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Da "Umanità Nova" n.04 del 4 febbraio 2001
Torino. 10.000 persone in piazza contro l'alta velocità
La rabbia della Val Susa
Lunedì 29 gennaio è una data che resterà impressa nella
memoria dei torinesi e degli abitanti della Valle di Susa. Una giornata fredda
e limpida, di quelle che solo gennaio sa regalare: dalla città le
montagne innevate si ergevano brillanti sullo sfondo di una città
militarizzata per il vertice italo-francese, che ha reso inaccessibili ai
cittadini le principali arterie del centro. Dalle montagne della valsusa sono
scesi in tanti. In Valle era il giorno della protesta e della rabbia. I
sindacati di base avevano proclamato lo sciopero generale, uno sciopero ben
riuscito nonostante l'aperto boicottaggio della CGIL: in moltissimi hanno
incrociato le braccia e sono saliti sui pullman diretti a Torino. Dopo 10 anni
di lotte contro il progetto dei treni ad alta velocità, dopo centinaia
di assemblee popolari, manifestazioni, petizioni inascoltate era arrivato il
momento di alzare la voce, perché proprio in quella giornata di gennaio
il governo italiano e quello francese siglavano l'accordo per la linea
Torino-Lione, che, con una galleria di ben 52 Km sotto il Moncenisio,
sventrerà definitivamente una delle più belle vallate alpine
trasformandola in un deserto. La gente della Valle di Susa questo lo sa
benissimo e si è stancata delle fanfaluche vendute da politici ed
affaristi di ogni risma. Già ai tempi dell'autostrada si sentirono
raccontare la bella favola dello sviluppo, del progresso, dei posti di lavoro.
Hanno imparato a proprie spese che l'autostrada a quattro corsie che getta una
lunga ombra grigia sulle acque della Dora e tra le case dei paesi non porta che
rumore ed inquinamento, mentre i tir corrono lontano ed il pedaggio è
tanto caro che nessun pendolare la usa. Quegli stessi pendolari che aspettano i
trenini per la città al freddo, fuori dalle stazioni ormai chiuse in
nome del risparmio, perché poco redditizie. Nell'era della
globalizzazione i servizi alle persone sono solo costi e la qualità
della vita è per i pochi che possono pagarla. Intanto gli introiti
annuali della Sitaf, la società che ha costruito e gestisce
l'autostrada, sono superiori al Prodotto Interno Lordo di un paese come la
Bulgaria!
Hanno imparato che le gallerie prosciugano le falde acquifere rendendo sterile
la montagna, impossibile il pascolo. Tra le Alpi ci sono così comuni
dove l'acqua non sgorga dalle sorgenti ma dalle autobotti che arrivano dalla
città. Sanno dagli studi eseguiti e mai pubblicati o pubblicizzati di
tre eminenti professori del Politecnico che un treno ad alta velocità a
pieno regime è come un aereo in partenza: produce un fragore
insopportabile. Sanno che i loro figli non possono crescere bene con un treno
ogni tre minuti. È stato calcolato che per non subire le conseguenze
dell'inquinamento acustico bisognerebbe abitare ad una distanza di almeno 500
metri dai binari, questo significa che si dovrebbe creare intorno a tutto il
tracciato TAV un deserto della larghezza di un chilometro. "È un rumore
improvviso e nevrotico e se voi fate crescere un bambino nei pressi di una
linea ad alta velocità sarà sicuramente ritardato" spiega il
prof. Chiocchia, docente di acustica del Politecnico di Torino.
Sanno che l'alta velocità in un fondovalle che in certi punti è
largo solo un km e mezzo significa la fine della possibilità di viverci.
Chi si oppone alla distruzione della Val Susa, del suo territorio sa che
è in gioco la stessa vita di uomini, donne, bambini, piante e animali, e
sa di non avere santi in paradiso. Tutte le forze politiche, sia del Polo che
dell'Ulivo, promettono agli elettori l'alta velocità in tempi rapidi: a
nessuno importa del destino dei 35.000 abitanti della Valle. Per loro non sono
che sassolini nelle scarpe di interessi enormi. In un luogo dove c'è
già una linea ferroviaria internazionale, due statali, l'autostrada ed
il fiume è evidente che c'è qualcosa di troppo, di inutile: gli
abitanti, le persone che oggi ci vivono e che domani potranno solo scappare.
Per questo il 29 gennaio sono arrivati a Torino per gridare ad Amato e a Chirac
che la loro vita, le loro case, il loro futuro non potevano essere cancellati
in nome del profitto, in nome di uno sviluppo che distrugge e serve gli
interessi dei soliti pochi. Hanno trovato ad attenderli migliaia di poliziotti
in assetto antisommossa.
È stato uno strano corteo, di quelli che capita di rado di vedere, un
vero corteo popolare. C'erano i sindaci con i gonfaloni, i francesi dei
villaggi dell'altro lato, gli agricoltori con le facce bruciate dal sole, i
bambini delle scuole, le associazioni ambientaliste, i centri sociali e gli
anarchici con le bandiere rossonere. Lo striscione della FAI era tenuto da un
gruppo di studenti dell'agrario di Pianezza, in bassa Valle. In fondo gli
squatter con una scritta bianca su nero "Sole e Baleno, suicidi ad alta
velocità" ricordavano le prime vittime del TAV.
Da Porta Nuova la manifestazione, nella cui organizzazione è stato
centrale il ruolo del Comitato di lotta popolare contro l'alta velocità,
organismo che vede anche la partecipazione della FAI di Torino, si è
mossa verso piazza Castello dove i ministri competenti e i capi del governo
hanno siglato l'accordo per la Torino-Lione. In piazza S. Carlo, a 800 metri da
piazza Castello, lo schieramento di polizia era imponente: un assemblea
improvvisata in piazza decideva di avanzare. Le bandiere bianche del Comitato
popolare sventolavano alte, una banda della valle intona "Bella Ciao", tutta la
piazza canta. Molti gridano: siamo i nuovi partigiani, ora e sempre resistenza!
La polizia carica.
In quel momento, era circa mezzogiorno, il presidente francese Chirac era
intento nell'unica visita "privata" della giornata. Sedeva con Gianni Agnelli,
presidente onorario della Fiat, con suo fratello Umberto, e Pininfarina, il
passato e l'attuale presidente del comitato promotore del TAV.
I padroni, quelli veri, della città scrivevano le ultime clausole
dell'accordo.
Dopo la carica il corteo si ricompatta e torna alla stazione: tutti sanno che
la lotta non è che all'inizio.
I primi cantieri verranno aperti a Torino il primo marzo. Quelli in Val di Susa
poco dopo. A noi tutti il compito di fermarli.
Rosa Saponetta
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