centro dove ci attendeva un robusto fronte di poliziotti
che, dopo la performance improvvisata di un gruppo di Clown, hanno caricato a
freddo e con brutalità. Dopo i primi attacchi della polizia con uso di
lacrimogeni, idranti, proiettili di gomma, si é deciso di bloccare
l'autostrada lì vicino, una delle principali arterie della Svizzera.
Questo soprattutto per alleggerire il peso della polizia che stava attaccando
altri compagni arrivati da Zurigo in treno.
Cos'è successo poi?
Il blocco autostradale é stato imponente se pensiamo che per più
di tre ore nessuna macchina é passata, arrecando quindi anche
così un danno economico alla Svizzera. Il blocco é stato levato
soltanto quando le autorità hanno lasciato partire per Zurigo più
di 300 compagni asserragliati in stazione sotto gli attacchi della polizia. Una
volta partito, il treno dei manifestanti si é arrestato all'altezza del
nostro blocco per imporre il rilascio di quattro pullman bernesi che erano
stati bloccati sull'autostrada da un carro armato (non é fantascienza!).
Perché vi impedivano di andarvene?
Perché sapevano che avevamo intenzione di spostare la protesta a Zurigo:
é lì che ci siamo diretti quando i blocchi sono stati tolti; la
polizia, giocando a rimpiattino con noi in giro per tutta la Svizzera, ha
provveduto a svuotare di clienti e chiudere tutti gli autogrill lungo il nostro
tragitto, presidiandoli militarmente e giocandosi l'ennesimo autogol
economico.
So che anche a Zurigo non vi hanno lasciato manifestare; mi puoi spiegare com'è andata?
L'intenzione era quella di raggiungere una delle piazze principali di Zurigo
per ribadire la legittimità della nostra azione politica: i manifestanti
che viaggiavano in treno sono arrivati per primi e sono stati subito attaccati
dalla polizia; noi siamo arrivati poco più tardi in un piazzale vicino
alla stazione e siamo partiti in corteo per unirci a loro: in tutto eravamo
1500-2000 persone.
Appena ci siamo riuniti é stato sferrato un primo attacco ad un manipolo
di poliziotti che sparava proiettili di gomma all'impazzata; abbiamo cercato
poi di raggiungere il centro ma siamo stati respinti dai violenti attacchi di
lacrimogeni, idranti, fucili ai gommini. A quel punto la situazione non era
più gestibile e si é dato giustamente spazio allo spontaneismo,
che é riuscito a tener testa per più di due ore alla sbirraglia
disseminando distruzione per le vie della città. Abbiamo visto
cassonetti e macchine di lusso incendiate in mezzo alla strada. Una gigantesca
mucca di cartone, divelta dall'insegna di un negozio creava un effetto surreale
bruciando in mezzo alla via accanto ad una mercedes. È saltato anche un
Mc Donald's. Alla stazione le pietre di un'intera massicciata sono finite
contro i poliziotti asserragliati nella sala d'aspetto. Quando siamo andati
verso i pullman per tornare al sud, il nostro percorso era costellato da grandi
e piccoli incendi. Siamo arrivati agli automezzi grazie ad un misto di fortuna
ed intuizione.
Più tardi, quando noi eravamo ormai in viaggio verso Lugano la
repressione si è abbattuta su chi era rimasto a Zurigo.
Una trentina di persone sono state arrestate e tre persone sono finite
all'ospedale con gravi lesioni. Sicuramente il governo Elvetico ha subito una
dura sconfitta anche se noi non siamo riusciti a manifestare come volevamo. Se
l'intenzione era quella di non farci arrivare a Davos e di metterci in cattiva
luce rispetto all'opinione pubblica, la realtà dei fatti ha mostrato il
vero volto della civilissima e democratica Svizzera, e le misure adottate hanno
arrecato più danni ai globalizzatori che a noi; i cittadini svizzeri se
ne sono sicuramente resi conto.
H. & Gim
Altre cronache e testimonianze su: www.ecn.org/sgamati/davos
|